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05/12/2024 - Con il progetto Corte Renèe, la rigenerazione di un borgo rurale sulle colline moreniche del Lago di Garda, lo studio bricolo falsarella si è aggiudicato la Menzione del Premio Architetto italiano 2024 bandito dal CNAPPC – Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori.
"Il progetto di recupero di un casale risalente all’800 è stato giudicato favorevolmente per l’uso sapiente dei materiali e la capacità di dialogo con la storia” si legge nella motivazione della giuria. “Il recupero dei materiali originari non ha impedito una nuova rilettura delle tessiture murarie, ridando valore e una nuova vita (a destinazione turistico-ricettiva) all’intervento architettonico"
Il progetto di Corte Renèe
Il progetto ha previsto il recupero di due annessi rustici in sasso sulle colline del Lago di Garda.
L’intervento si è sviluppato seguendo due strade: il restauro conservativo delle strutture esistenti e l’inserimento di dispositivi critici per le nuove esigenze di vita.
Ogni nuovo elemento è stato disegnato in modo da riproporre le tre condizioni presenti nella vecchia costruzione: l’evidenza del processo costruttivo, l’imperfezione materica generata dalle modalità costruttive stesse e la nudità (assenza di finiture superficiali coprenti).
Le nuove parti e le vecchie strutture appaiono diverse ma sono legate da una comune radicalità generativa.
Un manuale di 32 regole raccoglie le modalità esecutive utilizzate per la realizzazione di ognuno dei nuovi dispositivi.
Mentre stavamo realizzando alcuni edifici nel paesaggio (Villa Tarika, San Rocco house, Cantina Bulgarini) ci è stato chiesto di disegnare il recupero di due edifici agricoli in sasso per trasformarli in una piccola struttura ricettiva.
Questa operazione richiedeva l’inserimento di un grande numero di nuovi elementi: una torre di accesso, aperture nei vecchi muri, divisioni interne, mobili, scale, sistemi di isolamento termico, nuovi impianti, informazioni.
Ci siamo chiesti come riuscire ad inserire questi nuovi elementi senza compromettere il fascino ed il delicato equilibrio delle vecchie strutture. Certamente sarebbe risultato difficile farlo utilizzando in maniera diretta elementi derivanti dal processo industriale basati sulle idee di controllo, pulizia e precisione, idee in totale contrasto con le imperfezioni umanizzanti dei rustici esistenti.
Il problema stava nella diversità esistente tra processo costruttivo del vecchio e del nuovo. La bellezza di un muro in sasso è data dal disordine organizzato della sua posa e dall’assenza di finiture aggiuntive e coprenti, così per tutti gli elementi delle strutture esistenti.
Per armonizzare il nuovo con il vecchio bisognava che i nuovi elementi fossero l’esisto di un processo costruttivo evidente e non nascosto e che questo processo generasse una sorta di naturale imperfezione.
Abbiamo scartato da subito il recupero diretto della tradizione preferendo una reinterpretazione contemporanea. La tradizione è l’applicazione di regole tramandate non più riutilizzabili integralmente. Era necessario fissare nuovi ordini. Per ogni necessità abbiamo scritto una nuova regola. Alla fine, si è formato un Manuale, che raccoglie 32 azioni costruttive.
Per ogni regola abbiamo usato i tre principi dell’evidenza del processo costruttivo, dell’imperfezione e della nudità.
Le regole 14 e 15 del manuale riguardano le nuove murature. Volevamo che le nuove parti in elevazione appartenessero all’ambiente come accadeva per le murature dei due rustici.
Per i muri esistenti il senso di appartenenza era dato dall’essere stati costruiti con lo stesso materiale del paesaggio. I contadini costruivano raccogliendo i sassi direttamente dai campi. I sassi erano arrivati lì con lo scioglimento del ghiacciaio del Garda che aveva dato forma alle colline moreniche. I piccoli massi venivano raccolti e posati direttamente nelle murature, la malta era impastata con la sabbia dei fiumi.
La bellezza di questi muri è data da questo equilibrio di intenzionalità e caso, natura ed artificio, ordine e disordine.
Ci siamo chiesti com’era possibile riportare in vita in maniera contemporanea questo mondo.
Nello stesso momento, a pochi chilometri di distanza, stavamo costruendo alcuni nuovi edifici in zona rurale (Ristorante Tamburino Sardo, San Rocco house, Corte Vittoria). In questi edifici stavamo sperimentando la costruzione di muri in cemento additivato con le terre/sabbie dei luoghi, i muri venivano poi lavati ottenendo una superficie grezza e scabra che formava un dialogo con gli intonaci esistenti da secoli in questi territori.
Abbiamo pensato di inserire i sassi nel cemento armato additivato e poi lavarlo la mattina dopo per togliere il disattivante messo sui casseri. Era una tecnica simile a quella usata in maniera spontanea in diverse parti del mondo ma anche da alcuni maestri. La torre è stata costruita in questo modo (regola 14) mentre i muri divisori del giardino ed i basamenti sono costruiti con la stessa composizione ma senza sassi (regola 15). Tutte le parti di isolamento sono state inserite internamente e coperte con un intonaco lavato con inerti reinterpretando le vecchie soluzioni (regola 28).
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