30/08/2022 - Il Comune di Bergamo ha approvato il progetto definitivo della nuova GAMeC di Bergamo, la Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea della città progettata dallo studio C+S Architects di Carlo Cappai e Maria Alessandra Segantini.
La finalità del progetto è la trasformazione del Palazzetto dello Sport di via Pitentino in un museo in grado di intercettare i nuovi linguaggi e le nuove forme dell’arte, senza eseguire demolizioni radicali e con una visione ambiziosa del futuro culturale della città.
Prosegue, dunque, l’ambizioso piano urbanistico che punta a rifunzionalizzare il vecchio palasport della città che sarà sostituito dal nuovo Palazzo dello Sport, che sorgerà al posto del Palacreberg, e dall’Arena in costruzione nel nuovo complesso Chorus Life.
L’inizio del cantiere, che avrà un costo complessivo intorno a 18 milioni di euro, è previsto intorno alla primavera del 2023.
“Il progetto di trasformazione dell’attuale Palazzetto dello Sport - Giorgio Gori, Sindaco di Bergamo - concretizza l’ambizione di fare della GAMeC un punto di riferimento di rilievo internazionale per l’arte moderna e contemporanea, dotandola di una sede funzionale tanto alle grandi esposizioni quanto a laboratori, convegni e attività didattiche. Il progetto si avvale di un rilevante contributo di Fondazione Ubi, che ci preme ringraziare, e si iscrive nella più estesa qualificazione di un intero quadrante della città. Va quindi letto insieme alla rigenerazione della caserma Montelungo e dello Stadio, all’ampliamento del Parco Suardi e all’apertura al pubblico degli Orti di San Tomaso, con la ristrutturazione del Principe di Napoli e alla realizzazione di un percorso ciclo-pedonale che dal Sentierone arrivi appunto alla nuova GAMeC e all’Accademia Carrara: il tutto all’insegna della cultura e del tempo libero, come previsto dal PGT del 2010”.
Per quel che riguarda la struttura, verrà mantenuta l’attuale forma dell’impianto sportivo (tratto distintivo di un edificio) che dimostra, però, tutto il suo mezzo secolo di vita. Verranno demolite le tribune e sarà realizzata al suo interno una grande “lanterna” — che conterrà la parte espositiva — attraverso la realizzazione di solai intermedi e sfruttando l’altezza dell’attuale campo di gioco. Oltre a questo nuovo contenitore si prevede anche un ristorante, un bar, un bookshop e tutti i servizi funzionali a una galleria d’arte. La superficie complessiva quasi triplicherà: dagli attuali 2.200 metri quadrati a poco meno di 6.000.
Confermando e ripulendo dai volumi aggiuntivi il contenitore a pianta ellittica e mantenendo la posizione dell’ingresso verso piazzale Oberdan, il progetto trasforma l’attuale avancorpo, ne mantiene il sedime e lo abbassa in altezza in modo da costruire un portale che consente allo spazio pubblico di “fluire” all’interno dell’edificio. Si crea così il foyer del museo, una vera e propria piazza coperta interna a tutta altezza, uno spazio aperto, attraente e in armonia con la nuova piazza esterna, disegnata da sedute, una fontana a giochi d’acqua e dei piccoli gazebo commerciali.
L’area espositiva del museo, in verità, inizierà già al piano terreno: il foyer a tutta altezza è pensato come uno spazio multifunzionale attrezzato per esposizioni di opere di grandi dimensioni. Questo spazio ospita inoltre il bookshop e salette didattiche informali per attrarre il pubblico più giovane. In posizione opposta all’ingresso sono collocati gli uffici del museo e uno spazio commerciale che si affaccia verso il nuovo studentato dell’area Montelungo-Colleoni.
Uno scalone centrale scava l’ingresso al museo al primo e secondo livello con la galleria per esposizioni permanenti, ricavata, questa, all’interno del volume opalino che presenta una serie di pannellature modulari mobili capaci di creare ambienti più o meno grandi e più o meno illuminati. Museo permanente e galleria temporanea sono comunque accessibili in modo separato in modo da non ostacolare l’accesso al museo permanente durante l’allestimento delle mostre temporanee. Scale di sicurezza e ascensori posizionati simmetricamente completano il sistema di accessibilità e vie di fuga.
All’ultimo piano è stato necessario ridurre il volume per l’impossibilità di costruire in adiacenza al passaggio del torrente Morla. È stato, pertanto, ricavato un volume leggero che ospita un ristorante panoramico, accessibile dall’esterno anche quando il museo è chiuso. Il nuovo volume segue le linee di confine edificatorio lasciando il resto dello spazio a una terrazza panoramica in copertura.
Il nuovo museo rappresenterà, quindi, anche un punto di vista nuovo su Bergamo, grazie a questa terrazza panoramica che dà sui tetti della città ed è la conclusione di questo percorso che si snoda attraverso la memoria dell’edificio, dentro l’arte, e poi finalmente a vedere la città.
Valorizzando le potenzialità della struttura esistente e facendo attenzione ai temi di consumo del suolo, circolarità e sostenibilità, gli architetti Carlo Cappai e Maria Alessandra Segantini, hanno optato per una operazione di retrofit: “Abbiamo ereditato dal passato edifici di dimensioni e strutture generose e che oggi, con difficoltà, possiamo permetterci di realizzare. Crediamo sia necessario valorizzare edifici antichi e sistemi urbani obsoleti perché sono spazi speciali a disposizione delle comunità, banche di energia e di materie prime, risorse per rigenerare parti di città. Il retrofit è uno strumento resiliente per tradurre il passato più o meno recente e trasformarlo in una risorsa per la comunità. La trasformazione del palazzetto dello sport nel nuovo GAMeC è una di queste eredità che si trasforma in potenzialità, alla scala urbana, alla scala architettonica e alla scala dell’esperienza fisica dei cittadini.” sottolinea Segantini.
“Il progetto diventa un ponte tra passato e futuro: da un lato mantiene una forte traccia delle strutture originali e dall’altro inventa un nuovo spazio, costituito da una lanterna in vetro opalino sospesa nel vuoto che ospita la galleria permanente della GaMeC. Le strutture interne esistenti verranno lasciate al grezzo e consolidate con innesti metallici mantenendo la materialità del cemento facciavista e le tracce delle sue trasformazioni a costruire un dialogo tra antico e nuovo”, sottolinea Cappai.
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