09/08/2013 - Lo studio OBR Open Building Research è fondato nel 2000 dagli architetti Paolo Brescia e Tommaso Principi, che lavoravano assieme presso lo studio di Renzo Piano. La linea di ricerca dello studio è orientata sull’analisi dell’abitare contemporaneo, caratterizzata dal particolare interesse per i programmi a valenza sociale nei Paesi in via di sviluppo.
OBR ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti, tra cui l’AR Awards honourable mention for Emerging Architecture al RIBA Royal Institute of British Architects di Londra (2007), l’Urbanpromo indetto dall’INU Istituto Nazionale Urbanistica alla 11° Biennale di Venezia (2008), la menzione d’onore alla Medaglia d’Oro all’Architettura Italiana alla Triennale di Milano (2009), il premio In/Arch e Ance per la migliore opera realizzata in Italia da giovane architetto (2011), il Leaf Leading European Architect Forum Award di Londra (2011), il Green Good Design Award di Chicago (2012) e il premio Ad’A per l’architettura italiana.
La Redazione di Archiportale ha rivolto alcune domande ai due scoi fondatori, che hanno raccontato del loro approccio sperimentale, della loro idea di sostenibilità e del futuro dell’abitare.
Quali sono le chiavi di successo di uno studio giovane come il vostro, già molto noto a livello nazionale e internazionale, insignito di numerosi riconoscimenti? Quale l’approccio al progetto dello studio OBR?
Il percorso è ancora molto lungo. Siamo interessati più al processo che alle specializzazioni e ai tecnicismi, a favore di un approccio aperto, sperimentale. Lavoriamo da sempre in Team, ibridando saperi diversi, ma uniti dalla stessa visione. Crediamo che il design oggi sia definito sempre di più dalla sovrapposizione di diverse strategie, ma con la condivisione degli stessi valori.
Come si delinea lo scenario futuro dell’abitare?
Stiamo investigando come l’abitare possa affrancarsi dal domicilio, recuperando il tratto fondamentale dell’abitare che è l’"aver cura". Ciò avviene nel momento in cui l’abitante può “praticare” il proprio abitare, interagendo direttamente con l’ambiente e la comunità. E’ come viviamo che determina l’abitare, non come abitiamo che determina il vivere. In un'era in cui lavoriamo a casa e viviamo in ufficio, l'abitare rimanda alla stessa relazione simbiotica che si crea tra il giardino e il proprio giardiniere: se è vero che il giardino è in quanto "curato" dal suo giardiniere, allo stesso modo è anche vero che il giardiniere è in quanto "trattenuto" nel tempo e nello spazio dal suo giardino. In pratica giardino (abitazione) e giardiniere (abitante) sono inscindibilmente legati reciprocamente.
Ci dareste qualche anticipazione su progetti futuri o attualmente in corso di realizzazione?
Stiamo lavorando contestualmente su alcuni progetti in India e Ghana. In entrambi i casi siamo stati coinvolti in programmi urbani a forte sviluppo, in cui cerchiamo - attraverso l'architettura - di promuovere il senso della comunità e le identità culturali individuali.
Architettura sostenibile: una priorità, una responsabilità, una moda per gli architetti di oggi?
Diremmo un pre-condizione. Ogni azione progettuale produce effetti allargati rispetto all'ambito fisico e temporale del progetto. Oltre alla sostenibilità ambientale, quella sociale dovrebbe essere alla base del fare architettura, anche se, come sosteneva Michel Foucault, l'architettura può produrre dei benefici se avviene la coincidenza tra la volontà liberatoria da parte dell'architetto e la reale pratica della libertà da parte delle persone.
Hope City, Accra – OBR, Paolo Brescia e Tommaso Principi
Kaylan Mart, Jaipur – OBR, Paolo Brescia e Tommaso Principi

Royal Ensign, Jaipur – OBR, Paolo Brescia e Tommaso Principi

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