16/12/2021 - CeCuCo, Centre for Culture and Community, è un progetto di ricerca di noa* nato con il compito ambizioso di progettare un centro culturale senza un luogo preciso in cui innestarsi, che sia capace di trasformarsi in maniera sostenibile per adattarsi a chiunque e dovunque. È la visione che lo studio altoatesino ha dello spazio multifunzionale, tradotta in un modello versatile a tutte le situazioni. Una visione dove la direzione da prendere fra le infinite possibilità compositive è stata chiara fin da subito: disegnare un’architettura che non sia indifferente a ciò che succede al suo interno, ma un contenitore flessibile dove sia la comunità a decidere, fare, spostare.
Il progetto, nella sua geometria, si basa su una forma elementare, il triangolo, ripetuta modularmente sia in pianta che in prospetto.
Nel primo caso il modulo triangolare è iscritto in un quadrato di 3x3 m, nel secondo di 3x1,5 m.
Lavorare con geometrie facilmente assemblabili consente al centro culturale di espandersi o contrarsi in base alle necessità del contesto. Inoltre, a livello urbanistico, il sistema aggregativo del triangolo è multiforme e a seconda del tipo di combinazione si possono ottenere tipologie a stecca, a corte o puntiformi.
Uno degli aspetti più singolari dell’utilizzo del modulo in facciata è quello della sua potenziale metamorfosi. noa* concepisce i prospetti come fossero una scacchiera: ci sono alcuni elementi che si possono muovere, con determinate regole e in determinate direzioni, che sta poi a chi vive l’architettura manovrare. Le porte si possono traslare, aprire a ventaglio, far girare sul proprio cardine, abbassare, alzare, socchiudere… e lo stesso vale per le finestre. Un ampio spettro di possibilità per un'architettura intuitiva e giocosa, fatta di mosse e contromosse, dove il gioco di azione e reazione che si instaura tra comunità e edificio dà vita agli scenari più diversi.
Nella definizione del programma funzionale noa* si è chiesta in primis quali fossero i bisogni di oggi e futuri a cui va incontro un centro per la cultura e la comunità e come andasse definita l’architettura in modo da risultare il più inclusiva possibile.
Come si progetta uno spazio che funzioni allo stesso modo per bambini che si incontrano a giocare, adulti a guardare una mostra, adolescenti ad ascoltare un concerto? Quali sono le caratteristiche di uno spazio d’incontro che è aperto tutto l’anno, che non è di consumo e che rappresenta il contraltare pubblico alla dimensione domestica privata?
La risposta naturale a queste domande è stata la decisione di concentrarsi sullo studio di spazialità differenti, capaci di soddisfare molteplici esigenze, piuttosto che sul definire a tavolino le funzioni che avrebbero dovuto trovare posto in esse.
Attraverso 6 tipologie di piante, che variano da 8 a 115 mq, vengono accolte tutte le possibili attività del centro. Ad esempio, nel modulo small, trovano spazio l’atelier dell’artista, l’edicola, il magazzino, l’ufficio della direzione, il vano scale e gli spogliatoi. Nel modulo extra small, una semplice biglietteria. Nel modulo medium, i bagni, una sala biblioteca e le tribune all’aperto, perché non tutti i moduli raccontano di spazi coperti. Con il variare delle piante si prosegue fino alle dimensioni più estese, fino ad arrivare alle sale meeting e, per concludere, con 115 m2 a disposizione, al grande spazio pensato per teatro e cinema.
Un’architettura che si dica sociale non guarda solamente al fine d’uso, ma investe la progettazione in tutti i suoi aspetti, compresa una scelta sostenibile dei materiali e delle tecniche di costruzione.
Per questo prototipo noa* ha scelto di utilizzare materiali naturali e un sistema costruttivo a vista, facile da assemblare e smantellare. Nel pacchetto standard la facciata è caratterizzata da una struttura portante in legno a vista e un muro di tamponamento in mattoni d’argilla, alternato alle parti in trasparenza, anch’esse modulari sulla geometria del triangolo.
L’approccio sostenibile deve essere centrale alla progettazione: per questo la scelta definitiva dei materiali va confrontata con l’ambiente di progetto, in modo da verificare l’effettiva disponibilità in loco, la loro conducibilità termica rispetto alle condizioni climatiche, il dispendio energetico nella lavorazione, la padronanza delle tecniche di trasformazione. Allo stesso modo anche un’oculata progettazione degli impianti può avere un impatto positivo sull’impronta ecologica dell’edificio. Il centro culturale prevede l’utilizzo di tetti verdi e pergole, impianti fotovoltaici, sistemi di raccolta delle acque piovane, sistemi di ventilazione incrociata così come specchi d’acqua e zone alberate per un microclima temperato.
Con questo progetto noa* immagine dunque un’architettura flessibile, capace di reagire ai cambiamenti e di lavorare contemporaneamente a scale diverse, dal macroprogetto fino all’arredo urbano. Un centro culturale che potrebbe trovarsi su una spiaggia di un’isola vulcanica, fra le foreste scandinave, ma anche in un lotto abbandonato di Detroit o sui tetti delle caserme socialiste di Berlino. Un’architettura capace di plasmarsi sulle esigenze morfologiche e climatiche del contesto, mantenendo intatto il concetto di socialità e di interazione tra l’edificio e chi lo vive.
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