Maddalena Casadei © Filippo Bamberghi
31/03/2020 - Continua il ciclo di appuntamenti sulle riflessioni dei designer durante il lockdown. In questo momento di incertezza e di preoccupazione globale, l'imperativo è unico e solo: #restareacasa. Ma può questo "tempo sospeso" diventare opportunità creativa in un momento dove è salvifico guardare oltre questo tunnel buio, immaginando il futuro del mondo dopo il Coronavirus?
Questa volta a rispondere a questo quesito è Maddalena Casadei, che ci racconta come sta vivendo personalmente il lockdown.
Maddalena, come sta influendo questa situazione sulla tua vita e sul tuo lavoro?
Questa situazione ha completamente stravolto ogni ambito della mia vita, a partire dal lavoro, alle relazioni con gli altri e anche con me stessa. Il mio lavoro e la mia vita sono fatti di scambi, relazioni, confronti quotidiani, che ora sono praticamente svaniti.
Se prima ogni conversazione era inerente alla progettualità ora non si riesce a terminare una conversazione senza toccare il tema virus. Tutto ciò è capitato in un momento dell’anno che per me è solitamente attivo e senza sosta. Quindi sono passata da una continua corsa lavorativa ad uno stop istantaneo!
Come hai organizzato il tuo spazio di lavoro?
Non trovandomi a Milano, quando è stata predisposta l’ordinanza, sono in una situazione dove mi mancano tutte le mie cose, dai libri, agli oggetti, alla varietà di matite penne e colori di cui sono solitamente contornata in studio e a casa. Il mac, un notebook di Muji e una penna Pilot sono gli unici oggetti che mi ero portata con me e sono diventati tutto il mio mondo lavorativo.
Mi sposto dal tavolo al divano al giardino, all’interno di uno spazio delimitato ma che mi permette ancora una relazione con l’esterno senza sentirmi troppo delimitata. Paradossalmente gli unici rumori che percepisco sono i tasti del computer, la moka alla mattina, i pescherecci che attraccano o partono ogni giorno. Per il resto il silenzio è assordante.
Può questo “tempo sospeso' diventare un’opportunità nel mondo del design e della progettazione? Se si, in che modo?
Possiamo dire di avere un sacco di tempo per progettare, ma la verità è che un progetto è il risultato di stimoli, scambi, esperienze e anche endorfina. L’ozio è importante per me ma a bilanciamento di una vita attiva.
Il mondo del design sta subendo dei grandi colpi e la mia speranza è che questa esperienza faccia emergere le vere eccellenze e la vera imprenditorialità che sono sempre state la base delle rinascite italiane. In ogni caso questa quarantena è un’opportunità per fare del design non una professione ma, come disse l’artista ungherese Moholy-Nagy, un’attitudine.
Ci sono nuovi progetti che stanno nascendo in questo particolare momento?
Sicuramente ognuno di noi sta cercando una propria proiezione oltre la quarantena e una maniera sana per ripartire e creare delle situazioni virtuose. Siamo al momento in una fase ancora embrionale ma sono sicura che ci saranno anche delle novità progettuali e culturali di grande rilievo.
Cosa fai quando non lavori?
Non potendo avere una relazione quotidiana con gli amici, la città o la natura, la tecnologia mi aiuta molto. Pertanto sto seguendo corsi di meditazione, pilates e ho iniziato un corso di francese. Avendo iniziato da poco a insegnare ad Ecal, dove tutti parlano la lingua, mi era venuta voglia di impararle il francese prima di questo periodo di reclusione e così ora ne approfitto!
Hai dei suggerimenti da dare a colleghi e non?
Suggerimenti non direi, magari solo una condivisione. La sensazione di avere tanto tempo a disposizione, come mai forse prima, ci apre le porte per approfondire interessi, curiosità e cultura, ma per farlo serve una buona dose di equilibrio mentale personale.
In tutto ciò che facciamo siamo soli e questa solitudine può diventare un vuoto infinito che solo la vicinanza umana può colmare. Spero quindi che questa mancanza porti ognuno di noi a una maggiore attenzione e considerazione dell’altro ora e dopo.
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