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Biennale di Architettura 2016: presentato il tema
Il curatore Alejandro Aravena sceglie “Reporting from the front”
Autore: cecilia di marzo
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Alejandro Aravena and Paolo Baratta - Photo by Giorgio Zucchiatti Courtesy of la Biennale di Venezia Alejandro Aravena and Paolo Baratta - Photo by Giorgio Zucchiatti Courtesy of la Biennale di Venezia

02/09/2015 – È stato presentato lunedì il tema della prossima Biennale di Architettura che avrà luogo a Venezia dal 28 maggio al 27 novembre 2016. Il tema scelto da Alejandro Aravena per la 15. Mostra Internazionale di Architettura è “Reporting from the front”.

Alejandro Aravena ha presentato i temi con questa dichiarazione: «Ci sono ancora molte battaglie da vincere e molte frontiere che occorre ancora espandere per poter migliorare la qualità dell’ambiente edificato e, di conseguenza, la qualità di vita delle persone. Sono sempre di più le persone sul pianeta alla ricerca di un luogo decente in cui poter vivere e le condizioni per raggiungere tale scopo si fanno di ora in ora sempre più ardue. Qualsiasi tentativo di trascendere gli aspetti commerciali incontra come sempre una forte resistenza nell’inerzia della realtà, e qualsiasi sforzo volto ad affrontare questioni importanti deve vedersela con la crescente complessità del mondo. Ma a differenza dei conflitti bellici in cui nessuno vince e su cui aleggia un diffuso senso di sconfitta, nei fronti dell’ambiente edificato si respira un’aria di vitalità perché l’architettura è guardare la realtà in chiave propositiva. 

Reporting from the front” si propone di mostrare a un pubblico più vasto cosa significa migliorare la qualità della vita mentre si lavora al limite, in circostanze difficili, affrontando sfide impellenti. O cosa occorre per essere in prima linea e cercare di conquistare nuovi territori.

Vorremmo imparare da quelle architetture che, nonostante la scarsità di mezzi, esaltano ciò che è disponibile invece di protestare per ciò che manca. Vorremmo capire quali strumenti di progettazione servono per sovvertire le forze che privilegiano l’interesse individuale sul bene collettivo, riducendo il Noi a un semplice Io. Vorremmo venire al corrente di casi che resistono al riduzionismo e all’eccessiva semplificazione e che non rinunciano alla missione dell’architettura di penetrare il mistero della condizione umana. Ciò che ci interessa è capire in che modo l’architettura possa introdurre una nozione più ampia di guadagno: la progettazione come valore aggiunto e non come costo aggiuntivo o l’architettura come scorciatoia verso l’equità. 

Presenteremo dei casi e delle pratiche in cui la creatività è stata utilizzata per conquistare anche una seppur minima vittoria, perché quando il problema è grande, avanzare anche solo di un millimetro diventa rilevante. Potrebbe quindi essere necessario adattare la nostra nozione di successo, perché le conquiste sul fronte sono relative, non assolute.

Sappiamo molto bene che la battaglia per un ambiente edificato migliore è un impegno collettivo che richiederà la forza e la conoscenza di tutti. Per tale motivo vorremmo che questa Biennale fosse onnicomprensiva, che ascolti le storie, i pensieri e le esperienze provenienti da contesti diversi.

Pertanto la 15. Mostra Internazionale di Architettura si concentrerà e imparerà dalle architetture che, bilanciando intelligenza e intuizione, sono in grado di scostarsi dallo status quo. Vorremmo presentare degli esempi che, nonostante le difficoltà (o forse anche grazie a esse), invece di esprimere rassegnazione e amarezza, propongano e realizzino qualcosa. Vorremmo dimostrare che nel perenne dibattito sulla qualità dell’ambiente edificato, non c’è solo il bisogno ma anche lo spazio per l’azione». 

Da parte sua il Presidente Paolo Baratta ha spiegato:
«Da qualche anno andiamo dicendo che il tempo presente vede uno scollamento tra architettura e società civile: da un lato l’architettura concentrata in realizzazioni spettacolari, con le quali singoli soggetti celebrano il proprio successo, o le proprie ambizioni, dall’altro una sorta di atteggiamento indifferente, fino alla rinuncia completa a porre domande alla stessa architettura. Contro ogni paralizzante conformismo, le Biennali di Architettura di tutti questi anni hanno affrontato le domande che sorgono da questo stato di cose. 

Abbiamo sintetizzato questo nostro impegno come un contributo a far rinascere o comunque a mantenere vivo il desiderio di architettura. L’architettura è l’arte con cui i desideri, le aspirazioni, le necessità private si incontrano con le aspirazioni e le necessità pubbliche. 

L’architettura, nell’aiutare a formare lo spazio privato, forma anche lo spazio pubblico. Questi due spazi sono creati congiuntamente. Il godimento consapevole dello spazio pubblico è un beneficio gratuitamente offerto a tutti, e il suo consumo da parte di chiunque non compromette né riduce la possibilità di fruizione da parte di chiunque altro. 
Stiamo parlando dunque di un bene pubblico.
Rinunciare a questo bene pubblico, appunto “gratuito”, riducendoci a considerare solo in termini quantitativi le necessità dell’abitare, è optare per una civiltà inutilmente più povera, è optare per un uomo dimezzato. 
Ciò accade quando ci si rinchiude nelle banalità di un generico confort privato e si cede oltremisura alle necessità della sicurezza.

Un bene pubblico nasce se vi è domanda chiaramente espressa e d’altro lato una capacità di organizzare l’offerta. Ma sia la formazione della domanda sia la predisposizione di una conseguente offerta possono incontrare seri ostacoli dovuti a inadeguatezze private e inadeguatezze pubbliche. Allora non vi è spontaneo incontro ma luogo di battaglia. Chi vi rinuncia corre il pericolo di una deriva. La deriva può essere pericolosa. Porta a non saper più cosa chiedere e a non immaginare soluzioni diverse e alternative o, anche se immaginate, ci porta alla frustrazione circa la loro realizzabilità. 

E dunque, siamo partiti con la Biennale di Aaron Betsky (2008) che disse come l’architettura andava oltre l’edificare (Architecture Beyond Building), poi Kazuyo Sejima (2010) ci parlò dell’architettura come luogo del vivere pubblico (People Meet in Architecture); venne poi David Chipperfield (2012) che volle contestare l’affermazione critica che non esisteva più l’architettura, ma solo architetti in solipsistico sforzo creativo (Common Ground); poi Rem Koolhaas volle indagare sugli elementi che costituiscono oggi il materiale dell’architettura (Fundamentals). 
Ora Alejandro Aravena ci porta faccia a faccia con il luogo della battaglia per mostrarci che si può, combattendo per affermare domande più chiare e per tenerle presenti nel modulare l’offerta, ottenere risultati nei quali “l’architettura fa la differenza”».

Fonte: comunicato stampa La Biennale di Venezia


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