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Prorogata al 16 settembre la mostra "Il Resto di Niente"
Al Museo Madre di Napoli un’opera corale sulla relazione tra i contesti architettonici napoletani e le esperienze identitarie che li abitano
Autore: rossana vinci
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PROROGATA AL 16 SETTEMBRE LA MOSTRA
23/08/2024 - Fondazione Donnaregina per le arti contemporaneemuseo Madre e Gucci annunciano la proroga fino a lunedì 16 settembre 2024 della mostra collettiva Il resto di niente, dedicata alla relazione tra i contesti architettonici e le esperienze identitarie ed emotive che li abitano, a cura di Eva Fabbris con Giovanna Manzotti, da un’idea di Sabato De Sarno.
 
Gli spazi del Madre, densi di riferimenti che corrono dal Barocco al minimalismo, accolgono nel cuore culturale di Napoli un racconto corale fatto di installazioni, fotografie, modelli, opere sonore, video, sculture di neon, schizzi architettonici e grandi disegni che si confrontano tra loro, partendo da uno sguardo sul lavoro di uno dei protagonisti più visionari della scena architettonica italiana della seconda metà del Novecento, Aldo Loris Rossi (Bisaccia, 1933; Napoli, 2018). Oltre a lui, protagonisti del progetto espositivo sono i lavori di Vincenzo Agnetti (Milano 1926 - 1981), Giulio Delvè (Napoli, 1984), Özgür Kar (Ankara, 1992), Donatella Mazzoleni (Firenze, 1943),  Franco Mazzucchelli (Milano, 1939), Jim C. Nedd (italo-colombiano, 1991), Sara Persico (Napoli, 1993), RM (Bianca Benenti Oriol e Marco Pezzotta, duo fondato a Ginevra, 2015), Domenico Salierno (Napoli, 1967), Nanda Vigo (Milano, 1936 - 2020), Angharad Williams (Ynys Môn, 1986) e Tobias Zielony (Wuppertal, 1974).

Il progetto prende il titolo dall’omonimo romanzo del 1986 di Enzo Striano che racconta la vita di Eleonora de Fonseca Pimentel e la rivoluzione del 1799 che porta alla nascita della breve Repubblica Napoletana. Tra soggettività e storia, il libro parla della possibilità di trasformazioni sociali e antropologiche in un’epoca di fortissimo cambiamento per la città partenopea. 

La mostra parte da uno sguardo sul lavoro di uno dei protagonisti più visionari della scena architettonica italiana della seconda metà del Novecento, Aldo Loris Rossi, che sviluppa a partire dagli anni Sessanta un radicale discorso estetico e politico sull’architettura e l’urbanistica anche, e soprattutto, di Napoli. Sono esposti infatti numerosi disegni di progetti che Rossi concepisce, spesso insieme a Donatella Mazzoleni, coniugando forme organiche, passionalità espressionista e ascendenze futuriste e costruttiviste. Progetti come la Casa del Portuale (1968-1980) e il complesso residenziale di Piazza Grande (1979-1989 si inseriscono nel panorama urbano napoletano, vividi esempi di architettura brutalista, e appaiono come enormi e autonome astronavi, ideate nel solco delle utopie del secondo dopoguerra. Ripensando al futuro che quelle costruzioni prospettavano, e guardando all’immaginario che oggi creano (vi sono ambientate, per esempio, alcune tra le più famose serie televisive e video musicali realizzati a Napoli), questi edifici sono spunto per una riflessione sull’abitare e le sue implicazioni affettive. Chi li abita? L’esperienza di viverli ha contribuito per gli individui alla creazione di un particolare lessico emotivo? Includono o escludono? Sono “distopie concrete” o promesse da riformulare?

“Il resto di niente” si inserisce e arricchisce di spunti poetici in uno dei filoni di ricerca e attività inaugurati al Museo Madre nello scorso anno e dedicati a osservare Napoli come una metropoli mediterranea che sta reinventando la narrativa con cui concepirsi e raccontarsi, con nuove scene e nuove stereotipie. Questo ambito di indagine è stato avviato con la commissione e pubblicazione del libro fotografico “Napoli” di Giovanna Silva (Mousse Publishing, 2023), e verrà sviluppato in un programma di conferenze a partire dal mese di giugno per proseguire fino all’autunno 2024.

  Scheda evento:
Mostra:
30/04-16/09 MUSEO MADRE, NAPOLI
Il resto di niente



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In mostra un’opera collettiva dedicata alla relazione tra i contesti architettonici napoletani e le esperienze identitarie che li abitano



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