02\10\2009 – “L’architettura è un’arte corsara, è un mestiere di invenzione e di avventura, non solo fisica ma anche dello spirito”. È questo il messaggio che Renzo Piano ha trasmesso ieri mattina ai numerosi partecipanti della Lectio Magistralis organizzata in occasione di Cersaie 2009 di Bologna.
Cosa significa “Fare architettura”? L’architetto genovese ha risposto al quesito ripercorrendo quasi cinquant’anni di carriera attraverso una serie di fotografie che ha ritenuto più significative per spiegare il senso fondamentale da attribuire all’architettura.
“Fare architettura – spiega Piano – vuol dire partire dal senso della necessità. Ma non è solo l’arte di costruire, è anche quella di celebrare, di rappresentare. Nell’architettura il mondo pragmatico del fare e quello immaginifico si confondono poiché la necessità si confronta con l’aspetto poetico, e cioè con il desiderio di esprimersi”. Perchè un edificio non risponde soltanto a criteri tecnici o tecnologici, ma celebra al tempo stesso aspirazioni e desideri. Di qui l’appello ironico che non ha avuto difficoltà nell’incontrare il consenso di un pubblico decisamente divertito: “Bisogna uscire dall’intorpidimento del priapismo mediatico, dall’ansia di prestazione. La forza dell’architettura è dettata dalla chiave poetica, oltre a quella scientifica”.
L’architettura è sfida dell’ingegno, dell’esplorazione. Per questo ai giovani aspiranti architetti Piano suggerisce di viaggiare, osservare, per prendere dal mondo. L’architettura è per lui arte; un’arte di frontiera, un’arte corsara perché c’è una rapina a viso scoperto, e quindi un’arte contaminata. È l’arte di chi accetta di correre rischi, di correre il mondo. Piano ha quindi invitato i partecipanti ad accompagnarlo nel viaggio attraverso questa corsa. E lo ha fatto illustrando le immagini di diverse opere realizzate nel corso degli anni. Ha mostrato soprattutto cantieri, proprio con l’obiettivo di far vedere non l’architettura, ma il fare architettura.
Il viaggio è iniziato con la foto di un cantiere del ’47, anno in cui Piano aveva appena 10 anni: “Sono cresciuto nei cantieri di mio padre che era un costruttore, e il miracolo di costruire ti rimane addosso”.
Ha quindi proseguito guidando il pubblico a Parigi per mostrare il Beaubourg - il museo progettato insieme a Richard Rogers oggi considerato un pezzo stesso della collezione museale - per poi volare verso l’aeroporto di Osaka: un cantiere durato 38 mesi durante i quali si sono verificati ben 36 terremoti.
Piano ha poi illustrato le scelte adottate per l’ Auditorium a Roma, la Chiesa di Padre Pio a San Giovanni Rotondo, e ancora l’ edificio in Potsdamer Platz a Berlino – un “luogo di fantasmi”che descrive come “foglio bianco ma intriso di dolore”. Generose anche le descrizioni del Centro Tjibaou per la cultura Kanak a Noumea, della Morgan Library e della nuova sede del New York Times a New York, del Museo della Scienza a San Francisco e ancora del complesso multifunzionale Central St. Giles a Londra.
“Un bravo architetto – spiega – deve essere un antropologo, deve saper ascoltare. E l’arte dell’ascolto non è solo nei confronti delle persone, ma anche dei luoghi”. Per scoprire, per esempio, come certe geografie, e determinate topografie, o materiali preesistenti contengano già in germe caratteri architettonici ben definiti.
L’architetto deve cercare il più possibile di utilizzare anche materiali in grado di rispettare gli equilibri ambientali. E tra questi Piano ritiene che la ceramica meriti una menzione in quanto un materiale ricco di suggestioni: “è antico, viene dalla terra e torna alla terra, ma soprattutto presenta caratteristiche quali la resistenza, la durata, le infinite possibilità cromatiche, la capacità di riflettere la luce, rendendola funzionalmente perfetta e straordinaria in diverse situazioni”. Tra gli esempi illustrati, la nuova sede del New York Times, nel quale sono state utilizzate elementi in ceramica bianca per utilizzare al meglio la luce e i raggi solari. E ancora il complesso multifunzionale Central St. Giles a Londra, dove la ceramica ha donato colori vivaci ad una città che l’immaginario comune definisce triste e grigia.
Per Piano costruire un edificio è “come attraversare il far west”: pericoli e situazioni impreviste sono sempre in agguato, ma il risultato finale è tanto più grande se oltre a costruire qualcosa di utile si può cambiare il mondo.
“Creare è un pò come guardare nel buio – conclude Piano citando Yourcenar – bisogna avere il coraggio di guardare nel buio senza scappare”.
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