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Everlasting Plastics: il Padiglione degli USA alla Biennale 2023
La mostra propone un attento ripensamento del modo in cui conviviamo con la plastica
Autore: cecilia di marzo
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Lauren Yeager, Longevity, 2023, Salvaged plastic objects. Photo by ReportArch / Andrea Ferro Photography Lauren Yeager, Longevity, 2023, Salvaged plastic objects. Photo by ReportArch / Andrea Ferro Photography
18/05/2023 - Il Padiglione degli Stati Uniti d’America alla 18. Mostra Internazionale di Architettura - La Biennale di Venezia presenta una mostra incentrata su uno dei materiali più diffusi ovunque nel mondo: la plastica. Everlasting Plastics, progettata da SPACES, organizzazione d'arte alternativa con sede a Cleveland, Ohio, con il sostegno del Bureau of Educational and Cultural Affairs del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti, è co-curata da Tizziana Baldenebro, commissaria del padiglione e direttrice di SPACES, e da Lauren Leving, curatrice del Museum of Contemporary Art Cleveland. La mostra è aperta dal 20 maggio al 26 novembre 2023.

I polimeri petrolchimici che chiamiamo plastica, sviluppati negli Stati Uniti all’inizio del Novecento, sono stati accolti come materiali rivoluzionari, capaci di ridurre le barriere socioeconomiche nel garantire l’accesso a beni prima disponibili solo alle classi agiate. Oggi, la plastica è prodotta a ritmi esponenziali e allarmanti, nonostante la crescente consapevolezza del suo impatto tossico.

Everlasting Plastics nasce in risposta all’urgenza del momento e riunisce opere appositamente commissionate a Xavi L. Aguirre (progettista architettonicə e Assistant Professor of Architecture al Massachusetts Institute of Technology), Simon Anton (designer attivo a Detroit); Ang Li (architetta e Assistant Professor alla School of Architecture della Northeastern University), Norman Teague (designer e Assistant Professor alla School of Design della University of Illinois Chicago) e Lauren Yeager (artista concettuale e scultrice attiva a Cleveland), le cui pratiche creative si concentrano sull’analisi e il recupero dei rifiuti plastici.

Analizzando il modo in cui questo materiale permea la vita contemporanea, la mostra rimodula gli atteggiamenti e gli approcci alla gestione della sovrabbondanza di rifiuti plastici nelle acque, nelle discariche e nelle strade. Più che esprimere un giudizio etico, Everlasting Plastics riconosce la dipendenza globale da questo materiale e propone un attento ripensamento del modo in cui conviviamo con la plastica e delle possibilità di quest’ultima di diventare agente di cambiamento.

"Nel rappresentare gli Stati Uniti alla Biennale, abbiamo voluto tracciare un collegamento tra un'industria profondamente radicata in Ohio, dove abbiamo la nostra sede, e le comunità di tutto il mondo, compresa quella di Venezia" ha dichiarato Baldenebro. “Ciò che è stato sviluppato negli Stati Uniti come materiale dalle potenzialità utopiche ora contribuisce a creare una realtà distopica per il pianeta. Design e arte, indagando questa dicotomia, ci possono guidare nel trasformare la situazione in cui si trova l'umanità".

"L'enormità dei rifiuti e della produzione di plastica richiede un pensiero progettuale innovativo per guardare al materiale in modo nuovo, mettendo a fuoco i modi visibili e invisibili in cui incide sul nostro mondo", ha dichiarato Leving. "La plastica è legata allo sfruttamento ambientale e ai mercati globali e ha creato molte aspettative perché anche altri materiali presentino un utilizzo monouso e vengano subito smaltiti. La mostra offre una piattaforma di sperimentazione che contemporaneamente riconosce l’impatto a lungo termine della plastica e si confronta con la riappropriazione di questo materiale in modo innovativo".

Ciascuna installazione esamina il nostro rapporto con la plastica ed esplora diversi aspetti della sua produzione e del suo consumo, incoraggiando la discussione sul modo in cui il materiale plasma ed erode l’ecologia, l’economia e l'ambiente costruito contemporanei, suggerendo al contempo potenziali alternative e nuove, necessarie visioni delle modalità in cui la plastica può essere utilizzata. Le descrizioni delle opere in mostra sono riportate di seguito.

PROOFING di Xavi L. Aguirre analizza le strategie architettoniche che rendono i nostri ambienti costruiti allo stesso tempo respingenti e pronti all’uso, dall'impermeabilizzazione all'insonorizzazione e all’isolamento dallo sguardo esterno: è uno studio dei metodi che utilizziamo per proteggere il costruito e i suoi utenti. Il progetto inizia con l’esaminare le caratteristiche materiali di spazi che vogliono prevenire l'usura fisica - come quella data da sudore, macchie, attrito e calore - dalle discoteche alle palestre ai bagni, per tracciare un collegamento tra ciò che è predisposto per il corpo e una possibile preparazione ecologica.
Questa installazione totalizzante, che occupa due sale del padiglione, si apre con una serie di scenografie parziali, ognuna delle quali esamina alcuni materiali di protezione di uso comune per far luce su ciò che spesso passa inosservato nei nostri spazi interni: rivestimenti, gomme, guarnizioni, profili di alluminio, silicone, schiuma, pannelli di cemento, bordi smussati. Ogni scenario propone varie possibilità di modulare i materiali in modo da poterli riutilizzare in fase di costruzione e di smantellamento degli edifici. Nella seconda sala un video, un paesaggio sonoro e un sistema di realtà aumentata portano i visitatori ad abitare questi ambienti, mentre il confine tra esterno e interno diventa sempre più labile.

Simon Anton si è dedicato a un processo di montaggio di rifiuti plastici su armature metalliche, trasformando i rifiuti in oggetti funzionali. Le manipolazioni di Anton, che recuperano la plastica da diverse fonti - tra cui le comunità di Detroit, le lavanderie a gettoni e industrie come quella automobilistica e dei giocattoli - sono una contrapposizione di matericità che eleva la plastica a oggetto di attrazione e al contempo di repulsione. La sua tipologia di materiali indaga storie circolari e reimmagina dei futuri possibili per un mondo in cui i rifiuti plastici sono sempre più inseparabili dall'ambiente naturale.
L'installazione di Anton a Venezia unisce design del passato al materiale del presente per creare ricostruzioni archeologiche, utilizzando dettagli ornamentali che richiamano alcuni periodi della storia dell'architettura che Anton colloca nel contesto dell’attuale proliferazione della plastica. Le ricostruzioni di orologi, transenne ed elementi architettonici presi da istituzioni finanziarie, tra gli altri riferimenti, indagano sulla plastica come riflesso della capitalizzazione globale e dell'urgenza di gestire la produzione della plastica e l'azione dei consumatori.

L'installazione site-specific di Ang Li esplora l'eredità culturale e la sopravvivenza fisica dei "materiali miracolosi" a base di petrolio nell'ambiente costruito. L'opera nasce da una serie di riflessioni sul potenziale scalare del polistirene espanso (EPS) e sul suo ruolo nel plasmare le pratiche edilizie e l’immaginario spaziale del Novecento. Nell'edilizia, l'EPS è spesso utilizzato come sostituto leggero della massa termica. Nascosto tra i muri e sotto strati di terriccio, questo rimpiazzo universale costituisce uno strato sostanziale dell'ambiente costruito che rimane nascosto allo sguardo: l’invisibile rivestimento interno della società moderna.
Il progetto mira a scardinare l'illusione di leggerezza spesso associata alla schiuma EPS attraverso un confronto fisico diretto: una parete di oltre 10 metri riempita con scarti di EPS densificato provenienti dagli impianti di riciclo degli Stati Uniti. La logica di assemblaggio di questo muro ricostituito prende spunto dai sistemi modulari e dai processi materiali dell'industria del trattamento dei rifiuti, alludendo al contempo a forme più antiche di costruzione monolitica. Attraverso questa estemporanea architettura dell'accumulo, l’installazione presenta al pubblico molteplici letture di un materiale esclusivamente moderno: come sistema di inventario, come monumento a un'epoca passata e come strato in formazione all'interno della stratificazione geologica condivisa.

Il progetto presentato da Norman Teague a Venezia è un atto di sperimentazione che segna il suo allontanamento da una prassi creativa incentrata sul legno per abbracciare la plastica come medium di ricerca. Ispirandosi alla tessitura dei cesti africani, Teague ha trasformato il proprio studio in un laboratorio per scoprire cosa può accadere se ci si avvicina alla plastica partendo da una tradizione artigianale. Il nuovo corpus di opere, che ha origine in oggetti di uso quotidiano come detersivi per bucato e bottiglie per il latte, conserva le tracce dei prodotti con cui viviamo, facendo dialogare tradizioni profondamente radicate con una produzione mega- industriale basata sul petrolio.
Teague ha messo a punto un processo per frantumare la plastica riciclata a livello particellare. In seguito alla triturazione la plastica diventa una pasta morbida e omogenea che viene applicata per stendere con pazienza strati controllati di rotoli intorno a forme preesistenti. Gli oggetti simili a vasi che ne derivano, posti al centro della rotonda del Padiglione degli Stati Uniti, si rifanno alla tradizione artigianale del colombino o della tessitura di cesti e sperimentano le potenzialità della plastica in termini di colore, dimensione, funzione e storia. Con questo corpus di opere sperimentali Teague approfondisce il tema della Biennale Architettura 2023, "The Laboratory of the Future”, che vede al centro tematiche di produzione, risorse e rappresentazione.

Lauren Yeager è un'artista concettuale che reinventa gli oggetti di uso comune trasformandoli in elementi scultorei. Servendosi di materiali di consumo recuperati, l’artista si rifà a forme moderne e classiche in sculture che riscoprono e accrescono il valore degli oggetti di recupero. La loro natura domestica, lasciata in gran parte inalterata, rimane visibile, permettendo alle opere di restare sospese tra vari contesti ed essere allo stesso tempo sculture formali e reliquie di storie personali e della monotonia quotidiana. I familiari oggetti di plastica sostituiscono la pietra e il gesso tradizionali, mettendo in luce la loro permanenza materiale e il nostro desiderio collettivo di riutilizzare questo copioso flusso di rifiuti.
Yeager ha creato una serie di forme geometriche e a colonna riutilizzando oggetti di plastica recuperati dai rifiuti trovati a Cleveland e nelle zone circostanti. La sua installazione, posta nel cortile del Padiglione a circondare l’edificio con un giardino di sculture appositamente concepito, è un riesame antropologico dei rifiuti urbani che abbandona le nozioni preconcette a favore di una rivalutazione della forma fisica degli oggetti in plastica. Incontrando in questo contesto oggetti di uso quotidiano, come grandi borse frigo e giocattoli per bambini, il pubblico può percepirli in una nuova prospettiva per riflettere sul loro potenziale e sul potenziale dello spazio che occupano.

Design
Il progetto allestitivo di Everlasting Plastics è realizzato da Adnan Faysal Altunbozar e Chloe Munkenbeck. Il progetto grafico è curato da Normal (Renata Graw e Lucas Reif). Entrambi si rifanno concettualmente ai sistemi di produzione industriale della plastica e alle filiere produttive generiche o non marcate. I caratteri tipografici sono forniti da Dinamo.
 

  Scheda evento:
Mostra:
20/05-26/11 VENEZIA
La Biennale di Venezia - 18. Mostra Internazionale di Architettura



Norman Teague, Re+Prise, 2023, Extruded recycled plastic. Photo by ReportArch / Andrea Ferro Photography


Xavi L. Aguirre, PROOFING: Resistant and Ready, 2023, Mixed Media. Photo by ReportArch / Andrea Ferro Photography


Ang Li, Externalities, 2023, Densified expanded polystyrene (EPS) waste blocks. Photo by ReportArch / Andrea Ferro Photography


Simon Anton, This Will Kill____That, 2023, Recycled plastic waste, steel. Photo by ReportArch / Andrea Ferro Photography

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