08/07/2011- Plastici, film, disegni e fotografie al MACRO Testaccio di Roma per raccontare attraverso una mostra il lavoro di uno tra i più entusiasmanti studi di progettazione del nord Europa: Snøhetta.
Fondato a Oslo più di 20 anni fa da cinque giovani architetti (tre norvegesi, un austriaco e un americano) lo studio, che porta il nome di una delle cime più alta della Norvegia, ha vinto il Premio Mies Premio Mies van der Rohe 2009 con il progetto del Teatro dell’Opera di Oslo.
La rassegna, intitolata “SNØHETTA, architettura – paesaggio – interni” sarà visitabile a partire da oggi 8 luglio, fino al prossimo 14 agosto. Al centro dell’esposizione una selezione di 5 progetti: la Biblioteca di Alessandria d’Egitto, l’Opera House di Oslo, il King Abdulaziz Centre for Knowledge and Culture in Sud Arabia, il Padiglione del Memoriale dell’11 Settembre a New York; e la “tromba” in membrana plastica ideata come padiglione smontabile per il più importante festival di jazz in Norvegia.
Contestualmente alla mostra monografica sul lavoro di Snøhetta è visitabile presso il MACRO la rassegna fotografica “Area Norway. Mellom himmel og jord/Tra terra e cielo”.
A dispetto della sua estensione enorme, la Norvegia si impone come sistema a rete in grado di far parlare anche gli angoli più reconditi del paese. Complice sicuramente l'ambizioso progetto di valorizzazione di 18 nuove strade panoramiche che si snodano in alcuni dei più suggestivi e iconici paesaggi norvegesi, evocando e mettendo insieme non solo natura e architettura, ma anche pittori e scrittori che di alcuni di quei luoghi hanno contribuito a costruire il mito (basti pensare a quelli fissati nelle descrizioni del Per Gynt di Ibsen o all'iconico paesaggio immortalato da Harlad Solhberg nel suo 'Vinternatt i Rondane' - Notte invernale a Rondane -).
“Area Norway” presenta infatti il lavoro di oltre venti studi di architettura norvegesi: da Knut Hjeltnes a Carl-Viggo Hølmebakk, da Reiulf Ramstad a Jensen&Skodvin, da Space Group a BKARK, e tanti altri ancora, molti dei quali poco noti in Italia. Eredi, in modo diverso, della lezione di Sverre Fehn, il grande maestro recentemente scomparso, ma anche di Wenche Findal, Christian Norberg Schulz e, soprattutto per le generazioni dei più giovani, della capacità tutta nordica di saper coniugare locale e globale con estrema libertà e ironia, sfruttando al meglio le possibilità offerte da un paese che ha sempre creduto nell’investimento sui giovani e nella promozione dell’architettura.
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