28/07/2022 - Tacchini riedita il divano Le Mura di Mario Bellini disegnato nel 1972, un sistema di sedute modulari in grado di mostrarsi in mille vesti diverse, senza mai perdere la propria anima.
Con questo progetto il brand prosegue il suo percorso di riscoperta e valorizzazione dei grandi classici del design, avviato con le riedizioni di Achille e Pier Giacomo Castiglioni, Gianfranco Frattini, Tobia Scarpa, Gastone Rinaldi, Carlo De Carli e Martin Eisler.
A cinquant’anni dalla realizzazione dell’originale, la riedizione di Le Mura non vuole soltanto riportare sul mercato un disegno d’archivio dall’estetica senza tempo, ma ne propone una rivisitazione fatta a quattro mani con il Maestro.
Prendendo ispirazione dalle mura di cinta che circondavano le antiche città, composte di grossi massi squadrati, si rivela già dal nome il carattere di Le Mura, un divano formato da moduli sagomati componibili in infinite configurazioni. Un design che ha nella modularità uno dei concetti formali e funzionali più alti: gli elementi di seduta infatti si accostano in un processo teoricamente infinito, senza mai perdere la sua cifra stilistica.
Mantenendo intatta l’estetica originale, Tacchini ha adattato i disegni alla tecnologia manifatturiera odierna, avvalendosi di tecniche produttive di ultima generazione: l’intervento principale è l'utilizzo di materiali performativi e contemporanei, che hanno migliorato il comfort della seduta, rendendola particolarmente accogliente.
Esaltando la vocazione alla comodità, già intuita nel disegno morbido, il divano Le Mura di Mario Bellini diventa un cult contemporaneo grazie a piccoli ma significativi dettagli, come le fibbie e le cerniere a vista in rame e nichel.
Nel complesso, il design che ne risulta è libero da costrizioni temporali, attuale e adattabile agli ambienti domestici più diversi. Questo approccio alla disciplina non è una novità per Bellini, che da sempre rivendica una visione radicale del ruolo del design nella definizione degli spazi e delle funzioni.
Paragonando gli arredi agli elementi architettonici che definiscono l’ambito urbano come una continua linea di assemblaggio di funzioni, Bellini concepisce il design come un ecosistema di significati che rispondono con soluzioni efficienti alle necessità dell’abitare, supportando la componente umana e relazionale di cui gli oggetti si fanno portatori. Secondo questa logica, la cultura dell’abitare non deve fondare le sue basi sulle logiche effimere dei trend, ma diventa voce del valore collettivo della progettazione.
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