07/04/2009 - Ripensare il volto della “Grande Parigi” del futuro. È questo l’ambizioso progetto del presidente francese Sarkozy, che lo scorso anno chiamava 10 raggruppamenti di architetti, ingegneri, urbanisti e paesaggisti a riflettere sulla metropoli del futuro. I dieci nuovi possibili scenari immaginati per il futuro della capitale francese sono stati ufficialmente presentati il mese scorso al Consiglio economico e sociale.
Sei francesi e quattro stranieri gli autori delle dieci proposte visionarie: Atelier Castro Denissof Casi, Yves Lion del Groupe Descartes, Jean Nouvel con Jean-Marie Dutilheul e Michel Cantal-Dupart, Antoine Grumbach, MVRDV con ACS + AAF, Lin Finn Geipel, Studio O9, Djamel Klouche dello studio AUC, Atelier Christian de Portzamparc e lo studio Rogers Stirk Harbour & partners.
Non si tratta di un concorso di idee, bensì di una “consultazione nazionale sul futuro della metropoli parigina”; una riflessione su come poter riorganizzare una capitale di 2 milioni di abitanti che appare oggi isolata rispetto ad una sovraffollata periferia giunta oramai a contare oltre sei milioni di abitanti. Una grande città in cui, sostiene Rogers, “il cuore è staccato dalle braccia e dalle gambe”.
Prefigurare quindi possibili trasformazioni in grado di offrire una soluzione per un’area a rischio di emarginazione. Di qui la necessaria decisione da parte dei dieci studi coinvolti nell’iniziativa di chiedere la collaborazione di sociologi e geografi.
Potenziamento della rete dei trasporti, riorganizzazione e risanamento delle periferie, adozione di tecnologie ecocompatibili nel rispetto del protocollo di Kyoto sono stati gli elementi chiave che hanno funzionato da linee guida comuni alle dieci proposte.
Come potrà essere Parigi tra vent’anni? Nel tentativo di rispondere a questa la domanda, i dieci raggruppamenti hanno proposto soluzioni diverse, in alcuni casi particolarmente avveniristiche.
Richard Rogers immagina una metropoli leggera e “policentrica” che possa compensare gli attuali vuoti urbani, con una complessa rete di collegamenti in grado di riequilibrare l’economia regionale.
Lo studio olandese
MVRDV gioca sulla densità e sulla scelta paradossale di una “Parigi più piccola”, laddove “plus” sta per città “più ambiziosa, più ottimista, più densa, più efficiente, più ecologica, più compatta”, con uno sviluppo più controllato, e quindi “più piccola”.
Il progetto italiano di Bernardo Secchi e Paola Viganò (
Studio 09) disegna una “città porosa” che si sviluppa per stratificazioni dando spazio all’acqua e moltiplicando gli “scambi ecologici”, e che può contare su un sistema di trasporti ad alta velocità in grado di modificare radicalmente la mobilità dell’area metropolitana.
Lo studio tedesco
LIN auspica una “Grande Parigi” quale laboratorio avanzato di questioni chiave relative alla metropoli del dopo-Kyoto. E immagina a tal fine uno sviluppo urbano come “combinazione di densi agglomerati con spazi di minori intensità, paesaggistici e flessibili”. La Grande Parigi diviene allora “multipolare”, composta da “poli intensi” in cui il verde è elemento fondamentale.
I sei gruppi francesi hanno rivelato attitudini contrastanti. Lo studio
Castro Denissof Casi immagina una metropoli “dei poeti, dei flaneurs e dei viaggiatori”, in cui i collegamenti siano garantiti da “trasporti poetici, rapidi e fluviali”.
Nella convinzione che le grandi metropoli debbano avere una vocazione portuale,
Antoine Grumbach immagina di un’area urbana collegata al porto di Le Havre attraverso una via naturale rappresentata dalla valle della Senna.
Il più giovane dei dieci gruppi, lo studio
AUC guidato da Djamel Klouche ha lavorato al progetto della Grande Parigi insieme alla scuola di architettura di Versailles, l’università di Sandai (Giappone), grafici e paesaggisti tra cui Pascal Cribier. Per descrivere la Parigi del futuro l’equipe AUC utilizza un vocabolario non particolarmente facile, in cui non risultano di immediata comprensione concetti quali “collettori metropolitani” o “stimolazioni di sostanze urbane”.
Yves Lion del
Groupe Descartes propone di suddividere l’agglomerato urbano parigino in venti aree urbane da 500mila persone, pensate come strumento per “bloccare la tendenza della metropoli ad alienare i suoi abitanti”; mentre
Christian de Portzamparc offre come soluzione al problema dei trasporti un avveniristico treno sospeso da costruire sopra il raccordo anulare.
Diventa allora lecito domandarsi se si tratta di un progetto reale o piuttosto di un gioco che segue l’utopia come regola fondamentale. Se Zaha Hadid, non più contattata da Sarcozy dopo un primo incontro informale, denuncia il rischio di un risultato mediocre derivante da un numero eccessivo di gruppi coinvolti in un singolo progetto, il francese Jean Nouvel non sembra preoccupato dalle modalità di svolgimento dell’iniziativa; questo perché si tratterebbe a suo avviso di “una riflessione sulla metropoli del XXI secolo che, per quanto imperfetta, rappresenta una possibilità e una necessità al tempo stesso”, e perché “il cambiamento di un’epoca si accompagna necessariamente ad un cambiamento di un modello di sviluppo”.
I dieci progetti saranno esposti dal 29 aprile sino al 22 novembre 2009 presso la “Cité de l’architecture et du patrimone” in occasione della mostra dal titolo “Le Grand Pari de l’agglomeration parisienne”.