22/11/2024 - Lunedì prossimo, 25 novembre aprirà a Riad, il “Diriyah Art Futures”, il primo museo dell’area del Golfo a essere interamente progettato per l'arte digitale. L’edificio, stato progettato dallo studio italiano Schiattarella Associati, è il primo progetto pubblico nato da Vision 2030, l’ambizioso piano che si propone di guidare le trasformazioni economiche, culturali e sociali del Paese nei prossimi anni.
Un’architettura contemporanea ai margini del deserto, a nord di Riad, poco distante dal sito UNESCO di At-Turaif, antica capitale della regione desertica del Najd, oggi uno dei più importanti siti storici e archeologici della Penisola Arabica.
Voluto e curato dal Ministero della Cultura saudita e progettato dagli italiani Schiattarella Associati, il “DIRIYAH ART FUTURES” è diretto da Haytham Nawar e ospiterà nei suoi 12.000 mq atelier, spazi espositivi, laboratori di ricerca, residenze per artisti, un auditorium e un centro di formazione sui new media e i nuovi linguaggi digitali.
Il museo è un caso esemplare a dimostrazione della filosofa di Schiattarella Associati (Amedeo, Andrea e Paola Schiattarella), una eccellenza italiana impegnata anche in Europa e con un ruolo leader in Arabia Saudita. Uno studio internazionale di architettura con sede a Roma, attivo nella progettazione urbana, nel restauro, nella ricerca. Specializzato in spazi pubblici per la cultura da oltre dieci anni mette l'architettura al servizio della comunità e della cultura.
Una sfida per il futuro, un’architettura contemporanea che dialoga con il patrimonio e la tradizione Najd
“Volevamo dare l’impressione che l’architettura nascesse dalla terra – dicono gli architetti - è il nostro modo di affrontare un progetto: utilizzare i valori naturali per costruire un linguaggio contemporaneo profondamente legato al luogo”.
Il “DIRIYAH ART FUTURES” non è un edificio compatto, ma è formato da volumi distinti, asciutti, che si sviluppano orizzontalmente sul costone del Wadi Hanifa, una depressione agricola in mezzo all’altopiano desertico. Pensati per ricucire le parti urbane e quelle agricole del wadi, per ricomporre l’equilibrio fra costruito e natura, i suoi volumi si alternano a passaggi stretti e profondi che creano zone d’ombra e fresco, secondo l’uso dell’architettura tradizionale Najd, tipica dell’area. Un lavoro di sartoria, un abito cucito addosso a quel territorio con obiettivi specifici.
“Questo è un edificio di confine”, sottolinea Amedeo Schiattarella, “da una parte c’è il vecchio centro storico consolidato, fatto di vie strette e piccoli edifici, dall’altra la parte agricola con i suoi orti, i campi, i pozzi che formano un tessuto. Tra le due, sorgevano le mura, elementi di separazione e contemporaneamente di unione. Attraverso le porte arrivavano in città l’acqua, i prodotti agricoli, i materiali da costruzione. Abbiamo ripreso l’idea di questo passaggio mediante il quale tutto entra in contatto pur segnando in modo netto un confine”.
“I processi di internazionalizzazione hanno portato, a livello globale, un appiattimento delle diversità culturali con una progressiva omologazione dei paesaggi urbani e la perdita di ‘biodiversità’ architettonica”, proseguono Amedeo, Andrea e Paola Schiattarella. “La vera sfida oggi è partire dal valore delle diversità, lavorare sui caratteri distintivi e sulle specificità proprie di ogni luogo”.
Ricerca, innovazione, natural based solutions
Quella del “Diriyah Art Futures” è un’architettura senza sprechi che nasce, come nella tradizione del deserto, per rispondere al maggior numero di domande possibili attraverso la forma, la distribuzione degli spazi sul terreno, sfruttando condizioni, materiali e conoscenze che appartengono profondamente al luogo. “È un progetto contemporaneo che raccoglie la sfida di creare una nuova dimensione umana in un territorio sedimentato dalla storia. La tradizione Najd, l’architettura del deserto, è basata sull’utilizzo di materiali da costruzione presi dal sito stesso: pietra, terra cruda e intonaci di fango. Il risultato è una fortissima continuità materica tra il suolo e l’edificato”.
Gli spazi fra i volumi dell’edificio richiamano quelli che caratterizzavano le antiche abitazioni, con le strade strette e le piazze di piccole dimensioni. L'idea è stata quella di creare luoghi d’ombra profondi e compatti, dove circola il vento, abbassando la temperatura e proteggendo i percorsi pedonali dal sole e dal caldo. Allo stesso scopo sono stati creati canali d’aria orientati verso il wadi, la zona più umida. Ispirato ai più moderni criteri di sostenibilità, il complesso è stato realizzato tenendo conto dell’esposizione solare per aumentare le performance e il risparmio energetico garantito da un sistema di raffrescamento geotermico, oltre che da un metodo di raccolta e riuso dell’acqua piovana.
Gli interni
Anche negli interni, curati da Paola Schiattarella, tornano materiali locali come l’intonaco di fango, ma soprattutto la pietra di Riad, sabbia solidificata e che al sole mantiene intatte le vibrazioni del deserto.
Il volume che ospita la caffetteria è caratterizzato da una musharabiya contemporanea, che ricorda i muri di pietra scavati dal vento. “Una seconda pelle che lascia penetrare la luce creando all’interno giochi d’ombra, che permette di vedere senza essere visti”.
L’edificio ha un grande cuore sotterraneo, protetto dalla luce e del calore del sole, dove si trovano i laboratori e gli atelier per l’arte digitale. Qui i materiali diventano contemporanei: acciaio, vetro, cemento ma anche legno, un materiale inusuale negli interni sauditi.
Al centro di quest’area sotterranea, c’è un ampio spazio vuoto - luogo di aggregazione per gli artisti - raggiunto dalla luce naturale attraverso un’enorme “campana” che fa penetrare la luce in profondità.
Schiattarella Associati: una visione dell’architettura
Il nostro mestiere consiste nel far dialogare il rigore coerente della struttura logica matematica con il caso, l’accidentale. Come nel Diriyah Art Futures, il nostro lavoro utilizza sempre la geometria per ordinare in maniera dinamica la complessità, accogliendo la contraddizione come elemento vivificante dell’architettura”.
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