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Bruno Munari in mostra al museo dell’Ara Pacis
Chiusura prorogata a domenica 22 marzo
Autore: cecilia di marzo
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17/03/2009 – Ancora pochi giorni per visitare la mostra antologica che il Museo dell’Ara Pacis di Roma ha dedicato a Bruno Munari. La chiusura è stata, infatti, prorogata a domenica prossima, 22 marzo 2009.
“Sculture da viaggio”, “macchine inutili” e “libri illeggibili” sono solo alcuni degli oggetti più stupefacenti e caratteristici nati dalla creatività di Bruno Munari (Milano, 1907-1998).
Il percorso espositivo non segue un criterio cronologico o tipologico ma mette in relazione i diversi linguaggi utilizzati da Munari attraverso 5 aree tematiche. Un metodo che segue la sua stessa scelta operativa: stare “tra” linguaggi diversi cercando di comprenderne meccanismi di funzionamento per comunicare ciò che gli altri non vedono, come ad esempio un “arcobaleno di profilo”.
 
Sono oltre 150 gli oggetti in mostra, tra sculture, opere d’arte e di grafica che il visitatore riconoscerà e sentirà familiariperché ormai parte dell’immaginario collettivo del Paese. Al nome di Bruno Munari sono infatti legate alcune tra le aziende italiane più importanti - come Olivetti, La Rinascente, Pirelli, Campari etc. - per le quali ha realizzato bozzetti, studi, disegni, manifesti, progetti pubblicitari e allestitivi. Anche le case editrici Bompiani, Rizzoli, Zanichelli, Editori Riuniti e Corraini, dagli anni ’20 a tutti gli anni ’70, si sono affidate alla grafica di Munari che in quel periodo ne ha fatto una delle principali attività e suo primo ambito di sperimentazione linguistica. Ma soprattutto con alcune collane ideate per Einaudi Munari raggiunge livelli elevatissimi di notorietà che si riflettono sul successo della casa editrice.
 
Inizialmente vicino al secondo futurismo, Munari espone in numerose collettive del movimento e ne illustra alcuni libri tra cui nel 1937, Il poema del vestito di latte di Marinetti. Col maturare del suo lavoro artistico e grafico, si distacca progressivamente dal gruppo futurista, raggiungendo una posizione autonoma rispetto a tutti i movimenti artistici italiani. Una libertà poetica e creativa che lo porterà ad ideare i suoi capolavori: le Sculture da viaggio, negazione della plastica tradizionale e del limite di un oggetto; i Negativi-Positivi con cui indaga i rapporti tra sfondo e figura eliminando entrambi; le Macchine inutili che anticipano il suo interesse per la distruzione dell'opera d'arte tradizionale; le Aritmie, in cui rende casuali e sorprendenti i movimenti di alcune macchine; i Fossili del 2000 che fanno riflettere con umorismo sull'obsolescenza della tecnologia moderna e la Sedia per visite brevissime la cui seduta è inclinata a 45°.
 
Alle convenzioni sociali ed artistiche Munari attua una rivoluzione silenziosa la cui vocazione naturale è superare i limiti presenti nelle idee, negli oggetti e nel tempo. E così una fotocopiatrice, nata per riprodurre oggetti tutti uguali, diventa creatrice di Xerografie originali, veri e propri pezzi unici generati dallo spostamento del foglio di carta sulla macchina. E ancora, i Libri perdono le parole e i materiali tradizionali per diventare illeggibili . Oppure gli orologi possono annullare o confondere il tempo come Ora X, a funzionamento cromatico dove al posto delle lancette si muovono forme e colori, e Tempo libero, progettato per Swatch, che rimescola le ore sparse a caso sul quadrante. I limiti fisici, sociali o linguistici - secondo l’artista - non vanno annullati ma superati guardando le cose con occhi diversi e da nuovi punti di vista. È all’industrial design che Munari dedica un’attenzione particolare, soprattutto a partire dal 1957, quando inizia a collaborare con la ditta Danese di Milano e progetta il celebre Posacenere cubo, uno dei più funzionali mai realizzati. Famose anche le sue lampade e il secchiello portaghiaccio, lavoro che gli vale il secondo Compasso d’oro.
 
Sua parola d’ordine nel design è “togliere, togliere, togliere”, convinto che semplificare sia la cosa più difficile perché chiunque può aggiungere un colore, un suono o una forma, ma per togliere bene bisogna sapere cosa togliere. Per lui quindi l’oggetto perfetto è la sintesi minima in grado di risolvere una serie di problemi – tecnologici, estetici, economici, di imballaggio, funzionali – al di fuori di ogni moda.
 
Il pensiero e l’opera di Munari hanno trovato una naturale applicazione nel mondo della didattica. Fin dal ‘45, prendendo spunto dall’educazione del figlio Alberto, ha realizzato innovativi giochi e libri per l’infanzia, convinto che il processo cognitivo del bambino sia molto più importante dell’esito raggiunto o dell’oggetto prodotto. Nati ufficialmente nel 1977 a Brera, i suoi laboratori sono diventati un metodo pedagogico brevettato. L’esposizione “Bruno Munari” al Museo dell’Ara Pacis offre l’occasione per sperimentare il Metodo Bruno Munari® attraverso i Laboratori didattici per lo sviluppo del pensiero progettuale creativo, ideati e curati dall’ Associazione Bruno Munari presieduta dal figlio dell’artista Alberto Munari.
 
Il progetto è promosso dall’Assessorato alle Politiche Culturali Sovraintendenza ai Beni Culturali del Comune di Roma con l’organizzazione di Zètema Progetto Cultura, a cura di Beppe Finessi e Marco Meneguzzo, progetto di allestimento di Marco Ferreri, progetto grafico di Italo Lupi. Le audioguide, realizzate da Storyville, contengono una narrazione sonora delle opere esposte con la voce di Bruno Munari, raccolta e selezionata dall’archivio della Radiotelevisione della Svizzera Italiana.
 


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