27/07/2006 - Una città ideale che snoda le sue strade verso il futuro dell’architettura italiana. Il suo nome è Vema, perché situata tra Verona e Mantova, nuova città possibile che mette alla prova il talento progettuale di venti giovani architetti e gruppi di architettura emergenti, chiamati a rappresentare il nostro Paese con una mostra dal titolo ‘Italia-y- 2026. Invito a Vema’, all’interno del Padiglione italiano della 10° Mostra internazionale di Architettura della Biennale di Venezia 2006.
Si tratta di una mostra che privilegia e favorisce la sperimentazione, sia nell’ambito del linguaggio architettonico che in quello delle tecnologie. Una scelta in controtendenza rispetto alle ultime nostre di architettura della Biennale che, spiega il curatore Franco Purini, “dopo le edizioni affidate a Vittorio Gregotti, Paolo Portoghesi, Aldo Rossi, e Francesco Dal Co, si sono configurate in modo sempre più accentuato, a partire da quella del 1996 diretta da Hans Hollein, come importanti rassegne di progetti redatti dai più celebri architetti del mondo. Scelta di interesse documentario e di indubbio carattere spettacolare che rinuncia però ad affrontare problematiche progettuali nuove”.
I diversi progetti della nuova città saranno ospitati all’interno dello spazio solenne delle Tese delle Vergini dove, secondo l’allestimento curato da Purini assieme a Franco Puccetti e Valter Tronchin, sarà realizzato un panorama che conterrà immagini della città nuova e una sorta di grande romanzo popolare, ovvero una stratificata performance visiva che racconterà vicende, volti ed edifici dell’architettura italiana del XX secolo.
In mostra plastici e un grande modello della città che sintetizza e propone una possibile ipotesi dell’Italia tra vent’anni, centenario dell’esordio del Gruppo 7, al quale si deve la nascita dell’architettura moderna italiana, un movimento che costituisce il riferimento ideale dell’intero programma espositivo.
Superare i confini nazionali è l’intenzione esplicita della mostra, il cui titolo contiene il fattore “y” di una Italy “che suggerisce a livello subliminale l’amplificazione extranazionale del Paese e il trascendimento creativo dei propri confini” sottolinea Purini. La futuribile Vema è attraversata infatti dal confine tra Lombardia e Veneto ed è collocata in prossimità del corridoio ferroviario Lisbona-Kiev e Berlino-Palermo.
La pianta della città, un rettangolo di 2260 per 3700 metri, che conta circa trentamila abitanti, incorpora tracce viarie ed edificazioni preesistenti che mettono alla prova al sua capacità di integrare, reinterpretare e radicarsi nel territorio. Agli architetti invitati è stato fornito uno schema insediativo redatto dal curatore insieme a Sebastiano Giannesini e Francesco Menegatti, quest’ultimo city manager dell’operazione.
Avatar, Pier Vittorio Aureli, Lorenzo Capobianco, Elastico spa +3, Giuseppe Fallacara, Santo Giunta, Iotti e Pavarani, Moreno- Laezza Livernai e Molteni, ma0, Antonella Mari, Masstudio, Stefano Milani, Modulo 4, Tommaso Montestiroli, OBR- Open Building Research, Gianfranco, Sanna Andrea Stipa, Studio Eu e Alberto Ulisse sono i giovani architetti chiamati a progettare Vema. Tutti hanno già prodotto opere significative ma non hanno avuto sinora la possibilità di misurarsi con un progetto complesso su un palcoscenico importante come quello della Biennale. Appartenenti alla generazione dell’Erasmus, a loro agio nella dimensione internazionale, cresciuti all’interno della rivoluzione digitale i progettisti di Vema hanno il compito di riproporre in termini nuovi quella organica, ma anche critica relazione tra città e architettura che è l’elemento sul quale la cultura progettuale italiana ha costruito nel XX secolo la sua identità teorica e linguistica.
La mostra segna inoltre il punto di partenza del Padiglione italiano della Biennale, istituzionalmente di competenza della DARC (Direzione Generale per l’Architettura e le Arti Contemporanee). Il Padiglione da quest’anno comincia la sua attività sotto la cura di Purini, la direzione di Pio Baldi coadiuvato da Margherita Guccione come responsabile per l’architettura. Nel suo lavoro Purini è affiancato da Nicola Marzot Margherita Peterzan e Livio Sacchi, impegnati in un percorso difficile, ma anche pieno di sfide e motivi di riflessione.
INFO-Padiglione Italiano
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