15/12/2017 - Si è svolta lo scorso 20 ottobre l'inaugurazione del NOI Techpark, il parco tecnologico di Bolzano, progettato da cleaa - Claudio Lucchin & Architetti Associati e Chapman Taylor.
NOI Techpark è sorto sull’area di 120 mila metri quadrati un tempo occupata dall'Ex Alumix e concentra in un unico spazio l’energia innovativa e l’attività di ricerca del territorio, genera know-how altamente specializzato, connette tra di loro le menti più brillanti e diventa così un vero e proprio motore per lo sviluppo economico dell’Alto Adige.
NOI Techpark ha il ruolo chiave di centro d’innovazione, capace di connettere imprese di piccole e grandi dimensioni con start-up e istituti codi ricerca, offrendo spazio alla ricerca più avanzata e alle imprese più innovative. L’attenzione è rivolta principalmente agli ambiti d’eccellenza in cui l’Alto Adige è già all’avanguardia a livello internazionale: Tecnologie alpine, Energie rinnovabili ed efficienza energetica, Tecnologie alimentari e ICT & Automation. In questi ambiti, ricercatori, studenti e imprese lavorano a stretto contatto per dare vita a soluzioni innovative. A tal fine, il NOI Techpark mette loro a disposizione laboratori e officine attrezzati in base agli standard più avanzati.
“Caratteristica principale del progetto realizzato” come si legge nella descrizione del progetto di cleaa “è la volontà di pensare a un intervento che nel rispetto del contesto archeologico industriale, non rinunci alla necessità di progettare un nuovo complesso che segni anche visivamente la nuova e innovativa funzione.
L’Istituto per le Tecnologie Innovative si allunga sull’intero lotto come un vascello futuristico che rimanda all’idea di libertà e nel quale il ciclo produttivo, pesantemente ancorato all’idea classica di "fabbrica", si fa immateriale e astratto e trova rifugio nella prua sospesa sull’esistente. Un’arca del "Nuovo", dunque, della sperimentazione e della ricerca tecnica incagliata tra antichi edifici che, in un passato non troppo lontano, hanno avuto la medesima funzione. Esso appare come una sorta di Monolito di kubrickiana memoria riverso al suolo e quasi conficcato con veemenza tra le costruzioni esistenti. è un ponte ideale, elemento di transizione, attraverso l’uomo esperiente (i laboratori), tra il primitivo (metaforicamente rappresentato dalle officine, legate ad una manualità che ap-partiene al passato) e l’uomo evoluto (la punta sospesa e proiettata verso un sapere superiore). L’edificio può essere letto anche come "Arca dell’Alleanza" tra uomo e tecnologia, tra tra-dizione e innovazione, tra pragmatismo (officine) e empirismo (laboratori), tra idealità dell’architettura e concretezza della produzione industriale. Tali concetti si compiono tridi-mensionalmente in un edificio lineare e puro, essenziale e pulito, in un parallelepipedo nero tagliato all’estremità in un gesto ambizioso che lo fa svettare verso l’alto. La struttura implode in se stessa aprendosi alla luce esclusivamente attraverso le corti interne, com-pletamente vetrate, il cui impalpabile tessuto penetra l’inflessibile resistenza del terreno; unica concessione verso l’esterno è data da sottili tagli praticati nella scura pelle in fibra di carbonio e schermati da una griglia compatta eppure trasparente, tale da non scalfire la densa solidità del Monolito”.
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