07/03/2017 - Il progetto di Filippo Bricolo (Bricolo Falsarella Associati) per il Museo di Castelvecchio riguarda il recupero della parte centrale dell’Ala Est lasciata incompiuta da Carlo Scarpa nel suo magistrale restauro del 1964. Fulcro dell’intervento è la nuova Sala del Mosaico, disegnata per ospitare un grande frammento di una pavimentazione romana proveniente da una domus del II secolo d.C. rinvenuta nella piazzetta posta sul lato est del castello, tra l’antica Via Postumia e l’Adige.
La nuova sala espositiva è collegata al cortile principale del castello attraverso un alto spazio di accesso che funge da ingresso anche a Sala Boggian, ovvero uno spazio per mostre e conferenze posto al primo piano e raggiungibile attraverso un imponente scalone.
Un grande e sottilissimo pannello in ferro risolve la doppia natura dell’androne determinando un necessario filtro verso la nuova Sala del Mosaico e indicando, allo stesso tempo, il percorso che conduce alla sala posta al piano superiore.
Il pannello sembra sfiorare il pavimento ed i gradini della scala e reca, strategicamente, due incisioni orizzontali sui lati opposti suggerendo, così, le due diverse direzioni. Sopra le incisioni si trovano le scritte: “Sala Mosaico” e “Sala Boggian” realizzate rielaborando e realizzando in ferro le fonts ideate da Scarpa - ma mai realizzate - per l’ingresso della sala da concerti.
In secondo piano, rispetto al pannello, si trova un portale formato da quattro profonde lamiere in ferro nero spesse 10 mm. Due lamiere sono poste sui lati verticali, una è posata a pavimento ed un’altra è sospesa a formare un cielino.
Il portale ha il ruolo di determinare un piccolo rituale di accesso alla Sala del Mosaico, necessario per creare un gradiente emotivo tra l’androne di ingresso e lo spazio prettamente espositivo. Le lamiere sono state inserite nel grande varco esistente sfiorando le pareti laterali e ponendosi in posizione ribassata rispetto all’arco superiore.
A livello luministico, il portale sfrutta le caratteristiche di riflettanza del ferro nero per determinare un dialogo tra i due spazi. Stando nell’androne, il fianco visibile del portale riflette le calde luci della Sala del Mosaico specchiandole verso lo spazio di accesso.
Il ferro evidenzia il mutare delle luci nelle diverse ore del giorno fino al loro repentino scaldarsi con il sopraggiungere dell’imbrunire. Stando nella Sala del Mosaico, lo stesso fianco verticale specchia le luci ed i colori del cortile del Museo dentro la Sala del Mosaico. Il portale, in questo modo, si propone come una cerniera di riflessi. Questa nuova soglia diventa un espediente narrativo che divide ma unisce, che anticipa ma rallenta, che distanzia ma invita al passaggio.
Entrati nella nuova sala espositiva, il grande mosaico sembra levitare nella generosa spazialità esistente. La sala è caratterizzata da alte pareti realizzate con mattoni. I mattoni sono stati lasciati volutamente a vista senza modificare e cancellare la patina del tempo. In questo modo si viene a determinare un dialogo tra le murature e l’antica matericità del pavimento romano. In pianta, il mosaico è inserito diagonalmente nello spazio in modo da poter essere visto nella sua interezza dall’interno della Sala. Questa collocazione consente, inoltre, di apprezzare la vista del mosaico anche dall’esterno del Castello. Tale visione, infatti, è permessa dall’unico intervento realizzato da Scarpa in questi spazi: un sistema di porte composto da una grande vetrata ed una bussola in legno bruciato che collegano il Museo alla piazzetta dell’Arco dei Gavi (qui traslato nel 1932 dalla sua posizione originale nella vicina Via Postumia).
In questa piazzetta sono stati rinvenuti la domus romana ed il mosaico stesso.
Attraverso questa connessione visiva e fisica, il progetto di Filippo Bricolo ridona senso all’intervento scarpiano ed innesca un fortissimo ed importante legame tra il luogo di rinvenimento del mosaico ed il luogo della sua custodia ed esposizione all’interno del Museo di Castelvecchio.
Al fine di evidenziare poeticamente la sua natura di frammento, il mosaico è stato esposto senza apporre nuove cornici al suo contorno. L’andamento irregolare dei bordi dialoga, così, con lo spazio della sala che è stato lasciato opportunamente in penombra. Questa scelta di natura evocativa sembra dare voce e presenza alle parti mancanti della pavimentazione non pervenute fino a noi.
L’allestimento è totalmente reversibile ed il mosaico, in futuro, potrà essere spostato. Dopo lo spostamento lo spazio si presenterà come se l’intervento di allestimento non fosse mai stato realizzato.
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