02/09/2020 - Attorno al Binario 21 della Stazione Centrale di Milano, luogo simbolo della Shoah in Italia, si sviluppa il progetto del Memoriale della Shoah, il cui progetto porta la firma di Morpurgo de Curtis Architetti Associati_Guido Morpurgo, Annalisa de Curtis.
La geografia delle connessioni che lega la Stazione Centrale di Milano all’arcipelago delle stazioni ferroviarie europee è sostanzialmente infinita. Ma esiste anche una rete di connessioni implicita, effettiva e al contempo “invisibile”, che lega per sempre questa architettura-infrastruttura alla geografia delle deportazioni europee verso i campi di sterminio, di concentramento e di smistamento nazifascisti, che da qui si sono succedute dalla fine del 1943 all’inizio del 1945.
La Stazione Centrale di Milano è forse oggi l’unica infrastruttura ferroviaria sopravvissuta alle distruzioni, alle alterazioni irreversibili e alle cancellazioni succedutesi nei vari scali ferroviari europei urbani, dal secondo dopoguerra fino ad oggi, di cui, solo in alcuni casi, permangono tracce.
Il progetto del Memoriale della Shoah di Milano, luogo di consapevolezza e identità collettiva, muove dall’idea di sottrarre questa stazione nascosta, utilizzata per le deportazioni, dalla rimozione socio-culturale a cui è stata soggetta per sessant’anni.
L’obiettivo è rifondare in un luogo della Shoah un laboratorio della memoria non limitato all’informazione e al ricordo delle persecuzioni e dello sterminio - la cui fissità diverrebbe monumento - ma proiettato verso la rielaborazione delle memorie, come terreno di costruzione di cultura e di consapevolezza, di apertura verso il presente.
Nel ventre della Stazione Centrale la coincidenza tra materiali, tecniche costruttive e “tipologia” della sequenza delle campate in lunghezza a sezione variabile, determina una specifica espressività spaziale e architettonica che offre ai visitatori la possibilità di compiere l’esperienza del luogo attraverso una percezione progressiva, di leggere lo spazio come reperto materiale. Questa condizione percettiva deriva da una sorta di palinsesto iconografico che genera specifiche pathosformeln: cristalli di memoria storica.
Il Memoriale è dunque un’architettura-documento, un’infrastruttura- reperto: più che fornire spiegazioni, pone interrogativi che il visitatore come “corpo mobile” può affrontare a partire dall’incontro emozionale col luogo, dalla traduzione psicologica e sensoriale e dalla sua scoperta.
La coincidenza tra tempo, materia e memoria scaturisce dall’interazione tra condizioni “archeologiche” delle strutture, intensità evocativa del rumore e delle vibrazioni prodotte dallo scorrimento dei convogli sul soprastante piazzale dei binari, oltre che dal graduale passaggio dalla luce naturale che attraversa la prima campata, all’oscurità dell’area interna.
Gli interventi progettuali, tutti basati su forme geometriche elementari -quadrati, cerchi, triangoli-, compongono un sistema di figure generative innestate negli spazi-campate, per riconsegnare centralità ai temi della trasmissione, ricezione, rielaborazione e polarizzazione della Memoria, nel suo incessante movimento tra l’incommensurabilità dell’accaduto e la dimensione dell’esperienza soggettiva.
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