13/03/2018 - “La cartolina è un fermo-immagine, di viaggio, di luogo, di vita, di movimento. Scelta con cura si lascia osservare e meditare. È una rappresentazione interposta, una soglia, tra la visione e il vissuto. Questo è il ridisegno di un podere, una cartolina dall’Etruria Meridionale. È qui che siamo immersi, in un terreno di circa diecimila metri quadri, impregnati di storia”. Esordisce così Nicola Auciello di na3 nel descrivere il suo progetto del Podere a Cerveteri.
“Il collegamento tra le immagini dell’architettura e quelle di una camera cinematografica in movimento mi è spesso naturale (in anglosassone 'camera' vuol dire cinepresa, esatta metafora di 'stanza con vista'): entrambe le scritture partono da un foglio o un telo bianco, l’azione e il movimento sono intrinsechi, ma successivi.
Le case narrano avvenimenti di andirivieni, in crescendo, che intensificandosi si snodano e a volte si dissipano.
Questo è un lavoro per una famiglia di cinque persone che ingloba una visione del passato, del presente e del futuro. Tutt’assieme. Un viaggio che coinvolge in profondità e interpella il senso di casa, di consuetudini, di appartenenza e di identità culturale. Qui possiamo davvero viaggiare.
Questa casa stessa, di 250 mq, è fatta di strati, di visuali, di attraversamenti, aperture e chiusure che sono i 'viaggi dell’abitare'. La casa si muove. Proiectus vuol dire andare oltre. Ma per andare oltre è necessario tornare indietro. Il rewind dunque è obbligatorio.
Punto di partenza è stato riavvolgere la bobina, tracciando una mappa del passato, rivisitando luoghi noti e meno del paesaggio, lasciati, trovati, disgiunti e uniti poi riproiettati in avanti . Disegnare una casa tramite gli stessi tracciati, legati ad una storia e cartografia locale è possibile? Può un interno, come una vitis vinifera, aver assorbito la sua forza e il suo essere dal terreno su cui poggia? SI.
Questo interno riporta le forme basiche - la capanna - e i colori primari di un popolo: il rosso, che emerge da terra, l’ocra, il celeste polvere e il nero, lasciati liberamente nell’attraversare ogni spazio con prospettive, viste e inquadrature. Perché gli interni sono una faccenda dei sensi, essi non sono ignari del nostro passaggio e gli restituiscono significato”.
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