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12/02/2020 - Il miglior film degli Oscar 2020 è un film coreano, Parasite. Dopo essere risultato vincitore anche all'ultimo Festival di Cannes, delle sei categorie di Oscar in cui è stato nominato, Parasite ha vinto in quattro: miglior sceneggiatura originale, miglior film internazionale, miglior regista e miglior film.
Grazie alla spiccata originalità narrativa del film – opera del regista sudcoreano Bong Joon Ho, questo film fuori dagli schemi – a metà strada tra commedia noir e thriller – utilizza il linguaggio visivo per fare una spietata analisi sociale condita da metafore e suggestioni simboliche.
Una denuncia della lotta di classe vissuta in ambienti dove architettura e scenografia trovano un ottimo punto di incontro e raccontata attraverso la calibrazione magistrale dello spazio in pieni, vuoti, altezze, luci e ombre.
La storia inizia con il tema del divario sociale descritto mediante due famiglie con ugual numero e generi di componenti (padre, madre, figlio e figlia) le cui vite si intrecciano. Una famiglia ricca, i Parks, e una povera, i Kims. I componenti della famiglia Kim sono così scaltri ed intelligente da ingannare la quota benestante del film.
Certo, la storia è raccontata attraverso i dialoghi e la recitazione degli attori, ma uno degli elementi caratterizzanti e distintivi della narrazione è la scenografia che aderisce al contenuto e ai ricchi temi affrontati in Parasite.
I Kim, costretti a vivere in un seminterrato di un quartiere degradato, hanno quell’energia di chiunque cerchi un riscatto. I Park sono invece benestanti, con personale a servizio e vivono nella villa progettata dall’ex proprietario, il grande architetto (di fantasia) Namgoong Hyeonja. Una creazione moderna e minimale in vetro, legno e pietra in cui si svolgono la maggior parte delle scene..un’architettura reale? No! La villa dei Parks così come il seminterrato dei Kims, per quanto progettate nei minimi dettagli, sono in realtà scenografie costruite e non luoghi realmente esistenti così come gli arredi presenti, realizzati su misura per il set.
Tuttavia, il genio dietro la progettazione di questi ambienti è reale e ha un nome: Lee Ha-Jun, il designer di produzione che ha ideato e costruito la notevole visione architettonica teatro dell’azione.“Il concetto generale che penetra nel film è la verticalità, tutti i layer del film esistono in verticale” – dice Lee Ha-Jun durante un'intervista.
Il seminterrato dei Kim è una metafora del loro atteggiamento verso il mondo, riflette realmente la psiche della famiglia Kim: il vivere in bilico tra la possibilità di riscatto e la caduta definitiva, tra la speranza e la paura di cadere ancora più in basso.
La casa dei Parks, se pur con diverso registro visivo – un esempio di architettura dell’alta borghesia, di lusso, elegante – ha lo stesso slancio. Qui le scale (numerose visto che l’abitazione è distribuita su tre livelli) diventano loro stesse luoghi dell’azione.
Ma ad innescare la parte più imprevista della trama di Parasite sarà in realtà la scoperta di un nuovo ambiente, una zona che nessuno pensava potesse esistere..
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