07/03/2018 - Da una parte la città e la Via Emilia, dall'altra la campagna e l'abitato di Valera. Il Tempio di Cremazione di Paolo Zermani emerge all'interno del recinto, come un grande elemento basamentale, preceduto da due spazi coperti alle estremità, analoghi a sud e a nord, verso Valera e verso Parma.
In quest'architettura la storia locale si lega all’uso del mattone faccia a vista, affrontando un topic comune nei secoli, il luogo funebre. Uno spirito profondamente rispettoso si respira nel recinto del complesso, con richiamo storico alle architetture sepolcrali delle antiche civiltà greco-romane che popolarono l’Italia.
Il mattone che ricopre ogni superficie dagli esterni agli interni è un omaggio alla provincia parmense, dove la lavorazione dell’argilla è parte di una lunga tradizione, come ancora si scorge percorrendo la via Emilia tra i camini delle fornaci e stabilimenti più o meno diroccati.
Il rapporto tra i due recinti, antico e progettato, e quello tra essi, la campagna e l'abitato di Valera, costituisce il primo tema affrontato dal progetto. - spiega l'architetto - Il nuovo recinto, un recinto fatto di spazio architettonico perché pensato come un muro porticato e abitato dai cellari che ospitano le polveri, contiene, in un percorso ininterrotto, il rapporto tra vita e morte, fissandone la lettura nel senso di una continuità ideale della vita.
La pianta dell'edificio è segnata da due grandi quadrati, tra loro collegati attraverso un quadrato di dimensione inferiore.
Il primo quadrato è costituito dalla grande Sala del Commiato, illuminata da una sorgente di luce centrale e occupata dalle colonne sulle pareti e dall'ambone riservato all'orazione.
Un' alta porta posta sulla parete di fondo costituisce il varco di transizione della salma verso il secondo quadrato, di dimensione inferiore, camera di luce illuminata zenitalmente, completamente vuota. A concludere un terzo quadrato, costituito dal crematorio vero e proprio, in cui il corpo viene bruciato.
Quale frammento tagliato, il tempio ospita e sospende nel tempo il rito del passaggio, rendendolo un unico grande simbolo urbano, quasi altare, in cui la città celebra, in modo incessante, la memoria di sé attraverso la memoria dei suoi morti.
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