18/01/2010 – “Costruire il moderno”: così si intitola la mostra organizzata dalla Popolare di Bari e dal Dipartimento di Architettura e Urbanistica del Politecnico di Bari, inaugurata mercoledì 13 gennaio presso l’Archivio di Stato, in via Pietro Oreste.
La mostra rimarrà aperta al pubblico fino a lunedì 25 gennaio - tutti i giorni dalle 9 alle 18,30 e il sabato mattina dalle 9 alle 13 - e successivamente sarà trasferita presso il Politecnico di Bari, per fornire un contributo prezioso al percorso formativo degli studenti della Facoltà.
L’attività dello studio di Vittorio Chiaia e Massimo Napolitano, dal 1954 al 2001 ha segnato in maniera indelebile la cultura della progettazione non solo a Bari, ma nell’intera regione: adesso una mostra consente di avvicinarsi al ricco archivio degli architetti, offrendo una selezione del fondo donato dagli eredi di Chiaia all’Archivio di Stato di Bari.
Attraverso le fotografie originali, le tavole tecniche, i plastici, gli schizzi e gli acquerelli, la mostra ricostruisce una vicenda complessa ed entusiasmante, nella scansione non cronologica dei progetti, ma proponendo una rassegna dall’ampio raggio d’azione: dall’edilizia residenziale a quella industriale, dall’arredamento all’architettura religiosa, dal turismo alla sanità, alla scuola, alla pianificazione urbanistica.
Accanto alle realizzazioni più note e ammirate da critici come Bruno Zevi - che definì Chiaia e Napolitano “gli americani di Bari” - per esempio il palazzo dell’Enel a Bari (1957), l’hotel il Faro a Pugnochiuso (1963), la chiesa della Madonna dello Sterpeto a Barletta (1972), la Questura di Foggia (1980), il visitatore potrà vedere cose meno note, come l’arredamento del ristorante del transatlantico Michelangelo (1963), o addirittura inedite, perché mai realizzate, come il palazzo Guaccero, sulla Muraglia di Bari (1971) o il tribunale di Lecce (1962) o la sistemazione di piazza del Ferrarese (1961).
Il sodalizio tra Chiaia e Napolitano – rafforzato da vincoli familiari – era iniziato a Napoli, in quella scuola d’architettura che nel dopoguerra era diventata una postazione avanzata del Funzionalismo. Entrambi si formarono all’Università Federico II. Massimo Napolitano divenne anche giovane docente; mentre Vittorio Chiaia volò in America, dove conobbe Gropius, Mies van der Rohe e frequentò Frank Lloyd Wright.
Nella produzione dello studio si riflettono i grandi dibattiti dell’architettura del secondo Novecento, il passaggio dal Razionalismo all’International Style, la crisi del Movimento Moderno e l’opzione organicista, la contraddittoria stagione del Neorealismo che lascia traccia di sé nei concorsi Ina Casa e soprattutto nel progetto della chiesa di San Ciro nella borgata operaia di Mungivacca (1959).
Strettamente intrecciato con l’attività professionale è l’impegno accademico di Vittorio Chiaia, alla guida della disciplina della Composizione architettonica nella facoltà barese di Ingegneria. Anche di questo aspetto c’è testimonianza nella mostra, con l’esposizione di alcune tesi di laurea e dei plastici delle opere dei maestri realizzati nel corso universitario.
Il lavoro, intenso e colto, si conclude con la scomparsa di Chiaia il 6 luglio 2003 e, meno di un anno dopo, di Napolitano (19 marzo 2004).
La mostra si fregia dell’Alto Patrocinio della Presidenza della Repubblica, del sostegno del Comune di Bari, della Provincia, della Regione Puglia, dell’Università degli Studi di Bari e dell’Ordine degli architetti della città. Il catalogo contiene testi di Giandomenico Amendola, Antonella Calderazzi, Giovanbattista De Tommasi, Mauro Scionti e Renata Zingarelli.
Fonte: Ufficio Stampa Banca Popolare di Bari
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