Al via la VII edizione del Festival del Paesaggio di Anacapri: dal 9 settembre al 5 novembre 2023, la rassegna ideata e curata da Arianna Rosica e Gianluca Riccio torna ad animare gli spazi suggestivi della Fondazione Axel Munthe – Villa San Michele e diversi luoghi pubblici del centro storico di Anacapri, Capri.
Dal titolo “Building new identities – Costruire nuove identità”, la nuova edizione è dedicata all’artista ucraino scomparso a maggio Ilya Kabakov. A rendergli omaggio con un progetto speciale, la moglie Emilia Kabakov, che insieme a Ilya era stata tra i protagonisti della rassegna nel 2022. Quest’anno la manifestazione si interroga sul concetto di identità fuori dagli schemi, e al tempo stesso ridefinisce quella culturale dell’Isola al di là degli stereotipi e della sua patina glamour.
Lo spunto è il vivace clima artistico che tra Ottocento e Novecento si respirò a Capri, anche grazie alla grande Villa che ospita il Festival, fatta costruire dal medico svedese nel 1895. In quel periodo, l’Isola divenne l’approdo di illustri personaggi della cultura internazionale: il luogo in cui ognuna di queste figure dalle molte facce – dalla maschera ferina della marchesa Casati Stampa a quella decadente di Jacques Fersen, sino a quella ambigua e più frivola di Compton Mackenzie per citarne alcuni – coltivò la speranza di una libertà virginale, di una piacevolezza che non costringesse a venire a patti con l’uniformità dei comportamenti sociali borghesi, nel segno di un’insularità che, da geografica, si trasformò in un modello esistenziale.
Partendo da questa tradizione, che individua nell’Isola di Capri il territorio privilegiato per sperimentare nuovi comportamenti sociali e vi riconosce il luogo ideale per la definizione di identità altre e di una nuova relazione con il paesaggio, si sviluppano le linee guida dell’edizione 2023.
“In una fase storica come l’attuale, in cui il significato dell’essere umani è messo in discussione dall’azione pervasiva di agenti e intelligenze artificiali, ci interessa riflettere su possibili strategie di resistenza a questo inquadramento tecnico-scientifico, che tende sempre più a ridurre l’identità individuale a un insieme di dati da estrarre a fini commerciali o, peggio, a territorio di controllo e di sorveglianza capillare. Nella storia culturale di Capri abbiamo rintracciato un insieme di esperienze estetiche e di biografie artistiche che, a cavallo tra ‘800 e ‘900, avevano riconosciuto nell’Isola il perimetro di un’utopia praticabile e in qualche modo replicabile, che si traduceva nella possibilità di sperimentare modelli esistenziali alternativi a quelli dominanti e di realizzare progetti comunitari ispirati a logiche partecipate, nel solco di un contatto diretto con il paesaggio naturale. Abbiamo perciò deciso di riprendere il filo di una storia interrotta e invitare una serie di artisti di diverse generazioni e provenienti da differenti realtà, a dar vita a nuovi modelli culturali, estetici, sociali.” raccontano i curatori.
Humberto e Fernando Campana, Paolo Canevari, Goldschmied & Chiari, Ibrahim Mahama, Matteo Nasini, Elisa Sighicelli, Alberto Tadiello, sono gli artisti chiamati a realizzare installazioni site-specific, progetti speciali e interventi di arte pubblica, interpretando, attraverso linguaggi e forme espressive diversificate, quel tentativo di fusione tra arte e vita, di connubio tra esperienza estetica e dimensione esistenziale, di mutuo scambio tra forme artificiali e naturali, che a Capri e proprio a Villa San Michele, trovò uno dei suoi epicentri e uno dei massimi esempi architettonici.
Dal 3 al 9 settembre 2023 tutti gli artisti in mostra potranno esprimere la loro creatività sull’Isola, grazie a un programma di residenza artistica che li vedrà impegnati nella realizzazione delle opere progettate per il Festival.
Presentazione
Il Festival verrà presentato il 7 settembre alle ore 18.30 al Bar degli Artisti del Capri Palace Jumeirah (evento su invito). L’apertura al pubblico si terrà sabato 9 settembre alle ore 18:30.
Sponsor & Partner
L’edizione 2023 del Festival del Paesaggio di Anacapri è promossa dall’Associazione Il Rosaio con il Comune di Anacapri, organizzata con il sostegno della Fondazione Axel Munthe/Villa San Michele, realizzata grazie al supporto di Seda e Capri Palace Jumeirah, e con il contributo di Fondazione Italia Patria della Bellezza.
GLI ARTISTI E LE OPERE
Ad inaugurare la programmazione Festival del Paesaggio 2023 e il percorso espositivo negli spazi di Villa San Michele, sarà l’artista ghanese Ibrahim Mahama, protagonista della prima edizione di The Flag project progetto di arte pubblica realizzato in collaborazione con la Fondazione Axel Munthe. Mahama, nato a Temale nel 1987, coltiva da diversi anni una ricerca che, attraverso la trasformazione di materiali umili – desunti dalla realtà storica, culturale e socio-politica ghanese – affronta temi e problemi legati alla migrazione, ai processi connessi con la globalizzazione, al lavoro e alla circolazione delle merci e delle persone attraverso confini e nazioni, nella cornice di una condizione umana universale. Il progetto concepito per questa prima edizione di The flag project prevede l’uso dei tre grandi pennoni impiantati nello spazio esterno di Villa San Michele, abitualmente destinati ad ospitare le bandiere svedese, italiana e dell’Unione europea, che saranno risemantizzate dall’intervento temporaneo di Mahama. In cima ai tre grandi pennoni svetteranno tre grandi bandiere realizzate dall’artista ghanese attraverso l’assemblaggio di sacchi di juta impiegati dalle multinazionali dedite allo sfruttamento delle materie prime africane. L’intervento site-specific di Mahama, trasfigurando il significato simbolico di quei supporti – da sostegno per le identità nazionali a testimoni dello sfruttamento del mondo occidentale nei confronti dei paesi del cosiddetto terzo mondo – trasforma il segno convenzionale della bandiera in emblema di nuove, possibili identità collettive fondate sull’attraversamento dei confini degli stati: nel segnale d’identità non più codificate, ma comunitarie e partecipate.
Negli spazi del chiostro al piano terra dell’antica villa l’artista veneto Alberto Tadiello presenta 13, scultura sonora del 2015 ripensata appositamente per l’occasione. Due speaker, disposti uno di fronte all’altro, si guardano sollevati sui rispettivi supporti metallici. Così vicini, i due diffusori alludono alla presenza di due bocche rinchiuse in un corpo meccanico: due presenze fantasmatiche, due identità disperse nel tempo, di cui resta solo il suono di una dolce melodia – “Thirteen”, traccia tratta dall’album “Hospice” della band americana “The Antlers” – cantata da una voce femminile proveniente da un tempo incerto e indefinito. Con la sua tonalità cristallina, quel canto, ripetuto a intervalli regolari, dà corpo allo spazio di una relazione d’amore che in quegli antichi ambienti potrebbe essersi consumata, tornando a rivivere attraverso la sensorialità immateriale di una melodia diffusa.
Proseguendo nel percorso espositivo, nelle stanze interne della casa-museo, le opere di Paolo Canevari e del duo Goldschmied&Chiari (Sara Goldschmied ed Eleonora Chiari) entreranno in dialogo con gli oggetti custodi della memoria del suo antico proprietario, il medico svedese Axel Munthe. L’artista romano ha concepito una serie d’interventi scultorei che dalla grande sala da letto al primo piano di Villa San Michele si spingeranno sino agli spazi esterni del giardino dell’antica dimora. Le sculture, realizzate attraverso l’assemblaggio di tubi innocenti abitualmente usati in ambito edilizio, sono impaginate da Canevari come gli archetipi contemporanei a partire dai quali poter costruire nuove identità, proprio come quelle che i passati abitanti di Villa San Michele – a partire dalla Marchesa Casati Stampa – avevano sperimentato e immaginato d’interpretare. Muovendo dal contrasto tra i materiali impiegati e le forme oggettuali e naturali conservate nell’antica dimora, l’artista romano ha immaginato gli spazi interni ed esterni come il luogo d’incontro tra mondo naturale e universo meccanico, tra la storia e il presente: come il territorio in cui questi ‘corpi innocenti’, queste identità ancora in costruzione, possano animarsi in una tensione a farsi viventi, al pari dei diversi elementi che li circondano; partecipi di un nuovo ordine che, accordando l’artificiale e l’organico, le tracce dell’antico e quelle del presente, allude a nuove, utopiche traiettorie esistenziali ed estetiche. In questo modo, gli assemblage ferrosi di Canevari, piuttosto che disporsi come testimoni nostalgici di un passato lontano, sono le mute presenze convocate a riattivare lo spirito rivoluzionario e trasgressivo del passato. Dal canto loro Goldschmied&Chiari presenteranno una serie di opere specchianti, appositamente prodotte per questa settima edizione del Festival, di differenti forme e misure che punteggeranno il percorso che si snoda attraverso gli ambienti interni dell’appartamento al primo piano. Grazie alle immagini stampate sulle superfici vetrose, gli specchi di Goldschmied&Chiari, tradendo la loro funzione convenzionale, sono ripensati dalle due artiste come superficie di rappresentazione dal sapore quasi pittorico; supporto per una rifrazione deformata – cromaticamente e sensorialmente – degli ambienti in cui sono inseriti. Grazie ai forti contrasti delle immagini e all’evanescenza astraente delle loro forme fumose, in quegli antichi spazi gli specchi di Goldschmied&Chiari funzionano come un originale e ambiguo dispositivo estetico capace di evocare i colori e le luci del paesaggio mediterraneo esterno, e, al tempo stesso, di alterare la percezione delle stanze della Villa e degli oggetti in essa custoditi, definendo un’intensa relazione tra tempo atmosferico e tempo storico; tra il paesaggio domestico della villa cui appartengono e le forme della natura e del paesaggio esterno che evocano e contengono. Specchi dunque, quelli di Goldschmied&Chiari, che non riflettono ma invece riverberano un paesaggio interiore e le atmosfere di un tempo lontano che rivive riflesso all’interno del loro perimetro; superfici attraverso cui guardare l’esterno dall’interno.
All’interno dell’antico Cubiculum, posizionato all’estremità meridionale del grande giardino di Villa San Michele, sarà presentata la scultura Cativeiro Chandelier di Humberto e Fernando Campana. L’opera del 2021, un grande candelabro bronzeo dalle forme vagamente zoomorfe e teriomorfe, è un esemplare inedito della collezione “Brazilian Baroque” realizzata dai due grandi designer latino-americani attraverso la collaborazione di antichi laboratori artigianali romani specializzati nella lavorazione del marmo e del bronzo, e in occasione della mostra allestita negli spazi della Galleria Cortona di Palazzo Pamphilj a Roma, uno dei massimi esempi dell’eccellenza del barocco romano. La grande scultura bronzea, negli spazi raccolti e ristretti dell’antico cubiculum – al cui interno, sulle superfici delle pareti rocciose e sulla base pavimentale, sono raccolte tracce di epoca romana – si presenta come un ambiguo dispositivo plastico e luminoso: come una presenza che se da un lato s’impone allo sguardo dell’osservatore per la dimensione ingigantita delle sue forme a confronto con l’ambiente che la ospita, dall’altro si amalgama ai contorni – storici e culturali – del cubiculum, illuminando, attraverso la luce calda delle candele, i segni di un passato remoto e frammentato che al suo interno sono ospitati. Cativeiro Chandelier nell’allestimento pensato per gli spazi di Villa San Michele, si presenta, al contempo, come scultura luminosa e come oggetto d’arredo: manufatto senza tempo, portatore di codici culturali e formali che integrano nella sua struttura aspetti fauve e suggestioni surreali, elementi della cultura popolare e decori della grande tradizione del repertorio seicentesco, in una commistione di motivi animali (piedi e teste di galline) e codici culturali (italiani e brasiliani).
Matteo Nasini è l’autore della seconda installazione sonora di questa VII edizione del Festival del paesaggio. Se nella scultura sonora di Tadiello risuona la voce di una donna che canta di un amore disperso nel passato, nell’opera dell’artista romano dal titolo Welcome Wanderer il suono che si diffonde negli spazi ubicati sopra l’antico cubiculum, proviene da uno spazio remoto. L’opera, concepita da Nasini come un raffinato dispositivo multimediale, collega infatti, il luogo in cui è installata – la terrazza in prossimità del belvedere della Sfinge – con lo spazio celeste sopra di esso, trasformando il passaggio dei miliardi di stelle della Via Lattea in una composizione sonora. Attraverso il suono, diffuso nel giardino della villa, Welcome Wanderer si configura non solo come il ponte di collegamento tra spazi e tempi lontanissimi – quello storico e quello cosmico – ma anche come il veicolo per delineare spazi di pubblica intimità, per esprimere l’inquietudine dell’uomo dinnanzi alla percezione della propria condizione di abitante dell’Universo che travalica i confini della propria percezione: come lo strumento in grado di espandere sensorialmente i confini dello spazio che abitiamo, amplificando l’immensità di ciò che ci circonda, e, allo stesso tempo, per sottolineare l’isolamento del nostro pianeta dal resto della Galassia, evidenziando il destino comune di tutta l’umanità nello stesso viaggio verso l’ignoto.
Elisa Sighicelli è la protagonista della terza edizione del progetto d’arte pubblica Manifesto che ogni anno, dal 2021, vede un artista invitato a progettare e realizzare un’opera da esporre in una serie di spazi del comune di Anacapri, abitualmente destinati alla comunicazione istituzionale e commerciale, distribuiti all’interno del centro storico. Dopo il progetto di Patrick Tuttofuoco del 2021 e quello di Anna Franceschini del 2022, l’artista e fotografa torinese, a partire dalla residenza realizzata ad Anacapri tra fine marzo e inizio aprile, ha concepito una serie di opere realizzate attraverso l’impiego e la risemantizzazione di un insieme di diapositive degli anni ’50, ’60 e ’70 del secolo scorso scattate da anonimi turisti nel corso dei propri fugaci soggiorni sull’isola azzurra, raffiguranti motivi tipici dell’iconografia caprese e scorci inediti del paesaggio isolano. Le opere di Sighicelli, nella forma ingigantita del manifesto, funzionano come displays di immagini e testo, comprendendo al loro interno tanto la riproduzione delle antiche immagini e quanto la struttura delle diapositive che le conteneva, su cui trascritti compaiono i dati tecnici di produzione della pellicola o, talvolta, l’annotazione di dettagli personali degli antichi autori di quelle fotografie. Il progetto, così concepito, dà corpo a una sorta di composita archeologia della visione, fatta di strumenti ormai desueti e di paesaggi ancora non del tutto usurati dalla riproduzione fotografica. Una più ampia sequenza di quell’archivio d’immagini anonime adottate dalla fotografa torinese come punto di partenza per il proprio progetto, sarà organizzata da Sighicelli per uno slide show negli spazi di Villa San Michele, come a voler evocare la moltitudine di sguardi che nel tempo su quei paesaggi e in quegli spazi, si sono depositati e che al loro interno continuano a transitare.