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CONVEGNO URBANISTICA

URBANISTICA E POLITICA
V Giornata di Studi INU
convegno  NAPOLI, venerdì 23 ottobre 2009
Il tema della V Giornata di Studi promossa dall’INU Campania, dal titolo Urbanistica e Politica, ha  lo scopo di indagare questo complesso rapporto. L’Urbanistica è qui intesa nella sua eccezione di
governo di territorio. Ci sono molti segnali che indicano una fase in cui politica e urbanistica hannoincrinato (se non rotto) degli equilibri che avevano stabilizzato il loro rapporto, un rapporto che è declinabile secondo diverse accezioni, come: con quale parte politica, se alcuna, si deve schierarel’urbanistica? Quale politica deve portare avanti e se lo deve ancora, l’urbanistica? Perchél’urbanistica è terreno di scontro politico? Ci sono più politiche urbanistiche e come si confrontanotra di loro? Quanto la teoria e la pratica dell’urbanistica è influenzata dalle teorie e dalle lotte
politiche? Come si esercitano i poteri politici nelle scelte urbanistiche e come le stesse sono regolatiin termini istituzioni e procedurali? Quali regole si devono dare nell’urbanistica per assicurare uncorretto sviluppo dell’attività politica sugli argomenti che la riguardano? Quali attività politichecontrollate o incontrollate accompagnano e determinano le decisioni urbanistiche? Come politiche urbane ed urbanistica si sono reciprocamente influenzate? Quale è la forza o la debolezza dell’urbanistica nel quadro politico attuale e come può attualizzare la sua funzione sociale? Chebattaglia politica si sta conducendo intorno alla gerarchia delle discipline di governo del territorio(ad es. paesaggio vs. urbanistica)?
 
Le questioni sopra indicate verranno discusse nelle seguenti sessioni, in cui i partecipanti alla VGiornata di Studi INU potranno confrontarsi:
 
1) L’evoluzione storica recente, dal secondo dopoguerra, del rapporto tra urbanistica e politica - Paolo Avarello
Il rapporto tra politica e urbanistica è un vecchio tormentone degli urbanisti, non dei politici. Ma politica aquale “livello”? A livello statale non esiste almeno dagli anni ‘30 una politica per le città e il territorio, e dagli anni ‘90 non esiste nemmeno una politica per le abitazioni, che ha svolto a lungo un ruolo succedaneo.La politica nazionale non è riuscita nemmeno a sviluppare una “legge di principi” che sostituisse quella del 1942, e che non necessariamente rappresenterebbe scelte politiche sugli indirizzi per le città e il territorio.

Le politiche di livello regionale, ed eventualmente provinciale, che avrebbero dovuto riempire il vuoto, non sembrano profilarsi all’orizzonte, né attraverso le leggi regionali, né attraverso i piani (regionali e/oprovinciali), le une e gli altri straripanti di retoriche: la tutela del territorio (e del paesaggio), lo sviluppo sostenibile, le “identità” locali, etc., ma anche di norme e procedure. Più che politiche, quindi, buone intenzioni e burocrazia.

Restano infine i comuni, e i loro piani, da sempre oggetto delle principali attenzioni dell’urbanistica italiana. Anche i piani comunali di nuova generazione abbondano di buone intenzioni, ma spesso scarseggiano di
orientamenti, indirizzi, obiettivi ragionevolmente alla portata delle amministrazioni e verificabili, nell’arco convenzionale di dieci anni, con evidente scarsità di risorse, l’incertezza amministrativa, e l’incombenza
delle successive elezioni.

Un utile contributo di studiosi e ricercatori può dunque venire da una severa analisi dei documenti citati, e da un confronto intelligente tra questi e quanto può emergere da una lettura altrettanto severa dei contenuti effettivi dei piani più recenti, evidenziandone le probabili sconnessioni e le possibili effettualità. In altre parole, riducendo il “rumore di fondo” e riportando l’urbanistica (di piano) alla sua essenza, ovvero
 predisporre trasformazioni consapevoli di città e territori.
 
2) Urbanistica e politiche urbane – Michele Talia
I profondi cambiamenti registrati negli ultimi decenni dalla disciplina urbanistica sono in molti casiil frutto di una progressiva transizione verso una nozione più ampia e inclusiva di governo del territorio, che tende a moltiplicare contemporaneamente gli strumenti di intervento e leresponsabilità del planner. Laddove infatti l’approccio integrato alla pianificazione è ormai in grado di favorire il coordinamento sistemico dei piani a diversi livelli territoriali di applicazione (locale,urbano, regionale, nazionale, comunitario), e di accentuare la collaborazione tra piani e programmigenerali e di settore, l’urbanista è chiamato a misurarsi sempre più spesso con obiettivi che lo costringono a “sporgersi” ben oltre i confini tradizionali e rassicuranti della regolazione delle trasformazioni insediative.
 
Concepita in questi termini, la relazione che intercorre tra urbanistica e politiche urbane non è altro che una particolare declinazione del rapporto tra tecnica e politica, che oggi registra una crescente insofferenza per quelle formule che puntano alla affermazione di una netta separazione dei ruoli. Di conseguenza l’agenda del pianificatore si arricchisce continuamente di nuove sfide nel campo della valorizzazione delle risorse e della riqualificazione dell’ambiente e del paesaggio, tanto che anche il
perseguimento di obiettivi direttamente associati alle politiche spaziali quali ad esempio il contenimento dello sprawl urbano, o il risanamento delle periferie degradate delle nostre metropoli, non può essere perseguito facendo leva unicamente sulle competenze disciplinari, e postula una nuova alleanza – una sorta di virtuoso overlapping - tra saperi specialistici, quadri amministrativi e rappresentanti delle istituzioni.
 
3) Urbanistica e politiche di area vasta – Giuseppe De Luca

Il tema della sessione Urbanistica e politiche di area vasta, all’interno della Vª Giornata di Studi promossa da INU, dal titolo Urbanistica e Politica, affronta uno dei nodi storicamente più problematici dell’operare
pubblico sul territorio: il rapporto tra la costruzione delle politiche locali inserite in strumenti di pianificazione urbanistica e la dimensione territoriale cui necessariamente molte di esse si inscrivono. Il raccordo tra queste due dimensioni della pianificazione è stato uno degli snodi intorno ai quali si è, forse, prodotta maggiore riflessione negli ultimi tre decenni, tuttavia senza mai trovare strade e modalità di connessione diverse da quelle legate all’allineamento delle competenze istituzionali tra i diversi livelli dell’amministrazione territoriale attualmente presenti in Italia. Eppure diverse e più incisive “incursioni” in questo rapporto sono avvenute, sia come vere e proprie sperimentazioni innescate dalla stagione dei patti
territoriali e della cosiddetta programmazione complessa, sia attraverso i progetti di sviluppo territoriale. Il “meticciato” tra la pianificazione territoriale con la programmazione economica è stato il veicolo più fertile per le politiche di area vasta.
 
Nonostante ciò, gli strumenti della pianificazione territoriale sono ancora ancorati ad una visione istituzionale di questo rapporto, nella convinzione classica che un coeso e armonioso legame tra i diversi livelli istituzionali e i loro strumenti di piano sia il presupposto della filiera decisionale  pubblica per il buon governo del territorio.
 
La sessione vuole interrogarsi su questo rapporto, sulle varie e numerose pratiche contemporanee che lo alimentano e, soprattutto, vuole tentare di far emergere quelle esperienze che meglio sembrano rispondere al governo del territorio contemporaneo.

4) La regolazione del rapporto pubblico/privato e pubblico/pubblico nelle trasformazioni urbanistiche – Fausto Curti

Sulla scorta di una consolidata esperienza internazionale, nel corso dell’ultimo decennio gli accordi dicollaborazione pubblico-pubblico e pubblico-privati si sono diffusi anche nel nostro paese. L’avvio della
programmazione negoziata nelle politiche di sviluppo locale e nelle trasformazioni urbanistiche hadispiegato una moltitudine di figure partenariali ambiziose quanto spurie, con un modesto impatto sulle
dinamiche economiche ed occupazionali e sull’effettivo equipaggiamento del territorio e delle città.
 
D’altra parte alcune esperienze di governo per accordi hanno prodotto risultati apprezzabili nell’orientare all’azione, anziché al mero controllo, l’attività delle burocrazie pubbliche. In questi casi è stata più importante la capacità di leadership o la capacità di framing, di prefigurazione  trasparente di obiettivi, requisiti, criteri, procedure istruttorie?
 
Si può ritenere che una governance ad attori multipli con poteri squilibrati possa funzionare a dovere inassenza di government, cioè di capacità di indirizzo e di spesa da parte della p.a. ai suoi diversi livelli? Il copioso lavoro scientifico di valutazione ex ante, in itinere, ex post ha prodotto qualche retroazione significativa nel responsabilizzare gli attori implicati e nel penalizzare comportamenti opportunistici? Quanto la durata e l’ampiezza territoriale degli accordi pubblico-pubblico è stata condizionata da una distribuzione ineguale dei costi e dei benefici tra le comunità coinvolte? In questo senso la perequazione territoriale può contribuire a facilitare intese stabili tra comuni limitrofi?
 
A scala locale, la situazione di stress fiscale in cui si trovano ad operare i comuni ha finito col subordinare le scelte urbanistiche ad esigenze di cassa. Tuttavia le risorse e le dotazioni acquisite al pubblico negli interventi concordati sono state in genere esigue, anche in una fase floridissima del mercato immobiliare, che ha portato pingui proventi ad operatori e proprietari immobiliari. Come imparare a negoziare meglio
soprattutto nella nuova congiuntura recessiva?
 
La grande varietà di programmi complessi lanciati da Ue, dicasteri centrali e regioni (Urban, Pru, Priu, Prusst, Pii, Stu, PF, CdQ, ecc.) ha esteso oltre misura i margini di discrezionalità dell’amministrazione nel far ricorso all’uno o all’altro degli istituti disponibili per la partnership, rischiando di alterare la concorrenza nel sistema di produzione urbano, già strutturalmente oligopolistico ed opaco. E’ possibile ridimensionare
l’arbitrio con procedure istruttorie comuni per progetti affini? O con un monitoraggio più attento degli esiti da parte di organi sovraordinati? Quanto la riforma della legge urbanistica: la bipartizione del piano in due
strumenti (il PS e il PO, e soprattutto la reclamata decadenza periodica dei diritti edificatori assegnati e non realizzati) può concorrere ad allestire le condizioni per un negoziato più equo e una gara leale tra i programmi proposti che consenta di selezionare i progetti migliori? C’è chi sostiene che se il pubblico non ha risorse per realizzare in via diretta opere, servizi e beni ambientali di interesse collettivo conviene deleghi al privato il loro apprestamento, anziché coltivare ibridazioni di dubbia legittimità. Vi pare che la contrazione della sfera di azione pubblica e la privatizzazione di dotazioni e servizi possa essere una via preferibile? In questo caso in che misura e in quali ambiti di tradizionale competenza urbanistica? In ragione del principio di sussidiarietà si può mettere sullo stesso piano la
privatizzazione regolata di alcuni servizi pubblici e la svendita e cartolarizzazione dei patrimoni pubblici?
 
In definitiva, la malattia stigmatizzata dalla teoria della ‘public choice’ che spinge il politico a prendere decisioni dai risultati effimeri, purché si manifestino nell’arco del suo mandato elettorale, contraddice la
natura di lungo periodo delle buone scelte urbanistiche. Come restituire al decisore pubblico uno sguardo di più lungo andare? Come impegnare la politica locale a transazioni e scambi che sappiano tenere conto del
futuro?
 
5) Il ruolo della politica nei processi decisionali tecnici – Simone Ombuen
 
La rapida mutazione oggi in corso nel rapporto tra procedimento tecnico-amministrativo e decisione politicaè dovuta sinteticamente a due macrofattori. Da un lato ad una mutazione propria della politica, sempre più mediatizzata e disancorata da verifiche operative concrete. Dall’altro alla crescente complessità riscontrabile nell’uso e nella trasformazione del territorio, che ha portato l’INU dall’urbanistica al governo del territorio, e
all’interno delle sperimentazioni legislative innovative ad una profonda rivisitazione del sistema di interazioni fra attori da cui scaturisce la definizione finale relativa alle trasformazioni, dalla fase di impostazione dei piani fino alla loro gestione.
 
La profonda mutazione di ruolo e di senso dello spazio pubblico nella città e nel territorio contemporanei siva così sviluppando dualisticamente fra regioni lanciate nell’innovazione e regioni attardate, fra territori
propriamente amministrati e territori in preda a fenomeni politici sociali ed economici privi di una guidapienamente coerente alla missione istituzionale degli enti a ciò preposti.
 
Così mentre a volte la qualità dei procedimenti tecnici, opportunamente  partecipati, arricchisce e nutre la politica orientandola con beneficio generale alla individuazione e alla cura dei nuovi beni pubblici, in altri
casi la povertà e l’isolamento dell’elaborazione tecnica possono divenire pretesto per l’autoreferenzialità della deliberazione politica,
apparentemente libera da ogni dovere di conoscenza se non entro la propria autonoma dimensione.
 
Se lo spostamento della disciplina verso la dimensione del paesaggio rappresenta una felice acquisizione ecorrisponde ad un orientamento promosso dal livello europeo, d’altra  parte il sostanziale abbandono di molte delle storiche motivazioni economico-sociali in un periodo di grave crisi come quello attuale rischia di disancorare la pianificazione dal suo radicamento nella necessità politica e di renderla sostanzialmente
residuale.


6) Il ruolo della politica nella pianificazione strategica – Francesco Rossi
La sessione pone la questione della politica nella pianificazione strategica partendo dalla considerazione che il Piano strategico ci caratterizza come un atto volontario, che affida il suo successo alla capacità delle città
di promuovere e implementare la vitalità dei sistemi partenariali e delle reti delle alleanze, attorno ad obiettivi strategici consapevolmente e costantemente valutati e condivisi. Tali processi devono essere
sostenuti in termini decisionali ed economici, anche sperimentando - di concerto - modelli procedurali, organizzativi, gestionali, innovativi più efficaci nel generare e accelerare il verificarsi di condizioni attrattive
di investimenti funzionali a sostenere la qualità dello sviluppo.
Il Piano strategico è, anche, lo strumento che, potendo superare le barriere dei confini amministrativi, offre alle città l’opportunità di affrontare le dicotomie tra le aree di concentrazione dello sviluppo e dell’attrattività
e le aree della marginalità sociale e del degrado urbano, riposizionandone le prospettive di rigenerazione fisica, economica e sociale all’interno di una scala territoriale di area vasta.
 
Il Piano strategico, in sintesi, è una cornice che descrive la meta che la città intende perseguire, delinea le strategie e le azioni da percorrere e individua gli strumenti e i progetti necessari per raggiungere la meta
mobilitando una pluralità di soggetti nelle attività di ricostruzione della “visione del futuro” della città definita a partire dalle rappresentazioni espresse dagli attori locali. Ma è anche una azione di continua verifica e monitoraggio dei risultati e degli scostamenti, e di revisione delle iniziative da assumere in funzione dei mutamenti che possono incidere nel contesto locale o extra-locale.
 
SCADENZE
15 settembre 2009, invio Abstract (max 1.000 caratteri),
30 settembre 2009, comunicazione accettazione Abstract,
16 ottobre 2009, invio relazioni finali.
 
Le RELAZIONI FINALI dovranno essere presentate, nelle forme che saranno successivamente comunicate, relativamente ad un paper di max 20.000 caratteri spazi inclusi, oltre grafici e tabelle.
 
Gli abstract vanno inviati via e-mail al Comitato Organizzativo all’indirizzo giornatastudio@in

u.itA seguito dell’accettazione degli Abstract da parte del Comitato Scientifico, verranno inviate agli interessatile istruzioni per gli autori.
 
QUOTA DI ISCRIZIONE
La quota di iscrizione, da versare contestualmente alla Registrazione alla V Giornata di Studi 2009 è di:
- 150 EURO per i non soci INU
- 100 EURO per i soci INU in regola
per coloro che intendono iscriversi all’INU nel corso della Giornata di Studio, la quota di iscrizione sarà di
50 euro (oltre 100 euro di quota associativa, quale socio aderente).
La quota di iscrizione comprende anche una copia degli Atti della V Giornata di Studi INU da pubblicarsi a
seguito di procedura di revisione anonima.
 
Responsabile scientifico delle Giornate: Francesco Domenico Moccia
Comitato scientifico: Federico Oliva, Paolo Avarello, Carlo Alberto Barbieri, Giuseppe Campos Venuti,Fausto Curti, Giuseppe De Luca, Fabrizio Mangoni, Simone Ombuen, Pierluigi Properzi, Francesco Rossi,
Michele Talia
 
Direttore delle Giornate: Roberto Gerundo (Presidente Inu Campania)
 
Segretario delle Giornate: Pasquale De Toro (Segretrario Inu Campania)
Comitato organizzativo: Immacolata Apreda, Fabrizia Bernasconi, Emanuela Coppola, Isidoro Fasolino,
Anna Mesollella, Marichela Sepe, Claudia Trillo

Napoli, 23 Ottobre 2009 - Centro Congressi Ateneo Federico II, Via Partenope 36
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