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28/05/2010 – Giunge a capolinea, dopo oltre dieci anni e sei governi, la tormentata vicenda del MAXXI - museo nazionale delle arti del XXI secolo, la complessa opera architettonica in cemento, vetro e acciaio realizzata nell’area dell’ex Caserma Montello di Roma su progetto dell’anglo-irachena Zaha Hadid. A decretare ufficialmente il lieto fine è stata la conferenza stampa di inaugurazione svoltasi ieri mattina alla presenza del presidente della Fondazione Maxxi Pio Baldi, le direttrici Anna Mattirolo e Margherita Guccione delle rispettive sezioni Arte e Architettura, il ministro dei Beni culturali Sandro Bondi, nonché la progettista Hadid, la vera indiscutibile star dell’evento, ribattezzata da Baldi “Zaha the Queen”.
“Gli ingenui non sapevano che la cosa era impossibile e per questo la fecero”. Pio Baldi sceglie le parole di Bertrand Russell per celebrare lo storico momento in cui vede la luce un’opera che deve di certo la sua “straordinarietà” alla mente visionaria di Zaha Hadid, ma che definisce anche “collettiva” in quanto risultato di un complesso lavoro che ha coinvolto “più intelligenze”.
Nonostante il clima di festa ed eccitazione generale non sono tuttavia mancate le polemiche, scatenate dall’intervento del ministro Bondi che ha esordito rivendicando il compimento dell’opera all’attuale governo, ma subito dopo attenuate dal riconoscimento da parte dello stesso ministro dell’eguale impegno da parte dei governi precedenti.
La struttura si sviluppa su tre livelli ed occupa una superficie complessiva di circa 27mila metri quadrati. All’interno trovano spazio due istituzioni – il MAXXI Arte e il MAXXI Architettura – articolate intorno ad una grande hall a tutta altezza da cui si accede alle diverse gallerie, all’auditorium, alla caffetteria e al bookshop.
Una serie di ponti collega i tre livelli dell’edificio creando uno spazio che rifiuta la linearità prediligendo una complessa rete di connessioni. Le forme fluide e sinuose delle pareti di cemento che delimitano le gallerie espositive si sviluppano in un intreccio delle quote offrendo itinerari e viste sempre differenti.
La copertura trasparente permette un uso modulato della luce naturale. Il sistema di copertura accoglie tutti i dispositivi tecnologici richiesti dalle funzioni museali: vi sono integrati serramenti, strumenti di filtro della luce solare, dispositivi per l’illuminazione artificiale e per il controllo ambientale.
“Si tratta per me di un’opera simbolica – spiega Zaha Hadid alla stampa – a cavallo tra astrattismo e studio degli spazi fluidi”. Risultato quindi di un momento di passaggio tra due fasi diverse del suo percorso professionale. Ma la complessità più grande sarebbe consistita nella scelta di mantenere o rimuovere gli edifici preesistenti: “L’intento era quello di contestualizzare questo luogo nell’urbanesimo romano. Roma è un gioco di luci e stratificazioni. Di qui il progetto di un museo illuminato dalla luce naturale, in cui gli spazi si intrecciano in modo da poter accogliere esposizioni di diverse tipologie”.
Conclude infine ricordando con tono ironico che si tratta di un “progetto ancora incompiuto”. L’opera realizzata rappresenta infatti il 65% del progetto inizialmente previsto. “Ci siamo fermati – spiega subito Baldi – perché diventava irrealizzabile economicamente”. E conclude quindi con una battuta: “ma dico sempre a Zaha di avere speranza”.
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