14/11/2012 - Lo scheletro metallico del Nuovo centro congressi all'Eur, firmato dallo Studio Fuksas e meglio noto come "La Nuvola", si staglia ormai nel cielo di Roma. Anche se sulla data del suo completamento ancora non c'è accordo (chi parla di inizio 2013 chi di almeno altri 2 anni di lavoro) se ne ritorna a parlare in questi giorni.
Il pretesto lo ha fornito domenica la presentazione al Festival del Cinema di Roma del documentario La Nuvola - work in progress, diretto dalla figlia dell'architetto Elisa Fuksas. Le immagini raccontano la nascita dell'idea e il lungo e tortuoso percorso fino al completamento della struttura l'estate scorsa. Si racconta il cantiere come una città nella città, dove tutti gli abitanti, gli operai, partecipano al "miracolo" mastodontico della costruzione di un’opera.
La regista punta l’obiettivo sui gruisti, sui montatori dei ponteggi, sui geometri, indagando il loro punto di vista sull'opera che stanno costruendo. Tra la fatica quotidiana e le incertezze per il futuro gli "abitanti del cantiere" raccontano il loro modo di approcciarsi a una costruzione tanto singolare. Orgogliosi di un'opera di cui si parla "persino al paese in Abruzzo" o che "tra vent'anni potrai dire di aver fatto tu" ma soprattutto contenti, come lo stesso Fuksas rileva, dell'aver dovuto affrontare mille difficoltà tecniche, di essersi trovati di fronte a un lavoro fuori dall'ordinario, secondo un gusto che forse si può definire tipicamente italiano di riuscire bene nelle cose difficili.
Il montaggio ondeggia poi tra le atmosfere surreali del cantiere, con le sue geometrie metalliche e le nuvole che le attraversano, e il racconto fatto da Fuksas in persona che ripercorre l'iter del progetto mescolando aneddoti, riflessioni filosofiche o mistiche, invettive, giudizi tranchant... In uno stato d'animo che lui stesso definisce melanconico ma proiettato al futuro, poichè dopo aver dovuto aspettare 65 anni per costruire la prima opera nella sua città ora finalmente vi vede nascere la sua opera più visionaria.
Fuksas parla proprio del cantiere come una "sorta di piccola vacanza", dove ricaricarsi dalle delusioni e dai momenti di sconforto immergendosi nel "fare" architettura. Dichiara anche di non chiedersi più se gli piaccia o meno la sua Nuvola, ora che ha preso quasi la forma definitiva, ma di essere entusiasta di aver messo in moto una "fabbrica" di centinaia di persone che, muovendo verso l'ignoto, è riuscita a costruire un'opera che pochi anni fa sembrava impossibile. Nel nostro paese non è soddisfazione da poco.
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