19/09/2008 - A trent’anni da Roma interrotta (1978), La Biennale di Venezia chiama nuovamente all’appello dodici studi di architettura italiani ed esteri nell’intento di elaborare proposte sulla città di Roma. Uneternal City è il titolo della sezione dedicata alla capitale italiana all’interno della Mostra.
BIG, Centola&Associati, Clark Stevens-New West Land, Delogu Associati, Giammetta&Giammetta, Koning Eizenberg Architecture, Labics, MAD, n!studio, Nemesi, t-studio, West 8: questi gli studi selezionati.
I progetti di Uneternal City applicano al territorio metropolitano l’interrogativo alla base dell’intera Biennale: come si trasforma e come si può trasformare la città contemporanea? Ma soprattutto: da cosa dipende la qualità della vita dei suoi abitanti, degli spazi pubblici? In altre parole, cosa può rendere le nostre città più vivibili e attraenti?
I lavori, quand’anche utopistici, indagano luci e ombre delle aree periferiche romane, lontane dai fasti del centro storico, nella volontà di promuovere un’urbanistica che “non parta da una astratta pianificazione a tavolino”, ma che, alla stregua di un “virus benevolo”, si nutra “della vita e dell’energia presenti nella stessa urbanità”,
Se Roma interrotta era tutta incentrata suldisegno dell’urbe settecentesca, traendo da esso i presupposti per elaborare formule urbane irrealistiche ed elitarie, Uneternal City indaga la trasformazione della città contemporanea, le relazioni “volatili” che in essa prendono forma, la sua storia e la sua memoria.
Quale volto avrà la Roma del futuro? Al fine di rispondere a questo interrogativo, ogni studio di progettazione ha selezionato un’area o un tema da raccontare con sguardo a volte critico, a volte incantato.
Tra i progetti spicca Super Star - A mobile China Town, ideato da Mad Office (Pechino–Tokyo). Il lavoro immagina un conglomerato urbano la cui forma ricorda quella di una super nova. Denominato “China Town per il futuro” questo volume utopico è pensato per campeggiare a 1000 metri d’altezza sui cieli delle metropoli, offrendo una casa a quindicimila persone. Prima tappa nell’itinerario della costruzione vagante la città di Roma.
Residentity, progetto presentato dal capitolino n!studio, si propone, invece, di tracciare una cartografia dei desideri dell’abitare a Roma selezionando tre coordinate fondamentali: lavoro, tempo libero, reti virtuali. Il lavoro si concentra sulla possibilità di attuare un superamento del tradizionale modo d’intendere il concetto di “residenza” quale “dimora privata”, in vista di una nuova dimensione collettiva dell’abitare segnata dai flussi delle nuove comunità urbane. Intento del progetto è indagare i desideri degli abitanti della città postmoderna, costellata di spazi comuni e reti virtuali, dove i centri commerciali si ergono a cattedrali dello svago metropolitano. È proprio nelle aree suburbane che si insediano nuove forme socialità, espressioni potenziali di un’architettura virale ed inclusiva. Proprio nei vuoti delle periferie sorgono nuovi flussi di traffico e commercio, sviluppando nuove energie e nuove strategie dell’abitare che danno luogo ad una domesticità allargata.
Un’ulteriore prospettiva su “cosa n’è stato della città eterna” è quella offerta dai video realizzati per l’occasione da registi ed artisti chiamati in causa per raccontare vizi, virtù e nevrosi della Roma contemporanea.
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