22/08/2013 - Park associati è lo studio di architettura fondato nel 2000 da Filippo Pagliani e Michele Rossi a Milano. La redazione ha incontrato i due architetti per parlare della loro carriera e del loro punto di vista sulla produzione architettonica in Italia.
Qual è stato il progetto più stimolante che avete realizzato durante la vostra carriera e perché?
Per motivi diversi e per tipologie possiamo parlare di vari progetti.
Il progetto che ha rappresentato un salto di qualità e di scala sono stati gli Headquartes Salewa a Bolzano, un’esperienza intensissima di cinque anni, di grande soddisfazione perché ci ha permesso di toccare veramente tutte le scale del progetto dal dettaglio alla scala urbana con grande qualità. Il risultato del progetto è visibile oggi, è diventato un punto di riferimento non solo costruttivo ma anche come vero polo di interscambio sociale e di trasformazione di un’area che aveva fino a questo momento una vocazione prevalentemente industriale. Salewa ci ha aperto nuove possibilità e i progetti più recenti di Nestlè ad esempio ne sono l’esempio più concreto.
Un ambito interessante in grande evoluzione e sul quale siamo sempre più coinvolti è la ristrutturazione e recupero di manufatti costruiti tra la fine degli anni ‘50 e la fine degli anni ’70; sta diventando sempre di più un tema ricorrente, soprattutto in ambito milanese, perché ricco di esempi che necessitano ormai, per naturale invecchiamento, di una radicale rivisitazione in termini funzionali ed energetici.
Gli esempi più recenti sono la Serenissima di via Turati (dei fratelli Soncini), Gioiaotto in via Melchiorre Gioia (di Marco Zanuso), e l’edificio di piazza della Repubblica (di Gigi Ghò).
Un progetto al quale siamo particolarmente affezionati è sicuramente il Cube, un atto di coraggio, da parte di tutti gli attori, un progetto di grande energia evocativa, un gesto di libertà espressiva e di freschezza comunicativa: solo il senso di temporaneità nel suo utilizzo lo rende un progetto unico e ormai, per il momento storico, quasi irripetibile.
Cosa ne pensate della situazione dell'architettura contemporanea in Italia?
Lo scambio di opinioni tra colleghi che operano in tutte le regioni italiane ci porterebbe a dire che oggi esiste una frattura netta tra attività del nord e centro-sud. Se nel primo caso, nonostante un rallentamento complessivo, esiste ancora una macchina propulsiva che traina il mondo della progettazione e costruzione, al centro-sud sembrerebbe che il motore si sia veramente inceppato e il sistema non produca nulla sia in ambito privato che pubblico. Nonostante questo crediamo che i segnali per una riscossa del mondo della costruzione ci possa sempre essere, il sistema è riuscito a tenere in questi anni per quanto riguarda l’aggiornamento delle tecniche costruttive e dell’evoluzione dei materiali, la progettazione italiana in un mondo di totale globalizzazione è riuscita a mantenersi ben ancorata alla realtà internazionale, eprimendo, quando ne ha avuto l’opportunità, degli ottimi risultati.
Esistono poi processi legati agli edifici storici che sta generando un immenso settore di nuovi interventi, quello del già citato mondo del recupero di edifici degli anni ’50 in poi.
Milano, soprattutto a causa dell'Expo, sta subendo profondi mutamenti, qual è la vostra opinione rispetto ai cambiamenti di carattere architettonico e urbanistico in corso?
Ad oggi, l’effetto volano di un evento come l’Expo tarda a farsi sentire, e lascia sgomenti se si pensa al poco tempo rimasto.
Siamo molto critici per come è stata gestita la macchina, se si pensa soprattutto ad eventi paragonabili (Olimpiadi Londra, Expo Shanghai) dove ad un anno dall’inaugurazione il tessuto era già ampiamente costruito e strutturato; come al solito in Italia, in situazioni come queste, si aspetta fino all’ultimo per far credere di stupire con effetti speciali e creare situazioni di pura facciata, senza pensare all’opportunità di modificare la struttura del territorio, proprio in un’ottica di adeguamento territoriale, l’unica cosa che potrebbe dare a queste occasioni, la forza di segnare in modo definitivo e radicale il tessuto urbano.
Non crediamo perciò che ad oggi la trasformazione in atto di una città come Milano sia da imputare all’evento Expo, quello che vediamo oggi sono processi che partono da molto più lontano e che vedono il loro compimento dopo un lungo processo di gestazione, Expo per ora è un discorso isolato, per come lo possiamo vedere oggi, sarà un’isola felice in grado di fare crescere la città in un periodo molto circoscritto, esattamente come siamo abituati a vedere muoversi la città ogni anno durante eventi unici e straordinari come il Salone del Mobile.
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