©Swarovski Kristallwelten
22/02/2019 - La giapponese Yayoi Kusama è considerata una delle artiste contemporanee più richieste. Negli anni passati, le sue mostre personali di opere di grande formato, a Città del Messico, Rio de Janeiro, Seul, Taiwan e in Cile, hanno attirato più di cinque milioni di visitatori. Le sue “Infinity Mirror Rooms” in particolare hanno suscitato un grande entusiasmo in tutto il mondo, tanto che a periodi è stato persino necessario limitare i tempi di visita delle installazioni a 30 secondi. La sua installazione“Chandelier of Grief”, l’unica permanente al mondo, a prescindere da quella della galleria Kusama a Tokyo, è ora esposta negli Swarovski Kristallwelten (i Mondi di Cristallo Swarovski). Per ospitarla è stata appositamente creata a Wattens, in Tirolo, una nuova Camera delle Meraviglie.
L’artista espone uno dei lavori con specchi più spettacolari finora da lei creati. L’elemento centrale dell’opera è un lampadario di cristallo messo in scena in modo molto suggestivo in uno spazio rivestito di specchi a tutto tondo.
“Quando promettiamo ai nostri ospiti che una visita dei Mondi di Cristallo Swarovski farà loro vivere un ‘incantesimo temporaneo’, con questa nuova Camera delle Meraviglie cerchiamo di raggiungere questo nostro obiettivo in un modo molto speciale”, sottolinea Stefan Isser, amministratore delegato di D. Swarovski Tourism Services GmbH. E Carla Rumler, Cultural Director Swarovski, aggiunge: “La nuova Camera delle Meraviglie, con l’Infinity Room ‘Chandelier of Grief’ di Yayoi Kusama, invita a soffermarsi, creando allo stesso tempo l’illusione di trovarsi in un universo infinito. Questa esperienza dei sensi e dello spazio ha un effetto quasi trascendentale. Mi fa quindi ancora più piacere che i nostri ospiti abbiano la possibilità di godersi questa esperienza senza che siano loro imposti limiti di tempo.”
A rendere celebre Yayoi Kusama sono stati i pois, punti colorati che l’artista dipinge non solo su tele e sculture, ma anche su corpi umani, e che sono diventati il suo marchio di fabbrica. Con la serie “Infinity Mirror Rooms”, un modello di spazio a specchi che ha allestito nel corso del tempo in svariati modi, sempre continuando a perfezionarlo, Kusama ha scatenato un vero e proprio fenomeno di isteria internazionale.
Recentemente il Broad Museum di Los Angeles ha venduto in un solo pomeriggio 90.000 biglietti, la David Zwirner Gallery di New York ha limitato il tempo di visita dell’installazione a 45 secondi, mentre tutt’intorno all’Hirschhorn Museum di Washington DC si è formata una coda di visitatori che hanno aspettato ben due ore prima di poter entrare, per poi potersi soffermare all’interno non oltre 30 secondi. L’arte di Yayoi Kusama ha inoltre fatto esplodere una vera e propria mania del selfie, con migliaia di visitatori che si fotografano nei magici mondi dell’artista e condividono in rete questi momenti, preferibilmente apponendo gli hashtags #YayoiKusama e #InfiniteKusama. Da parte sua, Kusama accoglie esplicitamente con molto favore queste interazioni mediali e le ritiene un’immensa espansione nell’etere digitale.
Yayoi Kusama
L’artista, nata nel 1929 in Giappone, ha studiato a Kyoto e all’“Art Students’ League” di New York e ha collaborato con marchi di lusso come Luis Vuitton. Alcune sue opere sono esposte nei musei più importanti del mondo, tra cui il MOMA di New York, il Museum of Modern Art di Londra e il Museum of Contemporary Art di Sydney. Yayoi Kusama si dedica allo studio approfondito e all’ottimizzazione di spazi a specchio già dal 1965. All’epoca aveva creato “Infinity Mirror Room– Phalli’s Field”, il prototipo di uno spazio le cui pareti rivestite di specchi riflettono il pavimento e il soffitto all’infinito.
Oggi Yayoi Kusama è fra le artiste giapponesi più notevoli del dopoguerra. Fra il 1958 e il 1972 ha lavorato prevalentemente a New York. Nel 1977 è ritornata in Giappone, dove si è fatta volontariamente internare in una clinica psichiatrica, nella quale tuttora vive. Ogni giorno l’artista si reca di primo mattino nel suo studio situato di fronte alla clinica per dedicarsi alla sua arte. In una delle rarissime interviste da lei concesse, una volta ammise che le è possibile creare opere d’arte solo seguendo questo ritmo, che tra l’altro le ha salvato la vita.
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