25/01/2017 - 1987/2017. Tolomeo, la celebre lampada Artemidedisegnata da Michele De Lucchi con Giancarlo Fassina, compie trent’anni. In occasione di questo importante anniversario, Michele de Lucchi racconta com'è nata l’intera famiglia in una speciale intervista realizzata da Gaia Piccarolo per Lighting Fields, la pubblicazione periodica di Artemide sulla cultura della luce, edita da Editoriale Lotus.
Comparsa nel 1987, la Tolomeo è diventata immediatamente un best seller, consolidando un rapporto professionale destinato a durare ancora oggi. Ispirata alle lampade a molla tradizionali come la celebre Naska Loris, la sua sfida era coniugare una forma iconica e “domestica” con tecnologie e materiali innovativi, adattandosi agli usi e agli ambienti più diversi. Oggi è un simbolo riconosciuto di oggetto moderno, diffusa nelle case, negli uffici, negli alberghi, sui tavoli degli architetti, in ambientazioni fotografiche e perfino in scene di cinema. La prima versione da tavolo si è moltiplicata negli anni successivi in una gamma infinita di varianti, delle quali l’ultima è la Tolomeo Micro Gold.
Gaia Piccarolo: Quest’anno la Tolomeo compie trent’anni. Compasso d’Oro nel 1989, è presto diventata un’icona del design e il suo mito sembra intramontabile. Quando fu progettata nel 1986, all’inizio della sua collaborazione con Artemide, era un azzardo spregiudicato nel confrontarsi con la celebre Naska Loris.
Michele De Lucchi: Direi che lo era ancora di più perché in Artemide si confrontava con la Tizio di Sapper, che pochi anni prima aveva ridefinito l’iconografia delle lampade da tavolo. La scelta del meccanismo a molle per la Tolomeo deriva da una ragione molto semplice, e cioè che volevo fare una lampada che funzionasse con le lampadine a incandescenza, non solamente con le alogene. La Tizio non aveva il filo, io invece avevo il problema di fare correre un filo; non volevo che fosse a vista, ma che venisse integrato dentro la lampada. Una volta che c’è un tubicino che nasconde il filo, questo può anche nascondere la molla, quindi ho cercato un meccanismo che fosse tutto integrabile dentro questo tubicino. In realtà il meccanismo è nato osservando i pescatori che pescano con la lenza. Quando un pescatore pesca con la lenza ha sempre bisogno di sostenere la punta della canna, è così ad esempio che funzionano i trabucchi, le antiche macchine da pesca diffuse soprattutto in Puglia, in cui le aste che servono a sostenere la rete sono tenute da una serie di corde. Mi sembrava intelligente che, con un piccolo braccio di leva e un cavo, si potesse sospendere un’asta alla quale attaccare qualche cosa. Quello era il riferimento che avevo in mente quando ho disegnato la Tolomeo.
GP: Il contributo di Ernesto Gismondi e soprattutto di Giancarlo Fassina del centro ricerche Artemide, che ha firmato il progetto insieme a lei, ha giocato un ruolo importante nella messa a punto del prodotto. Ci può raccontare come si è sviluppato il progetto, in quanto tempo e se ci sono state varianti e pentimenti?
MDL: All’inizio, quando disegnavo la Tolomeo, avevo in testa di farla tutta in alluminio. Erano gli anni della Memphis e avevo in testa da una parte l’avanguardia del design con tutti i colori, i decori, i laminati, le superfici lucide, dall’altra parte l’Artemide di Ernesto Gismondi, che mi aveva affidato l’incarico, ma anche la mia collaborazione con Olivetti, che aveva un’impronta seria, produttiva, tecnologica, con la quale non si scherzava. Mi sembrava che la lampada che stavo progettando per Artemide dovesse appartenere più al mondo dell’Olivetti. Dunque avevo fatto un prototipo tutto di alluminio, che però funzionava male. Il progetto è stato fermo per un po’ su questo impasse, fino a quando a Giancarlo Fassina è venuto in mente di sostituire l’alluminio delle pulegge del cavo in acciaio con il nylon. Il nylon non solo eliminava i rumori che si producevano quando l’acciaio scivolava sull’alluminio, ma consentiva di avere il giusto attrito tra metallo e plastica e di conseguenza di ottenere un movimento piacevole e regolare.
Grazie a questo artificio è nata la Tolomeo, che all’epoca non si chiamava ancora così, perché il nome è stato deciso la notte prima che venisse presentata al Salone del Mobile. Ernesto faceva ogni anno una lista di nomi, e Tolomeo ci sembrava il personaggio più adatto a rappresentare la lampada, perché era un astronomo, un matematico, insomma era quello più adatto all’idea di una mentalità scientifica. In una fase successiva ho risolto il problema della forma del paraluce e dello snodo centrale. La testa a vasetto piaceva a tutti, però poneva una serie di problemi. Essendo una forma conica, per sistemare la lampadina orizzontalmente al piano di taglio era necessaria una distorsione della superficie conica, e questo è difficilissimo da risolvere, veniva fuori una cosa difficile da produrre e da stampare.
Alla fine abbiamo deciso invece di lasciare che la lampadina entrasse nella superficie conica ortogonalmente al piano conico anziché al piano di taglio. Quello è un dettaglio che mi ha fatto molto pensare. Molte volte ci si incaponisce nel cercare delle forme senza mettere in discussione gli obiettivi. In quel caso, proprio mettendo in discussione l’obiettivo abbiamo trovato una soluzione molto più semplice e anche più disinvolta, più rilassata. Per lo snodo centrale avevo un altro problema, perché nella prima versione non permetteva di piegare completamente le due braccia della lampada, e così ci toccava fare degli imballaggi molto più grandi e complicati. Nel secondo anno di produzione abbiamo introdotto un gambo al braccetto di leva per permettere la chiusura totale delle braccia. Già dal primo anno di produzione la lampada ha avuto un grandissimo successo, tanto che Artemide ha deciso di investire molto anche sul sistema produttivo. Oggi c’è un’intera fabbrica che lavora solo sulla Tolomeo e che produce più o meno mezzo milione di lampade all’anno.
GP: Naturalmente il sistema produttivo della Tolomeo deve essere abbastanza complesso e flessibile da assorbire la produzione della vastissima gamma di varianti e di modelli che ogni anno vengono lanciati sul mercato. Dalla prima versione da tavolo è nata una famiglia intera di lampade che coprono completamente tutte le necessità di “Task Light”, cioè di lampada specifica per specifiche applicazioni.
MDL: Direi che più che una lampada la Tolomeo è una formula, è una filosofia di prodotto. Una delle doti che ne ha garantito il successo è che ogni suo componente può diventare a sua volta una lampada indipendente, ad esempio la testa da sola, a pinza o appesa al soffitto diventa tante altre lampade. Un grande passo è stato sicuramente quando abbiamo disegnato le teste ad abat-jour, in carta o in tessuto; questa variante l’ha resa più domestica e adattabile ad ambienti diversi. In generale è una lampada che ha una personalità molto adattabile, può essere usata negli uffici ma anche in casa, e questa trasversalità è una delle ragioni del suo successo. È un prodotto che sta benissimo sia negli ambienti tradizionali e classici che negli ambienti innovativi e d’avanguardia. Si presenta in diverse forme, da tavolo, da pavimento, da soffitto, da parete. La si può mettere dappertutto e la si può spostare facilmente.
GP: Senza perdere la riconoscibilità della sua forma iconica, la Tolomeo ha attraversato anche un percorso di evoluzione delle innovazioni tecnologiche nel campo delle soluzioni ottiche, accompagnando i progressi e le trasformazioni delle sorgenti luminose. Quali sono i passaggi più importanti di questa evoluzione e cosa ci riserva il futuro?
MDL: Questo è un argomento importantissimo. Negli ultimi anni la tecnologia della luce si è radicalmente modificata, non è semplicemente stata sostituita la sorgente luminosa, ma è cambiata la maniera di concepire la fonte luminosa. E proprio per questo è sorprendente e quasi miracoloso che la Tolomeo abbia saputo adattarsi a questi cambiamenti. In principio è stata progettata per la lampada a incandescenza tradizionale, ma poi ne abbiamo fatto numerose altre versioni, alogena, a scarica, con la lampada a basso consumo energetico, fluorescente a dita lunghe, ecc. Man mano che ucivano delle sorgenti luminose che ci sembrava potessero avere un significato, cercavamo di adattare la testa della lampada alla nuova sorgente.
L’ultima è sicuramente la lampada a LED, che produce una luce molto concentrata e diretta, per cui abbiamo faticato un po’ a trovare un diffusore che distribuisse correttamente la luce. La recente evoluzione delle lampade a LED consente tra l’altro di ottenere molte declinazioni della luce bianca nelle sue varie temperature di colore. Vent’anni fa il colore della luce non veniva neanche preso in considerazione, mentre oggi è diventato fondamentale. La qualità ambientale è sempre più al centro della nostra attenzione, diventiamo sempre più consapevoli della sua importanza, e la luce, insieme al suono, ne è l’elemento fondamentale. Con Artemide stiamo studiando molto intorno alla possibilità di coniugare la qualità luminosa e la qualità acustica dell’ambiente. Carlotta mi chiede spesso di disegnare una nuova Tolomeo, ma oggi si lavora sulle lampade in maniera molto diversa, con i LED non si disegna più una lampada partendo dalla lampadina, ma si parte piuttosto dall’effetto luminoso nello spazio. Non è più sufficiente un’unica lampadina sistemata al centro di una stanza, ma ci vogliono tante luci che costituiscono un insieme di atmosfera e funzionalità.
GP: Le sorgenti di luce cambiano e cambia il modo di progettare e concepire l’ambiente luminoso, ma la Tolomeo resiste come oggetto proprio per la sua forma. L’impressione è che in questa lampada la tecnologia e l’ingegnerizzazione quasi scompaiano a vantaggio dell’estrema immediatezza e semplicità dell’oggetto.
MDL: Credo che la lampada sia in assoluto l’oggetto che meglio combina il progresso della tecnologia con lo stile di vita, con l’idea che ogni epoca ha di un ambiente adatto alla vita. La lampada, per lo meno per me, è l’oggetto più bello da disegnare, perché mette insieme la sensibilità per l’uomo contemporaneo con il tema dell’oggetto e del suo valore simbolico. Ogni tanto dimentichiamo che le lampade esistono anche quando sono spente, e invece è importante ricordarlo. Quando disegniamo degli oggetti, dalle sedie, alle lampade, ai bicchieri, siamo sempre legati alla loro funzione, ma dimentichiamo il loro significato simbolico all’interno dello spazio. Io in questo momento ho di fronte a me sette sedie non utilizzate. Sono sette sedie dove non c’è nessuno seduto sopra, ma che hanno valore per la loro presenza di fronte a me. Non sono importanti soltanto perché sono comode, ma per il loro significato all’interno di un certo spazio.
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