01/04/2010 – Il Padiglione-riccio disegnato da Thomas Heatherwick per la partecipazione della Gran Bretagna all’ Expo 2010 di Shangai si prepara all’inaugurazione. Avviati a marzo dello scorso anno, i lavori sono quasi ultimati.
La struttura sorge su una piattaforma che si estende sul suolo assumendo l’originale forma di una carta aperta che sembra aver precedentemente avvolto il padiglione. La “carta regalo scartata” offre uno spazio aperto di 6mila metri quadrati che si solleva in alcuni punti creando percorsi coperti per raggiungere l’interno del padiglione.
L’architetto inglese ha immaginato un cubo in acciaio e legno alto 20 metri e rivestito esternamente con 60mila filamenti acrilici trasparenti – lunghi 7,5 metri – in grado di oscillare seguendo il movimento del vento.
Ciascun filamento contiene, incassati all’estremità, uno o più semi di piante rare protette. Insieme formano una “galassia sospesa” di sottili astucci di vetro contenenti diverse tipologie di semi. Di qui la scelta di battezzare la bizzarra struttura “The Seed Cathedral”, una gigantesca banca di semi di piante, provenienti dal Kunning Institute of Botany della Cina.
Durante il giorno i filamenti fungeranno da fibre ottiche, incanalando la luce naturale verso l’interno. Durante la notte la luce artificiale degli spazi interni, condotta all’esterno sino all’estremità di ogni filo, farà brillare l’intera struttura.
“Il nostro compito – spiega Thomas Heatherwick – è di far spiccare il padiglione inglese. Abbiamo deciso di raggiungere tale obiettivo realizzando un oggetto straordinario, non riconoscibile nei termini convenzionali, collocato in uno spazio aperto. I visitatori potranno esplorare entrambi a modo loro. Piuttosto che realizzare una chiara immagine pubblicitaria per il Regno Unito, desideriamo per il nostro padiglione riuscire a trasmettere una più profonda comprensione della ricchezza della cultura contemporanea britannica”.
Non sono tuttavia mancate le polemiche, legate in particolare alla ecostenibilità del progetto. Non solo i compositi acrilici dei 60mila filamenti non rientrerebbero tra gli eco-materiali. Ulteriore elemento di contestazione sarebbe inoltre la scelta di incassare i semi nei filamenti che, in tal modo, non potranno più essere riutilizzati in natura.
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