23/10/2020 - È completamente operativo dal 19 luglio di quest’anno l’ospedale “Michele e Pietro Ferrero” di Verduno (Cuneo) che, dopo aver aspettato vent’anni, era stato parzialmente aperto in pochi giorni a maggio per fronteggiare l’emergenza Covid.
Il nuovo complesso sanitario, che vede congiunti i due poli di Alba e Bra, è stato progettato da un team internazionale composto da Aymeric Zublena di Scau Architecture (capogruppo, Parigi), Ugo e Paolo Dellapiana di Archicura (Torino) e Ugo Camerino (Venezia), vincitore della gara per la progettazione preliminare, definitiva ed esecutiva e Direzione Lavori del 1998 indetta dall’allora ASL 18.
L’ospedale di Verduno è frutto della grande stagione dei concorsi per i nuovi ospedali italiani che ha visto, all’inizio degli anni duemila, rivoluzionarne la progettazione, portando al centro il paziente, come suggerito dal decalogo elaborato dall’allora ministro Umberto Veronesi con Renzo Piano: umanizzazione, urbanità, socialità, organizzazione, interattività, appropriatezza, affidabilità, innovazione, ricerca e formazione.
Tra i nuovi nosocomi, costruiti all'insegna di efficacia, funzionalità, comfort e sicurezza spesso con la formula del project financing, i progetti più all’avanguardia sono stati i quattro delle Alpi Apuane di Mario Cucinella Architects con Studio Altieri (inaugurati tra 2013 e 2014), quello di Mestre di Studio Altieri con la consulenza artistica di Emilio Ambasz (2007), quello di Biella di 5+1AA (2014), e quelli affidati allo studio parigino guidato da Aymeric Zublena, che, oltre all’ospedale di Verduno, ha firmato anche quelli di Bergamo (2012) e di Este Monselice, Padova (2014).
«Nell’ospedale di Alba Bra abbiamo ripreso con ancor maggiore ampiezza, l’idea della “via medica” pensata da Zublena per l’ospedale europeo Georges Pompidou a Parigi, trasformandola in “una galleria” per portare la luce naturale ovunque fosse possibile. Per questo il nuovo polo di Verduno è un posto pieno di luce e vita che non fa pensare alla malattia. Il benessere dello spirito è, senza dubbio, uno dei maggiori contributi alla guarigione. L’ospedale deve essere una macchina per curarsi e non per essere ammalati, un luogo in cui sentirsi confortati e per di più in cui lavorare. Tecnologia e efficienza sono importanti, ma non bastano. La qualità del servizio medico, l’attenzione all’individuo e ai suoi bisogni devono essere il focus del progetto. Umanizzazione significa avere una struttura non prevaricatrice, non violenta, un ambiente amico e famigliare, rifinito gradevolmente, con luce e verde tutto intorno. Tutto ciò aiuterà il malato a guarire più rapidamente», racconta Paolo Dellapiana dello studio Archicura che ha anche seguito parte dell’alta sorveglianza alla direzione lavori.
Il processo di progettazione è stato, quindi, tutto improntato all'attenzione alle persone e alle loro esigenze. Spazi e percorsi sono stati concepiti come luoghi sicuri, accoglienti e domestici, con piacevoli finiture, luce naturale e circondati dal verde del paesaggio circostante proprio per “umanizzare” il progetto.
Collocato al confine tra Langhe e Roero, sul lato destro del fiume Tanaro tra i noccioli del versante nord della collina di Verduno, il nuovo polo ospedaliero si apre sulle colline e i paesi sulla riva opposta del fiume. L’altezza della costruzione è stata ridotta al massimo optando per uno sviluppo in orizzontale con un’impostazione a “piastra” per reparti medici, ambulatori, reparti di ricovero chirurgico e radioterapia, che, rispetto a quella a monoblocco semplifica la relazione tra i reparti e consente maggiore flessibilità di trasformazione nel tempo per aggiornare la conformazione degli spazi in accordo con quelle che saranno le eventuali necessità future.
Gli ampi giardini e patii attorno a cui la piastra si snoda, consentono di illuminare ogni reparto con la luce naturale e di far penetrare la vegetazione nel cuore della struttura ospedaliera esaltando il rapporto interno-esterno. Spina dorsale del complesso è la “galleria medica”, una galleria vetrata che segue la pendenza del terreno da Nord a Sud diventando un ampio spazio per l'accoglienza dal quale è possibile accedere alle cliniche e alla maggior parte dei reparti. Sui lati si colloca il “corpo sostenuto”, due blocchi lineari che ospitano le specialità mediche, le unità di recupero e le aree sanitarie.
Ai dipendenti ospedalieri sono stati dedicati percorsi specifici, al fine di suddividere nettamente i flussi e trattenere pazienti e visitatori su aree e percorsi fissi, appositamente segnalati per semplificarne gli spostamenti. Percorsi dedicati per la circolazione dei lavoratori e delle macchine ospedaliere, garantiti in ogni reparto, sono stati studiati per evitare ogni tipo di contaminazione tra flussi diversi.
L'ingresso principale è completamente rivestito con pannelli vetrati di modo che l'uscita, che si trova sull'altro lato dell'edificio, sia visibile dal primo momento in cui si entra nell'ospedale. Un filtro interno/esterno che trasmette una sensazione di chiarezza e speranza, senza alcuna oppressione.
Sempre con l’obiettivo di “umanizzare” i luoghi della cura, le stanze sono state dotate di una doppia fila di finestre, una alta e una bassa, per consentire a chi è costretto a letto di godere del panorama circostante. Sono state inoltre previste numerose sale d'attesa, tutte dotate di elementi confortevoli, situate in zone soleggiate, mentre i punti informazione sono individuabili e ben distribuiti. Infine, sono stati differenziati gli spazi comuni in cui avere maggiore contatto sociale da quelli privati con maggiore privacy.
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