L’innovatore e il razionalista. Shigeru Ban e Mario Botta, due dei massimi esponenti dell’architettura internazionale, saranno i protagonisti di un incontro pubblico al Mart di Rovereto il 16 novembre 2011, a partire dalle ore 18.00 nella sala conferenze del museo. Ingresso libero su prenotazione dal sito triennaledellegno.it
Il faccia a faccia si svolgerà a partire dalle ore 18.00 e sarà moderato dalla giornalista Susanna Legrenzi. Inizialmente previsto nella Sala Conferenze, visto il numero di adesioni l'incontro si svolgerà invece presso l'Auditorum Melotti, a cui si accede dalla piazza del Mart. La partecipazione è libera e gratuita.
L’incontro è organizzato dal Mart in collaborazione con la Triennale Internazionale del Legno, un evento dell'Associazione Artigiani della Provincia di Trento tenutosi nel capoluogo trentino dal 14 al 23 ottobre di quest’anno e dedicato al Giappone.
Shigeru Ban nasce a Tokyo nel 1957. Dopo studi internazionali e un tirocinio con Arata Isozaki, fonda nel 1985 la Shigeru Ban Architects. Lo studio di Shigeru Ban progetta il padiglione giapponese all’Expo di Hannover del 2000 e nel 2003 vince il concorso per la realizzazione del nuovo Centre Pompidou a Metz.
In un certo senso la carriera professionale di Shigeru Ban si fonda, negli anni Ottanta, da un generale ripensamento dell’architettura giapponese in seguito alle speculazioni edilizie e alla crescita inarrestabile delle metropoli del Sol Levante avvenuta durante gli anni Sessanta e Settanta. In netta controtendenza rispetto alla strada intrapresa dagli architetti della sua generazione, Shigeru Ban, oltre a cercare linguaggi innovativi, propone da subito un’architettura basata su materiali a basso costo, riciclabili, ma durevoli. L’uso di tubi in cartone, sperimentato già dal 1986, simboleggia la forte tensione del progettista giapponese rivolto alla leggerezza e alla libertà creativa.
La portata innovativa delle tecniche di costruzione sperimentate da Shigeru Ban assunse una particolare risonanza a seguito del terremoto che colpì il Giappone nel 1995. L’architetto progettò delle abitazioni per gli sfollati della città di Kobe usando tubi di cartone su fondamenta costituite da cassette per bottiglie di birra riempite con sabbia. Dopo quell’esperienza, la Shigeru Ban Architects ha fatto dell’architettura d’urgenza una delle proprie direttrici di intervento. Da ricordare le “case di carta” in Turchia, India e Sri Lanka, il progetto per la ricostruzione del Conservatorio "Alfredo Casella" de L'Aquila dopo il terremoto del 2009. A seguito del recente terremoto e tsunami che ha colpito la costa orientale del Giappone, Shigeru Ban è tutt’ora impegnato nella costruzione di centri di accoglienza temporanea a Okinawa. Anche negli interventi più semplici, come per i posti letto allestiti in una scuola a Tohoku, Shigeru Ban ha sperimentato soluzioni innovative per garantire un livello dignitoso di indipendenza e discrezione agli sfollati.
Non meno importante è il contributo di Shigeru Ban nella realizzazione di architetture in cui la definizione degli spazi pubblici e privati è concepita come un’ interazione continua. Un approccio che attinge a piene mani alla tradizione giapponese: dalla particolare declinazione del rapporto tra interni ed esterni, alla ricerca sui materiali e sulle tecniche di costruzione.
Shigeru Ban è docente di Architettura alla Keio University di Tokyo e alla Kyoto University of Art and Design.
Nato il 1 aprile 1943 a Mendrisio, in Ticino, Mario Botta è l’architetto che ha progettato il Mart. Dopo una laurea allo IUAV veneziano, con relatori Carlo Scarpa e Giuseppe Mazzariol, ha lavorato per Le Corbusier e Louis I. Kahn. Nel 1970 Mario Botta ha aperto un proprio studio a Lugano e da allora ha svolto un'importante attività didattica, tenendo conferenze, seminari e corsi presso scuole d'architettura in tutto il mondo. Ha fondato la nuova Accademia di architettura di Mendrisio, dove tuttora insegna.
Dalle case unifamiliari in Canton Ticino il suo lavoro ha abbracciato tutte le tipologie edilizie: scuole, banche, edifici amministrativi, biblioteche, musei ed edifici del sacro. Il suo lavoro è stato premiato con importanti riconoscimenti internazionali (tra i quali il Merit Award for Excellence in Design by the AIA per il MOMA, museo d'arte moderna a San Francisco).
Tra le sue opere meritano di essere ricordate in particolare: il teatro e casa per la cultura a Chambéry (Francia); il MOMA museo d’arte moderna a San Francisco (USA); la cattedrale della resurrezione a Evry (Francia); il museo Jean Tinguely a Basilea (Svizzera); il centro Dürrenmatt a Neuchâtel (Svizzera); il Mart; la torre Kyobo e il museo Leeum a Seoul (Corea del Sud); la chiesa Papa Giovanni XXIII a Seriate (Italia); la ristrutturazione del Teatro alla Scala di Milano (Italia); la chiesa del Santo Volto, Torino (Italia).
L’itinerario architettonico di Mario Botta trova le proprie origini nel Movimento Moderno e si configura oggi come “ragione critica” rispetto alla fragilità dei modelli e delle mode offerte dalla globalizzazione. L’architetto ticinese progetta edifici che trovano la propria ragione d’essere nella consapevolezza di interpretare la sensibilità della cultura contemporanea e nel contempo evocare quel territorio di storia e di memoria che costituisce il vero patrimonio dell’identità dell’architettura europea.
“Il tessuto della memoria – ha scritto Botta in occasione della grande mostra a lui dedicata nel 2010 dal Mart – è una realtà viva che ci coinvolge come la filosofia o la storia dell’arte”. Un atteggiamento, quello dell’architetto ticinese, che non va confuso con un cedimento alla nostalgia: presente e passato convivono dentro il suo linguaggio figurativo, fatto di geometrie e materiali. Mario Botta è perfettamente consapevole della necessità di doversi confrontare con la complessità e la frenesia del contemporaneo: “[il mio] obiettivo è quello di offrire uno spazio dove l’uomo possa sentirsi protagonista nel silenzio della propria solitudine e, nel contempo, partecipe di un rito collettivo. È proprio dentro la complessità e la rapidità delle attuali trasformazioni che l’architetto è chiamato a elaborare queste nuove risposte progettuali.”