26/09/2008 – “La terra ha le ore contate se non decidiamo di mutare radicalmente i nostri comportamenti”: è quello che sembra dirci Updating Germany - Projects for a Better Future, mostra ospitata per l’edizione 2008 della Biennale di Architettura di Venezia dal padiglione Germania.
A tal proposito, i commissari dell’esposizione, Friedrich von Borries e Matthias Böttge hanno asserito che: “il mondo è in disequilibrio – economicamente, ecologicamente e socialmente. L’architettura e lo sviluppo urbano non possono salvare il pianeta ma possono, a loro modo, fare la differenza, e questo è esattamente ciò che succede qui. Ciò che ci interessa è ciò che proviene dalle tecnologie più all’avanguardia: nuovi concetti e strategie che incidono sui modelli comportamentali e sugli stili di vita, passo dopo passo”.
A fronte di un’Europa che sembra ignorare la questione, la mostra vuole proporre delle “soluzioni per eliminare la disuguaglianza globale”, partendo dal presupposto che non solo le grandi decisioni, ma anche i piccoli comportamenti quotidiani possono revocare modificare grossi cambiamenti a livello mondiale.
L’approccio dell’architettura tedesca alla Biennale 2008 è quello dell’ "updating” (alla lettera “aggiornamento”), termine mutuato dal linguaggio dell’informatica dove, con questa parola, si fa riferimento ai processi automatici messi in atto dai computer per sostituire le parti malfunzionanti all’interno di un sistema operativo. Ebbene, i curatori della mostra hanno pensato di tracciare un parallelo tra gli “aggiornamenti” di stampo digitale e gli “updating” che progettisti ed individui comuni possono apportare, con le loro azioni ed idee, al "sistema terra": “ogni modifica apporta miglioramenti, correzioni, innovazioni, e talvolta, sfortunatamente, anche nuovi errori. Ciò che è frustrante negli aggiornamenti non è solo la possibilità che essi si rivelino degli errori, ma che, nella maggior parte dei casi si tratti di piccoli passi. Gli “updates”, in altre parole, procedono su una traiettoria multipla, piena di deviazioni ed ostacoli. Eppure questa traiettoria, questi piccoli passi, possono portare lentamente a grandi cambiamenti. L’architettura può e deve contribuire a questo processo”.
L’allestimento del padiglione costituisce una traduzione spaziale di questa riflessione. Un sistema mobile, fatto di tubi di metallo collegati tra loro da carrucole e perni, articola l’area espositiva. Dal sistema “pendono” i venti progetti in mostra, selezionati all’interno dei cento presentati nel concorso “100 Projects for a Better Future”.
La disposizione sbilenca e cangiante dei progetti esposti - dovuta all’assetto intenzionalmente “precario” della struttura metallica che li collega l'un l'altro - appare come un “sistema complesso che vessa in stato di precarietà dove è sufficiente modificare un singolo parametro per modificare ogni sua parte”. Il che inquieta ed al contempo ispira speranza. “Proprio come il nostro mondo, il sistema mobile non ha equilibrio”, sostengono i curatori: “cosa possiamo fare per ripristinarlo?”
I lavori sono stati ideati da artisti, architetti, ingegneri e designer e sono suddivisi a gruppi di quattro in cinque aree espositivo-tematiche. L’area “Econic Architecture” é dedicata all’architettura sostenibile, disciplina che in Germania può vantare una lunga tradizione, a fronte di un’architettura segnata, a livello internazionale, dall'ascesa degli architetti-star e degli edifici firmati. Tra di essi spicca il progetto dell’africano Francis Kéré Diébédo “Bricks for the Gando School”: si tratta di una edificio scolastico “eco-sostenibile”, di alta qualità, realizzato in Burkina Faso sulla base dei canoni architettonici della tradizione locale associati però a tecnologie avanguardistiche.
Lo spazio “Post-Fossil Landscape” offre molti spunti di riflessione in merito a quali connotati potrà assumere il “paesaggio del futuro”. Nello specifico, l’invito implicito di questa sezione della mostra è quello di tentare percorsi differenti da quelli passati, pensando a un’architettura che sappia costruire volumi “bio-degradabili”, di cui non rimanga traccia nel futuro una volta persa la loro funzione, a differenza delle infrastrutture dell’’età industriale, fossili praticamente ineliminabili dal paesaggio, le cui ripercussioni sull’ambiente continuano a farsi sentire.
"Eco-Techno-Topia" è invece improntata alle nuove soluzioni tecnologiche per fronteggiare l'inquinamento ambientale, la carenza di energia carenza, e la scarsità di cibo e ai nuovi strumenti con i quali architetti possano progettare le forme e gli spazi del futuro. Tra i lavori presentati “Solar Power Membranes”, esposto dall’azienda tedesca Solarnext AG, presenta le possibili implicazioni positive sull’ambiente derivanti dall’utilizzo dei pannelli solari di prossima generazione.
Sistemi passivi è la parola chiave dei lavori ospitati nella sezione ”Performing Systems”. Si tratta di progetti che hanno saputo tener presente le interconnessioni che corrono tra ambiente, architettura e cultura, condizione oggi indispensabile per la pianificazione sostenibile.
“Responsible Consumption” è dedicata a come cambiare i connotati alla società dei consumi. Come diffondere a livello globale, passando per quello locale, uno stile di vita sostenibile, finora adottato da pochi. Tra i progetti esposti, la casa privata della famiglia Bucher, progettata da Ulrike e Tobias Bucher ed ubicata a Lorsch, Germania. La casa, costruita nel diciassettesimo secolo, è stata restaurata tra il 2002 ed il 2006, seguendo criteri eco-sostenibili nella messa a nuovo di tetto, finestre, pavimento, e riscaldamento. Ne è conseguita una riduzione del 99% nel consumo domestico di carbone e, nel 2007, è valso ai coniugi il titolo di Germany’s Energy-saving Masters
Di grande impatto è l’installazione dell’artista Siehrunt Appelt, collocata all’ingresso del padiglione e non a caso definita “un’esperienza illuminante”. L’opera prevede la disposizione di 28 riflettori da 2 kilowatt sul soffitto del portico: il calore da essi prodotto è talmente forte e la luce è così abbagliante da provocare un forte disagio ai visitatori, praticamente “costretti” a riflettere su cosa possa generare lo spreco di energia.
Ma c’è di più: l’energia richiesta dall’installazione è stata “recuperata” in un modo assai significativo: molti celebri edifici tedeschi, uno fra tutti la Porta di Brandeburgo a Berlino, sono rimasti “al buio” per una o più serate, il che consente al visitatore di capire meglio quanta energia sia necessaria per l’illuminazione notturna delle città di notte.
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