16/11/2011 - Un progetto nato a Milano ma destinato alle principali metropoli di tutto il mondo. Un fondo commerciale, posto al piano terra di via Goldoni 33, si è trasformato nelle prime suite del town@house street, un hotel fronte strada, privo di reception e completamente informatizzato.
Da un’idea di Alessandro Rosso, materializzata dall’architetto Simone Micheli, sono nate quattro PHS (Permanent Hospitality Spaces), suite inedite, nella loro concezione e nella loro immagine.
Generato dal desiderio di riqualificare quegli spazi metropolitani degradati o abbandonati, ha preso forma un nuovo concetto di ospitalità contemporaneo: totalmente scardinati gli stereotipi dell’albergo canonico saltano la reception, l’atrio di ingresso, le scale, gli ascensori, i corridoi.
Le singole suite si affacciano direttamente sulla città-strada, ognuna ha un accesso indipendente direttamente dalla vetrina fronte strada, controllato elettronicamente da un tastierino alfa-numerico sul quale poter digitare il codice della prenotazione effettuata on-line tramite il sito www.townhousestreet.com.
Chi entra nella suite lo fa senza ulteriori filtri, direttamente dalla città, varcando la soglia di quella che fu la vetrina di un’attività commerciale ormai in disuso. E’ la città stessa che scivolando sulle pareti, entra, insieme al metropolitano viaggiatore, nella suite e la permea completamente. In un’osmosi semantica in cui significato e significante coincidono, la stanza diviene la città e viceversa, “Home away from Home”.
Le macro-fotografie, spettacolari sguardi sulla città realizzate da Maurizio Marcato, avvolgono gli spazi dilatandoli e trasfigurandoli, racchiudono in uno spazio chiuso le ampie dimensioni delle piazze, delle strade, dei monumenti più significativi. Gli scorci unici e fortemente caratterizzanti della città identificano e danno il nome “the street” alle quattro suite donando ad ognuna un sapore diverso. La piazza diviene l’atrio di ingresso, la strada il corridoio, quattro palme alte quattro metri, in altrettanti vasi, disegnati sempre da Simone Micheli, colorati in modo diverso in base alla tonalità dominante della suite di fronte alla quale si trovano, adagiati sul marciapiede antistante le vetrine, ricreano una sorta di V.I.P. lounge, aperta, pubblica, ed identificano univocamente il “town@house street”.
Esternamente, anche se è difficile parlare di un reale esterno visto che i confini canonici tra interno ed esterno si confondono, si fondono, si annullano in una dimensione simbolica allusiva e trasfigurante, le vetrine di ingresso di ogni suite sono evidenziate da monitor di 32“, sospesi in lucidi nivei carter, finestre su altri mondi che si aprono su altrettante finestre, le vetrine, memoria dell’uso commerciale al quale era destinato il fondo, che si aprono a loro volta, direttamente sulle camere, regalandole alla città e regalando la città ai propri fruitori. Un testo continuo, generato da vetrofanie adesive che si rincorrono da una vetrina all’altra, per tutta la loro altezza, filtra la luce solare e segna il limite labile, e altrimenti perfettamente permeabile, tra interno ed esterno. Una tenda, un flessuoso e sinuoso velo oscurante, è l’unica vera separazione con il mondo circostante.
Le quattro suite PHS (permanent hospitality spaces) “town@house street” di via Goldoni si articolano su di una superficie approssimativamente di 35 metri quadri ognuna, ad eccezione di una suite doppia di circa 50 metri quadri, configurandosi come dei veri e propri mini appartamenti completi di ogni comfort. Ogni suite è infatti dotata di guardaroba, bagno e zona cucina. Ogni suite inoltre si differenzia dalle altre, oltre che per il colore dominante e per le macro-fotografie che, come accennato precedentemente, rivestono completamente tutte le pareti, per le soluzioni formali adottate nel disegno dei singoli componenti dell’arredo. Gli urban traveller avranno a disposizione una Jaguar durante il loro soggiorno al town@house street.
PHS prima suite
La prima suite ci accoglie, fin dall’ingresso, con una lunga lingua verde acceso, tonalità che caratterizza ogni singolo intervento di design della stanza, che salendo da terra, piegandosi fluidamente e sviluppandosi lungo tutta la lunghezza della parete diventa prima scrivania e poi parte integrante del mobile contenente la piccola cucina, il frigo bar e le altre utenze in dotazione. In corrispondenza del piano laccato della scrivania, protetto da una lastra in vetro extrachiaro, troviamo, staffato a parete, un enorme specchio, retroilluminato con sistema lineare LED di colore blu, sagomato come un macroscopico apostrofo investito e piegato dal forte vento provocato da una sovrannaturale velocità. All’interno dello specchio, opportunamente occultato, è ospitato un grande monitor LCD la cui vista è possibile sia dal tavolo che dal letto.
Il letto appoggiato su un sommier di colore verde con una luce LED blu perimetrale che sembra farlo galleggiare, si piega e si articola formando, sullo stesso piano, i due comodini integrati. Il comodino più grande, in prossimità della vetrina di ingresso, termina inoltre con un cuscino che, assieme ad un altro pouf della stessa altezza, progettato con le linee morbide di una caramella mou ed un identico tavolino, rigorosamente verde come il rivestimento dei diversi pouf, genera un piccolo angolo raccolto dove incontrarsi, raccontarsi, emozionarsi. Tutta la suite, in ogni sua parte, persino il guardaroba, locale adiacente indipendente e comunicante con il bagno, è pensata, studiata, progettata per emozionare, accogliere e coinvolgere il viaggiatore metropolitano contemporaneo. Un tubolare in acciaio inox ospitante le grucce, nasce e muore, non prima di avere eseguito serpentine torsioni e rapidi cambiamenti di direzione, in una pedana poggia-valigie di base, e in una serie di mensole sospese su di un inatteso fondo in specchio che configurano lo spazio del guardaroba nonché del passaggio verso il bagno.
Il bagno, la cui sistemazione è comune per le quattro suite ad eccezione della suite doppia che ospita una grande vasca circolare anziché la doccia, è risolto con efficacia e rigore formale, nonché con molta semplicità: il lavabo è in appoggio su una mensola anulare che occupa l’intera parete e che assume il colore caratteristico della stanza, la doccia è schermata da un grande cristallo a tutt’altezza, le due pareti “bagnate” sono rivestite con macro-piastrelle bianche in gres porcellanato mentre le altre due sono rivestite, in continuità con gli ambienti contigui, dalle gigantografie della città di Milano. Il grande specchio che occupa, come la mensola, l’intera parete che lo ospita, è un totem orizzontale, retroilluminato con sistema lineare LED di colore blu, dotato di illuminazione che filtra da un’elegante eliminazione locale della specchiatura e di monitor LCD integrato.
PHS seconda suite
La seconda suite, caratterizzata dal colore arancione, risolve quasi interamente, con un unico gesto plastico, la creazione dello spazio architettonico. Un’imponente testata del letto, in cui si apre, in sostituzione dei canonici comodini, un’asola stretta e lunga, illuminata dall’interno, piegandosi e sporgendosi in avanti, a novanta gradi, alloggia un monitor LCD godibile rimanendo comodamente sdraiati sotto le coperte, mentre, allungandosi su di un lato, diventa il piano della scrivania che affaccia direttamente sulla vetrina di ingresso. Un ulteriore tassello arancione, un piano di appoggio che diventa sostegno stesso per il letto, sottolinea e arricchisce la definizione dell’elemento scultoreo. La zona cucina, la cassaforte e il frigo bar sono occultati dentro un arredo rivestito completamente in specchio e parzialmente incassato nella muratura. Una serie di grucce appese a muro scandiscono la parete opposta al letto e continuano a ritmare, graficizzate sotto forma di serigrafia, la superficie in specchio che ne nasce e va, piegandosi, a ricongiungersi con quella, sempre a specchio del mobile-cucina. Il locale guardaroba è risolto con un mobile bianco formato da mensole che si richiudono, con raccordi stondati, su se stesse e da una pioggia di grucce arancioni che scendono dal soffitto come immaginifici oggetti misteriosi sospesi a mezz’aria.
PHS terza suite
La suite doppia punta invece su uno svuotamento materico degli arredi, sul loro alleggerimento. I singoli elementi sono scomposti in due parti: i piani di appoggio e le relative strutture che li sostengono. I primi, le scrivanie, i comodini, le mensole, i carter per i monitor LCD, sono rivestiti in solid surface e sono di colore bianco; le seconde, composte da tubolari in acciaio, sono invece di colore giallo. In questo gioco dichiarato e conclamato di elementi portati e di elementi portanti, gialli tubolari metallici saettanti si rincorrono, si avvolgono intorno alle candide superfici dagli angoli stondati, le sospendono, le sorreggono, le appendono, generando una moltitudine di situazioni e di soluzioni compositive.
PHS quarta suite
La quarta suite, aperta su due lati sulla strada, accesa dal colore rosso che ne sottolinea tutte le finiture, ospita una scrivania dalle linee fluide e morbide, integrata con il mobile-cucina, che occupa un’intera vetrina. La struttura piegata a C di sostegno del letto diventa, allungandosi sui due lati, un piano di appoggio alternativo ai canonici comodini. Un grande totem che pende dal soffitto ospita al suo interno il monitor LCD e, come un’enorme stalattite tecnologica, diventa il fulcro statico dell’intera stanza. Il pavimento neutro in gres porcellanato di colore bianco, il candido controsoffitto, perimetralmente staccato dalle pareti che ospita gli elementi illuminanti a LED orientabili e a stretto fascio di luce, in grado di teatralizzare ed esaltare le diverse situazioni architettoniche, gli imbotti delle porte realizzate in solid surface e le porte scorrevoli in specchio, persino le griglie dell’areazione, sono elementi comuni, ricorrenti nelle quattro suite, studiati ad hoc per un intervento sinestetico, ibrido, emozionale, che si pone come un racconto esemplare nella sua unicità e contemporaneamente, nella sua molteplicità di suggestioni ed emozioni.
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