08/07/2024 - Per raccontare le sue finiture, La Calce del Brenta sceglie il linguaggio del colore con un omaggio ai Grandi Maestri dell'architettura del '900. Una serie di moodboard narrano ciascuna un decennio e uno stile del secolo scorso, riprendendo il linguaggio visivo di uno degli architetti che hanno fatto la storia. Un viaggio nella storia del progetto, sotto l’art direction di Ottodesign, attraverso composizioni formali, architetture in miniatura e rappresentazioni di opere iconiche.
La storia ha inizio negli Anni ‘30 con Alvar Aalto, celebre per le sue impalpabili sfumature che, mescolate alla betulla e al vetro, creano ambienti armonici e in sintonia con la natura come nelle sale del suo celebre Sanatorio di Paimio.
Il decennio successivo – gli Anni ‘40 – porta la firma di Le Corbusier. Per lui il colore era “un mezzo potente quanto la pianta e la sezione” tanto che aveva sviluppato un sistema cromatico di 63 tonalità, tra “tenui” e “vivaci”. La Calce del Brenta gli rende omaggio utilizzandone quattro, scelte tra quelle che lui impiegò per l’Unité d’Habitation a Marsiglia.
Ispirata all'universo dei colori di Charles e Ray Eames, gli Anni ‘50 si accendono di altre quattro tonalità vive, un tributo alla loro famosa casa a Los Angeles.
Non c’è nuance che, meglio del blu, racconti Gio Ponti, il testimonial degli Anni ‘60. Per lui un'onda materica e intensa che evoca il mare di fronte al suo HotelParco dei Principi di Sorrento.
Carlo Scarpa amava il cemento, ma aveva anche un senso spiccato del colore: per lui, il personaggio chiave degli anni '60, grigi materici e un tocco rosso, citando la scala della Banca Popolare di Verona, una delle sue ultime opere.
Gli Anni ‘80 puntano i riflettori su Aldo Rossi che, con i suoi quaderni azzurri e le sue facciate variopinte (gli edifici di Schützenstrasse a Berlino) ha saputo intrecciare frammenti, ricordi personali e tradizione.
Una scala di grigi pronti a esprimere il loro potenziale espressivo raccontano gli Anni ‘90: è la matita in pura grafite di Tadao Ando e della sua celebre Chiesa della Luce a Osaka, fatta solo di chiaroscuri e di emozione pura.
Il secolo si chiude sulla palette morbida, tra trasparenze e nuance naturali, di David Chipperfield che, con il suo rigore austero ma sensibile, nei suoi musei (come il Neues Museum di Berlino) usa il colore per raccontare il dialogo tra passato e futuro.
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