ph. Pinella Guastella
12/02/2024 - Maria Giuseppina Grasso Cannizzo, progettista particolarmente attenta sia al potenziale artistico ed espressivo dell’architettura che alla tecnica necessaria alla sua realizzazione, è la protagonista dell’ottava edizione del ciclo NATURE, la serie di mostre in cui il MAXXI Museo nazionale delle arti del XXI secolo invita un autore a progettare un’installazione site specific che rappresenti una sintesi della propria ricerca progettuale, una sorta di “autoritratto tridimensionale” (a cura di Pippo Ciorra e Margherita Guccione, al MAXXI fino al 17 marzo 2024).
Il valore dei suoi progetti è attestato dai molteplici riconoscimenti tra i quali la nomination per il Mies van der Rohe Award nel 2003, il premio RIBA Awards/EU nel 2012, la menzione speciale per l’installazione Onore perduto da parte della giuria della XV Mostra Internazionale di Architettura della Biennale di Venezia nel 2016 e il Premio italiano di Architettura promosso da MAXXI e Triennale Milano nel 2021.
Parallelamente alla sua attività di architetto, Grasso Cannizzo ha realizzato frequenti incursioni nel campo dell’installazione temporanea in ambito museale.
Sospesa tra arte e architettura e realizzata appositamente per il MAXXI, l’installazione IN COLLISIONE ribadisce alcuni degli aspetti che caratterizzano il lavoro di Grasso Cannizzo: l’idea del tempo come elemento di progetto, il movimento, il mix non replicabile di tecnica e arte, l’attitudine a far interagire spazio e materiali, la capacità di valorizzare l’esistente.
Maria Giuseppina Grasso Cannizzo descrive così il suo lavoro per Nature: «L’installazione è il risultato di un’azione disperata contro uno spazio senza orizzonti: un oggetto imponente spinto più volte, come un ariete, contro la parete sul fondo della galleria, ha aperto una breccia che potrebbe consentire una possibile via di fuga. Nessuno sa cosa sia: è un’arma d’assalto, un oggetto non identificato contenitore di una vita sconosciuta, l’involucro protettivo di una gigantesca crisalide in attesa della lacerazione che consentirà alla falena di dispiegare le ali e prendere il volo? Il dispositivo, alto come una casa, appare come una minaccia: ha la misura/dimensione della paura ma potrebbe anche contenere spazi in cui trovare riparo. Cessati i segnali di pericolo che evidenziano movimenti sulle superfici mute del dispositivo è possibile avvicinarsi, accedere al suo interno, attraversarlo, percorrerlo nella sua lunghezza superando continui ostacoli fino a imbattersi, nel punto in cui è entrato in contatto con la parete di fondo della galleria, in una breccia/specchio. L’immagine riflessa dello spazio esplorato si estende fin dentro il muro di incommensurabile spessore per raggiungere l’orizzonte negato. Come la falena, libera dalla crisalide, esibisce lo splendore della livrea, il dispositivo dischiuso svela recessi in ombra e spazi esposti alla luce».
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