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Il Pritzker Price 2006 a Mendes da Rocha
L’architetto brasiliano si aggiudica il prestigioso premio
Autore: cecilia di marzo
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IL PRITZKER PRICE 2006 A MENDES DA ROCHA
12/04/2006 - Il Pritzker Price, il più prestigioso premio per l’architettura, è andato per la terza volta ad un architetto latinoamericano. Con un’opera simultaneamente universale e locale, tecnica e lirica, Paulo Mendes de Rocha, iscrive il suo nome nella prestigiosa lista del Premio nordamericano assieme a quello del messicano Luis Barragán, premiato nel 1980, e a quello del suo compatriota Óscar Niemeyer del 1988.
Mendes de Rocha, architetto dalle linee pulite e spoglie da qualunque retorica, riceverà il premio il prossimo 30 maggio, durante una cerimonia che, secondo la tradizione degli scenari itineranti del prestigioso premio Pritzker, si celebrerà questa volta ad Istanbul.

Il Pritzker rimane per il secondo anno consecutivo nel continente americano, ma cambia emisfero. Nella precedente edizione il premio fu conferito a Thom Mayne, un architetto statunitense che vive e lavora in Los Angeles e il cui nome è stato sempre legato al viavai delle ultime avanguardie; in questa occasione, la giuria composta tra gli altri da Balkrishna Doshi, Frank Gehry e Carlos Jiménez, ha decantato il nome di Paulo Mendes de Rocha, un architetto brasiliano stabilitosi a São Paulo, con una carriera che rappresenta la continuità con i valori genuini della modernità.
Nato a Vitória, capitale del Espírito Santo, 78 anni fa, Paulo Archias Mendes de Rocha ottenne il titolo di architetto nel 1954, nella Facoltà di Architettura ed Urbanistica dell'Università Mackenzie. Nel 1961, ricevette il premio della VI Biennale di Architettura di São Paulo per il Club Atletico Paulistano e cominciò ad impartire lezioni, nel corso di João Battista Vilanova Antigas, presso la Facoltà di Architettura della città. Lì si trovò immerso in un clima politico di dibattito sulla dimensione umanistica dell'architettura e sulla “carta sociale dell'architetto”, un clima acceso che il Governo militare, insorto con un colpo di Stato nel 1964, cercò di raffreddare espellendo una parte della classe docente; in 1969 gli fu proibito di insegnare e fino al 1980 non potè più ritornare in aula.

Dello stesso anno in cui fu allontanato della docenza è uno dei progetti più apprezzati della sua carriera, quello del Padiglione per l'Expo 70 di Osaka.
A partire dal Museo Brasiliano di Scultura di São Paulo (1988), la biografia di Mendes de Rocha acquisisce una dimensione internazionale. Si tratta di un edificio con la vocazione di una piazza, della quale la critica ne evidenzia la “poetica dello spazio” e l'apparente facilità con cui si dissolvono le inevitabili opposizioni tra interno ed esterno, pieno e vuoto, privato e pubblico.
Terminati l’anno precedente, il negozio Forma, anch’esso a São Paulo, e la cappella di San Pedro en Campos do Jordão si ergono sui rispettivi terreni; il Poupatempo Itaquera (2000) ed il baldacchino della Plaza del Patriarca (2002) costituiscono una famiglia di progetti che delimitano un territorio senza neppure toccare il suolo.
Accanto a questo gruppo di realizzazioni che creano nuove planimetrie e tracciano nuovi orizzonti, il Premio Mies van der Rohe dell’Architettura Latinoamericana del 2000, conferito per il restauro dell'edificio neoclassico che ospita la Pinacoteca di Stato di São Paulo, scoprì un altro aspetto dell'architetto, distante e rispettoso nel suo avvicinamento alle opere di altri: in questo edificio premiato l’architetto si distaccò dell’esistente creando ponti metallici a mo’ di scenografia sovrapposta; nel Centro Culturale FIESP introdusse alcune “scatole” leggere di acciaio che danno un nuovo ordine al pianterreno di una torre di Rino Levi, conferendogli dimensione di spazio collettivo.
Mendes de Rocha ebbe tra i suoi maestri Artigas, da cui imparò a progettare in funzione della relazione dell'individuo con il paesaggio costruito, e suo padre, ingegnere, che gli inculcò la passione per le soluzioni tecniche ed il rigore dei dettagli.

Un altro aspetto che definisce la sua opera è la comprensione del “luogo”: secondo le sue stesse parole, “l'architettura prima e primordiale è la geografia”; le modificazioni del suolo o la riorganizzazione dei flussi di circolazione esprimono la dialettica di dominio ed integrazione dell’edificato rispetto alla natura.
Un insieme di passerelle soprelevate che collegano gli edifici del Campus di Vigo costituiscono l'ultimo progetto, esposto negli ultimi anni nella “Documenta Kassel” e nella “Biennale di Venezia”, che l’ha visto impegnato in numerose conferenze in giro per il mondo.
Oltre a sedurre per la “nudità” e l’essenzialità delle sue opere, questo architetto persuade con la precisione delle sue parole. Come i suoi edifici si spogliano della “cosa accessoria”, il suo discorso è privo di retorica.

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