17/08/2020 - Ricorre quest'anno il 25° anniversario del centro ACROS di Fukuoka (Giappone) progettato dall’architetto argentino Emilio Ambasz. Un edificio di 100.000mq in centro città che ha restituito alla comunità il terreno su cui sorge, dando vita alla prima grande opera architettonica in simbiosi con la natura, divenuta esempio e modello di ispirazione diffuso nel mondo.
Il poderoso edificio firmato da Emilio Ambasz – le cui immagini continuano a fare il giro del mondo – è frutto di una ricerca e una visione innovative iniziate quarant’anni fa. Un’intuizione che ha profondamente influenzato il mondo del progetto in ogni latitudine del pianeta, ispirando e aprendo la strada a una nuova architettura basata sulla convivenza tra architettura e natura.
Il progetto, che si è aggiudicato il prestigiosissimo American Institute of Architects’ Business week/Architectural Record Award e il primo premio dell’Istituto giapponese di Architettura, si basa sul concetto del ‘verde sopra il grigio’ ed è frutto della volontà dell’architetto di restituire alla comunità tutto il terreno su cui sorge l’edificio.
I 14 grandi giardini terrazzati che caratterizzano la struttura, ritmati da vasche e corsi d’acqua – nonché il belvedere panoramico sul tetto che offre una vista mozzafiato sul porto e i dintorni della città - sono, infatti, aperti al pubblico, così come il terreno antistante: “L’edificio – afferma Ambasz – è al centro di una città che aveva una piazza di 2 ettari e che ha ancora una piazza di 2 ettari”.
Si tratta di un’opera che ha fortemente suggestionato alcuni dei più noti nomi dell’architettura contemporanea, da Renzo Piano a Jean Nouvel, a Tadao Ando che a proposito dell’ACROS di Fuokuoka ha affermato: “Credo che non vi sia alcun precedente in cui la natura domini la creazione architettonica con tale potere e fascino […] Emilio Ambasz ci ha insegnato a vedere una dimensione in cui la natura e l’architettura sono inseparabili, un reame che va dalla natura creata da Dio a quella forgiata dall’uomo”.
Il centro ACROS – acronimo di Asian CrossRoad Over the Sea - secondo Ambasz è la dimostrazione che “il concetto dominante per cui ‘le città sono per gli edifici e le periferie sono per i parchi’ è un errore. È scontato relegare il verde nella periferia lasciando il grigio in città: è un’idea che manca totalmente di immaginazione”: all’interno di centri urbani ad alta intensità abitativa si possono conciliare gli interessi della committenza, il bisogno di nuove costruzioni e la necessità di spazi verdi aperti e pubblici.
ACROS è andato addirittura oltre, permettendo a una grande struttura urbana di esistere in modo simbiotico con l’inestimabile risorsa di spazio pubblico aperto. Una simbiosi certificata anche da un’indagine di misurazione dell’ambiente termico condotta da Takenaka Corporation, Kyushu University e Nippon Institute of Technology, secondo cui la realizzazione di Ambasz contribuisce in modo significativo all’abbattimento dell’isola di calore circostante, contribuisce alla riduzione del consumo di energia, di emissioni di CO2, e garantisce nelle stagioni calde una differenza di 15° C tra l’esterno e l’interno della prodigiosa piramide.
Un interno che si sviluppa su oltre 97mila mq di spazi polivalenti con sala espositiva, museo, teatro da 2000 posti, aule congressi, uffici governativi e privati, centro informazione culturale per turisti, spazi commerciali e 4 livelli sottoterra, facendone un vero e proprio punto di riferimento per la cittadinanza e i visitatori.
“Per costruire un palazzo che salvaguardi l’ambiente – sottolinea Ambasz - ci vuole tecnologia, ma per fare Architettura con la A maiuscola ci vuole Arte. Non si devono mai confondere, infatti, le acrobazie tecnologiche d’un palazzo che rispetta l’ambiente e risparmia energia con i sentimenti che suscita un’opera d’architettura che muove il cuore. Se c'è una forza nelle mie idee architettoniche, deriva dal fatto che credo che l'architettura debba essere non solo pragmatica, ma anche muovere il cuore. Proposito di Ambasz è progettare edifici che “cantino con voce forte ma con bocca chiusa”.
Emilio Ambasz, profeta, poeta e pioniere della green architecture sin dagli anni Settanta, ancora oggi è un punto di riferimento per il suo pensiero innovativo, portatore di un patto di ricucitura tra natura e costruito: “Ogni costruzione costituisce un’intrusione nel regno vegetale, ed è una sfida alla natura: dobbiamo concepire un'architettura che si erge come l'incarnazione di un patto di riconciliazione tra natura e costruzione, progettare edifici così intrinsecamente legati al paesaggio circostante che è impossibile che si disimpegnino l'uno dall'altro”.
Portatore di un messaggio che concilia “tecnologia e primitivismo” (Terence Riley, già direttore del dipartimento Architettura e Design – MoMA, NY), “creatore di sofisticati paradisi terrestri” (A. Mendini), ancora oggi continua la sua ricerca poetica in cui naturale e artificiale si fondono e confondono: “è un obbligo etico: dimostrare che è possibile un altro futuro. Affermare un diverso modello di vita per non perpetuare il presente”.
Fortissimo il legame con l’Italia, testimoniato da una grande attenzione editoriale, premi e riconoscimenti ottenuti, nonché dall’assegnazione, nel 2014, della “Stella al merito della Repubblica italiana” concessa dal presidente Giorgio Napolitano.
Emilio Ambasz, oltre a soggiornare spesso nel Belpaese, ha partecipato a diverse Biennali di Architettura a Venezia, e, tra le varie, ha progettato l’edificio della Fondazione Banca degli Occhi (VE), l’Ospedale di Mestre, riconosciuto come il primo ‘giardino della salute’, e il primo giardinobosco verticale (1998) per la sede ENI a Roma.
All’inaugurazione del centro ACROS di Fukuoka, ormai landmark della città, c’erano 76 varietà vegetali e 37.000 piante. Il previsto sviluppo naturale della piramide verde, spinto dalla forza della biodiversità, fa sì che oggi si contino 120 varietà e 50.000 piante.
Antesignano delle più recenti architetture verdi e ispiratore della loro attuale fortuna, Emilio Ambasz afferma che “Vedere molti altri utilizzare la materia vegetale nei loro progetti mi fa capire che la mia missione sta cominciando a dare i suoi frutti. Udire alcuni di loro affermare la paternità di queste idee mi fa sentire come un personaggio mitologico, ma so che è solo il caso di un destino freudiano annunciato”.
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