25/02/2016 - Palazzo Widmann, edificio veneziano dalla chiara impronta barocca-rococò, conserva ancora oggi lo sfarzo originale del progetto di Baldassarre Longhena, uno dei maggiori esponenti dell'architettura veneziana del seicento, grazie anche alla complessità della sua architettura, alla ricchezza dei suoi apparati ornamentali e agli arredi originali che SCA Studio Costa Architecture ha accuratamente restaurato.
I progettisti ci descrivono così la storia del Palazzo, dalle origini all'esito del loro intervento.
Costruito tra il 1625 ed il 1630 per il mercante Paolo Serotti, il Palazzo è stato di proprietà della famiglia Widmann fino alla fine del XIX secolo, con la morte dell'ultimo discendente veneziano fu acquisito dalla famiglia Foscari, oggi detentrice dell'archivio.
Il principale intervento di trasformazione rispetto all'originario progetto di Baldassarre Longhena è stato effettuato nel 1700 per volontà di Giovanni e Carlo Aurelio Widmann che volevano conferire una maggiore funzionalità all'edificio e un utilizzo più razionale degli spazi abitativi.
L'edifico si compone sostanzialmente di tre corpi accostati attorno ad una piccola corte interna. Il corpo principale, che si affaccia su Rio San Cancian con una tipica facciata veneziana con trifora a tutta altezza al piano nobile, si sviluppa per un'altezza complessiva di cinque piani scanditi dall'alternanza di tre ordini di paraste (dorico-ionico-corinzio) e presenta la consueta alternanza piano nobile – ammezzato.
Al suo interno è ospitato il salone delle feste, caratterizzato da un soffitto a travi lignee a vista. Il secondo corpo dell'edificio affaccia su campo Widmann e su un piccolo campiello privato, presenta anch'esso alcuni elementi di pregio: in corrispondenza del piano nobile è collocata una pentafora comunicante con il poggiolo che perimetra tre dei quattro lati della corte interna. Il terzo corpo, infine, costituisce la chiusura a sud del cortile, delimitandone il lato con una parete ceca. L'organismo architettonico così descritto ruota attorno allo spazio interno della corte privata che, con le finestrature ad arco ed il poggiolo di collegamento esterno, costituisce un vero e proprio trait d'union tra i tre diversi organismi edilizi.
In questa cornice, il progetto di ristrutturazione di palazzo Widmann non ha significato compiere una semplice opera di adeguamento impiantistico di un edificio, che per evidenti ragioni storiche ne è carente, ma è consistito in un ben più complesso piano di riuso, che ha visto da una parte un progetto unitario che rivitalizzasse l'opera architettonica, destinata altrimenti a restare mero fantasma di un'epoca passata, e dall'altra un'opera di restauro filologico degli apparati originali dell'edificio, sia decorativi che architettonici, manomessi nel corso degli anni, che restituisse la riconoscibilità dell'organismo architettonico in ogni sua parte.
Si distinguono principalmente due tipologie di intervento di restauro: una riferita evidentemente agli apparati decorativi e di finitura, soprattutto degli interni, che ha richiesto un'azione specifica e localizzata da parte di maestranze qualificate (affreschi, stucchi e pavimentazioni originali); l'altra legata all'organismo architettonico che ha attuato il recupero di un linguaggio lessicalmente complesso e stratificato, non solo in termini bidimensionali, ma anche e soprattutto tridimensionali e che inevitabilmente ha influito sulla percezione dello spazio condizionandone i modi d'uso.
Quest'ultima in particolare si esprime attraverso il ripristino della scatola prospettica nello spazio interno del salone con la ricostruzione del salone distrutto e nel recupero, all'esterno, dell'immagine della corte privata e del rapporto spazio interno-spazio esterno con il restauro filologico della pentafora a tutt'altezza del prospetto nord-ovest e nel ripristino del poggiolo di collegamento tra i due corpi principali dell'edificio.
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