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Nendo racconta come nasce la famiglia 'Peg'
L'oggetto 'modernamente elastico' disegnato per Cappellini
Autore: valentina ieva
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Cosa c’è da aspettarsi dall’incontro fra l’affermato imprenditore e architetto Giulio Cappellini, art director dell’omonima azienda, e il giovane designer giapponese Nendo?

Il designer, originario del Canada e trapiantato a Tokyo, lo spiega così: “Giulio Cappellini è come un padre italiano per me. Il nostro primo incontro risale al 2003, in occasione dell’esposizione del Salone Satellite, al quale partecipavo come studente. Poco tempo dopo sono stato invitato a collaborare con lo studio Cappellini e da lì è nato uno dei mei primi prodotti, Ribbon Steel; da allora abbiamo presentato assieme ogni anno uno o due pezzi nuovi e sono davvero onorato di questa collaborazione”.

 

Il sodalizio di oltre dieci anni si rinnova al Salone 2014 con l’ampliamento della collezione Peg. Dalla poltroncina Peg presentata ad aprile 2013, nata dall’idea di una superficie unica curvata e penetrata dalle gambe in massello di frassino, è stata prodotta un’intera famiglia di sedute formata da divano a due posti, divano a tre posti e chaise-longue con bracciolo destro o sinistro, caratterizzata da linee morbide ed elementi sinuosi.

Della collezione fanno parte anche i tavoli bassi, gli specchi ed una collezione di letti con testata imbottita. L’immagine a cui questa famiglia di arredi si ispira è quella di un oggetto modernamente elastico, flessibile, in perfetta armonia con la duttilità che contraddistingue il lavoro dello studio giapponese nell’ambito del design d’interni e dell’arredamento: un lavoro flessibile e versatile come la ‘creta’ che, tradotto in giapponese si pronuncia, appunto, ‘Nendo’.

Per il Salone 2014 Cappellini ha proposto l’inedito allestimento “Cape town”, che ricalca l’atmosfera dei villaggi del sud del mondo, con particolare attenzione alle peculiarità locali di quelle realtà culturali non ancora risucchiate dalla globalizzazione.

Ad animare la scena di “Cape town” sono i colori e le forme di oggetti che ricordano le architetture destrutturate dei piccoli sobborghi, come pure i materiali grezzi e gli esempi variegati di ‘street art’. A definire questa interpretazione, un po’ fuori dagli schemi dell’abitare, una composizione di dieci scatole disposte lungo il perimetro dello stand ad ospitare spazi che variano dalla zona living alla camera da letto, dallo studio alla sala da pranzo.
 























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