07/07/2021 - Venerdì 9 luglio alle ore 21, nel cortile delle Gallerie delle Prigioni di Treviso, in Piazza Duomo, si svolgerà la cerimonia pubblica del Premio Internazionale Carlo Scarpa per il Giardino con la proiezione del film documentario, la presentazione del volume collettivo e la prima assoluta di In Cappadocia, rileggendo parole di Pier Paolo Pasolini / Man Earth Contact, drammaturgia per danzatrice e tre musicisti, dedicati a Güllüdere e Kızılçukur: la Valle delle Rose e la Valle Rossa in Cappadocia, luogo dell’Asia Minore al centro della trentunesima edizione, eccezionalmente biennale (2020-2021), del Premio.
Il “sigillo” disegnato da Carlo Scarpa, simbolo del Premio, sarà consegnato alla storica dell’arte Maria Andaloro, ideatrice e direttrice della Missione di ricerca dell’Università della Tuscia in Cappadocia, un gruppo di lavoro italiano che opera in particolare nel campo del recupero dei preziosi cicli pittorici celati nelle chiese rupestri di quella regione, instaurando importanti relazioni umane e culturali e restituendo con il proprio lavoro leggibilità e valore a un intero paesaggio. «Un lavoro capace di coniugare lo sviluppo e la trasmissione costante di attenzioni e saperi con la crescita di uno sguardo sul paesaggio in chiave di appartenenza e di responsabilità», come specificato dal Comitato scientifico della Fondazione Benetton Studi Ricerche nella Motivazione del Premio.
Al centro della penisola anatolica, da sempre ponte per culture diverse tra l’Asia e l’Europa, tra il Mediterraneo e il Mar Nero, la Cappadocia si estende con i suoi altipiani, circondata da vulcani imponenti. Il suolo è arido, scavato dall’acqua e dal vento, il clima difficile. Tutto questo forma lo scenario naturale di una regione che vede, fin dal primo secolo, l’arrivo del cristianesimo e dei padri della chiesa, e in seguito il diffondersi della cultura bizantina, che con i suoi innumerevoli insediamenti eremitici e monastici, chiese e santuari formerà una delle più importanti comunità cristiane del primo millennio.
A tutto questo corrispondono spazi che oggi si rivelano con cicli pittorici straordinari, edifici sacri e manufatti dispersi in un vasto territorio, che nel tempo saranno anche stalle, abitazioni rurali, cisterne, e una moltitudine di piccionaie che procurano a chi coltiva la terra il guano necessario alla fertilità dei campi. La Valle delle Rose e la Valle Rossa, in lingua turca Güllüdere e Kızılçukur, emergono da questo contesto, mostrandoci la misura e il valore profondo di un paesaggio nel quale le forme dell’insediamento umano e la dirompente natura geologica del suolo conservano le tracce di un’antica cultura dell’abitare, in condizioni di equilibrio tra le diverse manifestazioni della natura e delle culture che l’attraversano nel susseguirsi dei secoli.
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