Il progetto è il frutto di un percorso che si colloca nel solco di una tradizione che nella storia dell’architettura e dell’arte ha origini antiche e proseliti in tutti i tempi. E’ nel solco della “città immaginaria”, della “città dipinta”, della “città ideale”.
Città dalle occasioni più disparate, frutti dell’immaginario più disparato, riconducibile a un presupposto ideologico, metafisico, ludico, fantascientifico o quant’altro.
“Città domestica” immaginata in quattro versioni (MODERNA, TURISTICA, SEDUTA, D’AUTORE) è composta da un insieme di architetture (ABITAZIONE, VIADOTTO, GRATTACIELO, CATTEDRALE) la cui forma è suggerita dall’imbuto, dalla caffettiera, dalla scodella che singolarmente o accoppiate danno origine ad un modello d’architettura. Un gioco dai risultati curiosi e sorprendenti. Comunque divertenti per chi li ha elaborati e per chi ha modo di vederli.
Infiniti i precedenti anche autorevoli a tal proposito, dalla “città ideale” attribuita a Piero della Francesca, alle “ricostruzioni” di Piranesi; dalla casa sul fiume di Claude-Nicolas Ledoux alle “città nuove” di Sant’Elia, o in tempi più recenti, al “ritorno dalla scuola” di Aldo Rossi, alle architetture utopiche di Noble; dallo “spremiagrumi multipiano per New YorK” dell’artista Isa Genzken alla “città analoga” di Cantafora.