15/09/2017 - “Aura" è il titolo dell’intervento site specific di Edoardo Tresoldi aperto al pubblico dal 6 settembre al 22 ottobre a Parigi, negli spazi del prestigioso Le Bon Marché Rive Gauche, dove negli ultimi anni hanno esposto Tadao Ando, Ai Weiwei e Chiharu Shiota.
Ispirato dai palazzi rinascimentali e dal Neoclassicismo, l’artista italiano ha sviluppato una riflessione sul passaggio del tempo e la trasformazione della materia, dal classicismo delle forme alla contemporaneità dei contenuti, attraverso il concetto di architettura in rovina. Una suggestione declinata nella realizzazione di due cupole, una in rete metallica e l'altra in lamiera ondulata, materiale utilizzato per la prima volta in questa occasione.
L’allestimento delle due architetture effimere alte otto metri, sospese ai maestosi soffitti in vetro progettati da Gustave Eiffel, ha richiesto cinque notti di lavoro.
La ricerca artistica di Tresoldi prosegue nella mostra parigina arricchendosi di ulteriori sfumature: a differenza del giardino assoluto di Archetipo, realizzato ad Abu Dhabi, il rapporto tra uomo e architettura viene qui svelato attraverso l’imperfezione, in un equilibrio temporaneo tra passato e futuro.
Frammenti del passato e parte integrante dell’immaginario occidentale, in bilico tra forma e antiforma, le rovine sono intrise di ciò che Walter Benjamin ha definito ‘Aura’, “l’apparizione irripetibile di una lontananza”, la forza magica e soprannaturale che sprigiona dalla loro unicità.
Rovine contemporanee: il dittico
Le due eleganti installazioni, dalla forma quasi identica, ma di diversi materiali e fisicità, incarnano due ambiti diversi della storia dell’architettura.
L’opera in rete metallica si riferisce all’anima della forma, all’eterea dimensione di un altro mondo. La sua estetica sottrattiva, espressa attraverso la leggerezza e l’evocazione dell’assenza, richiama lo spiritualismo del nulla, la nostalgia per ciò che è sparito.
Quella in lamiera ondulata è, invece, un relitto organico, un guscio vuoto. Come un nido abbandonato, testimonia una vita volata altrove; si riferisce alla dimensione terrena, e racconta lo scorrere del tempo. Assaltata dall’erosione degli eventi, rappresenta il ritorno dell’architettura alla natura, ponendosi come elegia della caducità della materia.
Le due opere esprimono una dicotomia ma sono, allo stesso tempo, in compenetrazione e dialogo costante. Entrambe diventano pura essenza strutturale e narrano una dimensione spazio-temporale che non appartiene al presente, evocata attraverso la decomposizione delle forme e l’uso di materiali industriali.
“Aura" è parte dell’intero DNA dell’architettura: ne ricompone l’identità attraverso un processo di decostruzione.
Sospese nelle grandi hall di Le Bon Marché, le due opere sono, nelle parole dell’artista “come relitti esposti in un museo di storia naturale del 18simo secolo. Osservandoli, i visitatori ripercorrono la storia dell’architettura attraverso i suoi componenti.”
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