25/09/2008 - Dal Costruito all’Architettura Senza Carta: questo il titolo della mostra ospitata nel Padiglione Spagna all’11ª Mostra Internazionale di Architettura di Venezia. L’esposizone, a cura di Ángel Fernández Alba (AFA Architetti) e Soledad del Pino Iglesias, è stata inaugurata giovedì 13 settembre 2008 ed ha sede presso i Giardini della Biennale.
Cinquanta architetti spagnoli, provenienti da due diverse generazioni, hanno preso parte alla mostra esponendo progetti inediti nell’intento di promuovere una riflessione sui percorsi intrapresi dall’architettura iberica nel corso degli ultimi decenni. Dal Costruito all’Architettura Senza Carta è divisa in due aree espositive fornendo un’interessante comparazione tra i lavori dei “maestri” e quelli degli “alunni”, giovani progettisti che, messo da parte il tiralinee, hanno fatto del web e dei mezzi digitali il loro principale strumento di lavoro, partecipando, così, alla rivoluzione dell’ “architettura senza carta”.
La prima area, dal titolo “Sin nombres, lugares” ("Senza nomi, luoghi") presenta sei progetti di recente realizzazione ad opera di architetti e studi celebri: Juan Navarro Baldeweg, Premio Nazionale per le Arti Plastiche; Llüis Clotet, Ignacio Paricio e Joseph Llinás (Olot RCR Arquitectos); IMB Arquitectos; Víctor López Cotelo e Juan Manuel Vargas Funes (Premio Manuel de la Dehesa alla VII Bienal de Arquitectura Española). Tali lavori sono descritti come “opere che occupano, definiscono e conformano luoghi. Luoghi che si trasformano e fanno visibile l’invisibile, selezionate utilizzato un criterio poetico che, applicato all’architettura, la innalza all’ambito artistico”.
"Arquitectura sin papel" ("Architettura Senza Carta") è invece l’emblematico titolo della seconda area espositiva, dove è possibile osservare i progetti ideati da quindici “giovani” studi di progettazione, a suggerire i possibili percorsi futuri dell’architettura iberica. Questi i nomi degli espositori: Estudio Barozzi Veiga (Fabrizio Barozzi, Alberto Veiga), Coll & Leclerc (Jaime Coll, Judith Leclerc), Antonio Jiménez Torrecillas Arquitecto, CUAC (Javier Castellan, Tomas García), UP Arquitectos (Eduardo Pesquera, Jesús Ulargui), Soto Maroto Solid Arquitectura (Javier Maroto, Álvaro Soto), Dosmasuno Arquitectos (Ignacio Borrego, Nestor Montenegro, Lina Toro), Picado de Blas (Rubén Picado, María José de Blas), Murado & Elvira Arquitectos (Clara Murado, Juan Elvira), Langarita-Navarro (Víctor Navarro, María Langarita), Estudio Motocross (David Díez, Carolina Gambín, Antoine Hertenberger, Luis Úrculo). Una costante, nella realizzazione dei progetti, è l’uso delle tecnologie digitali, così come la tendenza alla mistione dei linguaggi e dei saperi provenenti da differenti ambiti disciplinari, nello specifico, arte, disegno grafico e fotografia. I lavori vengono presentati agli spettatori attraverso animazioni, nella stessa veste in cui si possono consultare via web.
Principali ispiratori nell’allestimento del Padiglione, che quest’anno vuol “rendere omaggio alla città di Venezia”, due progetti storici realizzati nel capoluogo veneto: “Il Teatro del Mondo” dell’architetto italiano Aldo Rossi (un teatro galleggiante lungo il Canal Grande) e “Il Coltello”, (gondola-coltello svedese nata dalla collaborazione tra l’architetto Frank Gehry e lo scultore Claes Oldenburg). La mostra, allestita alla maniera di un teatro, è segnata dalla presenza di due elementi “scenici”: lo specchio e la maschera. Si legge nel comunicato stampa: “la maschera come metafora dell’identità, in contrapposizione allo specchio che riflette la verità. Considerando la maschera come elemento fondamentale nell’arte moderna e nell’architettura i curatori giocano sul parallelismo tra le facciate degli edifici e le maschere, poiché entrambe nascondono, proteggono, evocano”.
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