24/04/2020 - Continua il ciclo di appuntamenti sulle riflessioni dei designer durante il lockdown. In questo momento di incertezza e di preoccupazione globale, l'imperativo è unico e solo: #restareacasa. Ma può questo "tempo sospeso" diventare opportunità creativa in un momento dove è salvifico guardare oltre questo tunnel buio, immaginando il futuro del mondo dopo il Coronavirus?
Questa volta a rispondere al quesito è Diego Grandi, che ci racconta come sta vivendo personalmente il lockdown.
Diego, come sta influendo questa situazione sulla tua vita e sul tuo lavoro? Come per molti altri, vita e lavoro si sono spostati dal fisico al virtuale: smart working, film in streaming, lezioni online, in maniera repentina le abitudini di vita hanno subito una traslazione importante verso un’alternativa tecnologia. Anche io, ad esempio, ho sostituito la mia routine di attività fisica con un lezioni via Instagram. Rimanendo però fedele alla mia camminata intorno casa per le spese di prima necessità, tra cui il tabacco (che cerco di dosare).
Come hai organizzato il tuo spazio di lavoro?
Lo spazio di lavoro si è trasferito dallo studio alla casa, andando ad occupare ed ibridare gli spazi quotidiani del mio privato: il balcone della camera da letto si trasforma nello sfondo perfetto per una riunione, il corridoio ideale che dalla cucina attraversa il soggiorno arrivando alla camera da letto, diventa l’area deputata a telefonate fiume. Come in un ufficio diffuso, vivo gli spazi e gli oggetti in maniera più libera svincolandomi da alcuni schemi e abitudini domestiche consolidate.
Può questo “tempo sospeso" diventare un’opportunità nel mondo del design e della progettazione? Se si, in che modo?
Ci siamo accorti che lo spazio, come dice Perec, va conquistato, e istintivamente ci siamo ritrovati a sperimentare in casa nuove possibilità di interazione con gli spazi e gli oggetti. Per venire incontro alle nuove esigenze che stanno emergendo abbiamo radicalmente cambiato il modo di vedere le cose e i luoghi mettendoli in una relazione inaspettata. Questa flessibilità spontanea per alcuni e progettuale per altri richiama uno dei principi dell’economia circolare per cui la versatilità, l’adattabilità e la modularità vengono privilegiati in un mondo dove l’incertezza diventa un parametro con cui confrontarsi e sul quale il design dovrebbe investire per un futuro consapevole.
Ci sono nuovi progetti che stanno nascendo in questo particolare momento?
La risposta progettuale più immediata è sicuramente legata alla comunicazione dei prodotti che erano in essere al momento del lockdown e che sarebbero stati presentati al Salone del Mobile. I rapporti con le aziende si sono ovviamente rallentati ma sono rimasti costanti e, assieme a loro, ci si è concentrati sugli strumenti più opportuni e adatti a raccontare il processo di sviluppo e la produzione di questi oggetti.
Cosa fai quando non lavori?
Cucino, passione personale sempre esistita ma a cui posso dedicare più tempo visto il lockdown. Sono sempre stato affascinato dalla storia del cibo, della sua tradizione e delle interpretazioni subite nel corso del tempo. Mi lancio quindi in sperimentazioni culinarie basate su materie disponibili, esecuzione rigorosa e una attitudine vagamente dadaista nel accostamento degli ingredienti.
Hai dei suggerimenti da dare a colleghi e non?
Coltivare le relazioni personali, anche solo in via digitale: telefonare a qualcuno che, senza un vero motivo apparente, non si sente da molto tempo. Probabilmente questa è l’occasione giusta per scorrere con più attenzione la rubrica del cellulare o quella cartacea
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