29/06/2005 – Brindisi da città “sul” mare a città “di” mare. Questo il cambiamento che il sindaco Domenico Mennitti auspica come conseguenza del programma di trasformazione urbana del waterfront della città salentina promosso dall’amministrazione comunale. Se ne è discusso a Brindisi il 23 e il 24 giugno scorsi in occasione del convegno dal titolo “Città d’acqua – il modello Brindisi”.
L’amministrazione comunale ha affidato alla società Ernst & Young uno studio di fattibilità che gli architetti spagnoli Miguel Corominas Ayala, Elias Torres e Alfredo Arribas hanno seguito per la parte urbanistica.
Si tratta di un progetto cui la nuova amministrazione locale si sta dedicando con indubbio e profondo entusiasmo. L’idea è restituire alla città la sua identità marinara attraverso una riorganizzazione del territorio in grado di riscoprire il mare quale soggetto interlocutore della città. Di qui il progetto di una molteplicità di interventi a ridosso del porto, aspirante protagonista nel nuovo scenario di relazioni geopolitiche nel Mediterraneo che, dopo cinquant’anni di guerra fredda, è tornato ad essere importante mezzo di comunicazione e di traffici.
Emblematica è stata a tal fine la presenza nella prima giornata di lavoro di alcuni ambasciatori di paesi arabi (Algeria, Tunisia) che hanno testimoniato l’interesse a far passare i loro traffici attraverso il territorio di Brindisi.
A sostegno dell’iniziativa hanno partecipato anche il Presidente della Regione Puglia Nichi Vendola, il viceministro delle Attività produttive Adolfo Urso, ed il ministro dello Sviluppo e della Coesione Territoriale.
Durante le due giornate di lavoro tecnici ed amministratori locali ed internazionali hanno dato il proprio contributo al progetto di rilancio della città affrontando gli aspetti necessari della questione, dalla descrizione progettuale ed economica del nuovo disegno urbanistico alle fonti da cui attingere per cogliere una preziosa occasione di svolta per la città e sostenere quella che Mennitti chiama una “sfida di marketing territoriale”.
La prima vera sfida di Brindisi è riappropriarsi del fronte del mare, recuperando spazi che attualmente sono fruibili alla comunità solo in minima parte: su complessivi 7.450 metri di fronte marittimo ben 4310, pari a quasi il 60% dell’area, sono occupati da installazioni militari o recintati da varchi doganali. Non solo. Le aree immediatamente a ridosso sono occupate dalla Marina militare, da enti statali (Polizia, Finanza) ed enti portuali.
“Barcellona – dichiara il Presidente della Camera di Commercio di Brindisi Salvatore Tomaselli intervenuto al dibattito – sta spostando il letto del fiume per dare più spazio al porto investendo significativamente”. Non a caso, Barcellona è stata portata come case study di trasformazione urbanistica mediante l’apertura al mare. Alla fine degli anni Settanta la città spagnola era in una situazione di grave declino economico, con rincaro dei prezzi dell’energia e delle materie prime, scarsa organizzazione viaria ed un porto pressoché chiuso alla città. Una serie di interventi urbanistici hanno scatenato un processo globale che nell’arco di 25 anni ha ribaltato la situazione economica dell’intera città. Benché il paragone con Barcellona possa sembrare illusorio ed eccessivamente ottimista, per le autorità locali è importante seguirne l’esempio nel percorso evolutivo. Soprattutto non dimenticando che la proposta di Regolamento della Commissione europea per la programmazione 2007-2013 riconosce alle città medie un ruolo non secondario nello sviluppo della competitività dell’Unione. E Brindisi potrebbe essere una di quelle città.
Il punto di partenza sarebbe l’introduzione di spazi liberi civici ed attività commerciali (residenze e servizi) per mettere in moto una capacità di investimenti. La creazione di un unico circuito viario permetterebbe poi di sfruttare le potenzialità del porto quale collegamento con il resto del mondo. “In tal modo – spiega Mennitti – la città si preparerebbe ad accogliere il flusso stimato di oltre 60 milioni di container che nei prossimi anni proverranno dai paesi asiatici, contro gli attuali 30 milioni”.
A presentare il progetto urbanistico è intervenuto Ayala (nella foto in basso). Prima di spiegare le idee in cantiere per la città salentina, il progettista spagnolo ha illustrato alcune significative trasformazioni di altri porti urbani che, sebbene in maniera diversa, testimoniano tutti la consolidata idea di un allargamento dell’area portuale per usi civici.
L’Inner Harbour (= porto interno) di Baltimora ospita su 44 ettari residenze, attrezzature sociali e culturali ed uffici, ed accoglie anche un Campus Universitario, il Convention Center, l’Aquario e l’Hotel Hyatt.
Nel Port Vell di Barcellona, dei complessivi 55 ettari circa, la superficie degli spazi liberi occupa il 78,6% e solo il restante 21,4% è di suolo occupabile.
Per il porto di Rotterdam la trasformazione è stata finalizzata ad un uso prevalentemente residenziale del porto. A differenza di porti come Genova o Barcellona, dove lo spazio più ampio è stato destinato alle attività commerciali.
E ancora, Mahon, città nell’isola di Minorca in Spagna le cui dimensioni sono minori di quelle di Brindisi, con il maggior porto naturale del mediterraneo: 271 ettari di superficie terrestre e 313 ettari di acque protette.
Per il porto di Brindisi, la cui superficie terrestre è di 50 ettari (poco inferiore a quello di Barcellona), la proposta è di dare più accessibilità possibile, dove l’alloggio rappresenti insieme al terziario il 50% della superficie.
Nel progetto sono inclusi il riordino del sistema viario e dei parcheggi attorno al centro storico e alla stazione; il miglioramento della stazione ferroviaria e dell’area adiacente; il potenziamento delle attività industriali e portuali; l’introduzione di nuove attività terziarie e culturali.
È necessario un giusto coordinamento delle autorità coinvolte – per concludere con le parole del sindaco Mennitti – per promuovere lo sviluppo del territorio e cogliere un’occasione di svolta. E in questa prospettiva il sindaco ha voluto sottolineare un’importante questione ambientale chiedendo l’avvio di un nuovo piano regolatore che localizzi lontano dalla città e dal suo porto turistico il traffico di combustibili: “Ecco perché non si può accogliere la richiesta di localizzare a Capobianco il rigassificatore”.
|