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13/04/2022 - A Trani lo storico Palazzo Carcano rinasce attraverso il progetto di recupero e ampliamento da parte dell’Agenzia del Demanio finalizzato alla riorganizzazione e alla razionalizzazione degli Uffici Giudiziari. L’intervento su questo edificio del 1600 ristabilisce l’equilibrio tra tre polarità del centro storico della città ovvero il Castello Svevo, Piazza Re Manfredi e la Cattedrale.
Quello a Trani è solo uno degli interventi di riqualificazione di altri importanti beni su tutto il territorio nazionale e, in particolare, nella Regione Puglia dove sono in corso iniziative simili nelle città di Bari, Lecce, Foggia e Taranto. Il tutto nel solco della strategia dell’azione dell’Agenzia del Demanio che punta al recupero e alla trasformazione di immobili e aree degradate all’interno dei centri urbani, la realizzazione di edifici sostenibili e tecnologicamente avanzati per la PA e la riduzione dei costi di locazione passiva e di gestione degli immobili.
Per soddisfare tutte le esigenze funzionali del Tribunale di Trani, oltre al recupero edilizio del complesso architettonico, con Palazzo Carcano sono state ampliate anche le stesse cubature del complesso, nel pieno rispetto del contesto storico.
Il Palazzo, costruito nel XVII secolo dalla famiglia Carcano, nel corso dei secoli fu utilizzato per varie funzioni. Acquisito dall’Arcivescovo Francesco Carrano per la Arcidiocesi di Trani e Barletta a primi del Novecento, fu destinato ad accogliere delle orfane e poi adibito a mensa vescovile nel corso degli anni successivi. Acquistato dal Comune di Trani nel 2001 viene trasferito in via definitiva allo Stato nel 2018.
Quindi l’immobile e il contesto circostante presentano caratteri di eccezionalità legati alla complessità storico-architettonica e paesaggistica del sito, in considerazione dei quali l’Agenzia del Demanio, insieme agli altri Enti e Amministrazioni coinvolti, ha deciso di intervenire realizzando un concorso di progettazione* che rispettasse la storia e la cultura del luogo.
Il progetto architettonico è partito da un presupposto: realizzare un ampliamento dalla particolare compattezza architettonica che si distacca però in modo netto dal medesimo palazzo, “esprimendo tuttavia - come spiegano gli architetti - un contrasto pieno-vuoto attraverso il piano terra, che attraverso la facciata in vetro crei una connessione visiva tra la piazza, lo spazio archeologico e i piani successivi delimitati da pietra locale”.
Non solo: la sostenibilità ambientale è stata tenuta in grande conto perché tutte le scelte di natura impiantistica e tecnologica sono state effettuate nel rispetto delle prescrizioni dei Criteri Ambientali Minimi, con lo scopo di realizzare un edificio a ridotto impatto ambientale - in fase di esecuzione e di funzionamento - e nell’ottica di contenere al massimo i suoi consumi energetici durante l’intero ciclo vita dello stesso.
Si è arrivati anche ad una importante valorizzazione delle emergenze archeologiche, in continuità con la grande “stanza urbana” offerta dagli spazi antistanti di Piazza Re Manfredi e Via Accademia dei Pellegrini, con la speranza che si arrivi con il tempo ad una grande valorizzazione pedonale per tutta l’area, sfruttando così il valore culturale archeologico come elemento qualitativo pubblico. L’idea è quella di ridare vita al sito archeologico durante le diverse fasi del giorno, rendendo il museo non un elemento statico, ma un elemento urbano attivo.
Il soffitto del museo, ad esempio, con la sua forma svasata a chiglia di nave, agisce come un caleidoscopio urbano: grazie al carattere riflettente del metallo che riveste il soffitto è possibile ottenere un riverbero mutevole dei resti archeologici. Alle diverse ore del giorno, con la variazione degli angoli di incidenza della luce si moltiplicano naturalmente gli scenari proiettati sul soffitto.
Si crea così, dal nulla, un’inaspettata oasi di verde perché la copertura sarà raggiungibile grazie alle risalite generali: una nuova sistemazione con elementi ombreggianti e sistemi removibili leggeri permetterà di utilizzarla in caso di eventi temporanei senza modificare il profilo.
Altro aspetto importante è l’uso di un sistema vegetale di bassi arbusti mediterranei confinati dalle murature di bordo, l’idea è la piantumazione di una vegetazione resistente alle esposizioni solari e a scarsa manutenzione, specie arboree che conferiscono qualità all’ambito del terrazzo.
Le azioni di ridefinizione dei limiti e delle tessiture negli alzati trovano completamento nel ridisegno della copertura, un quinto prospetto che stabilisce un nuovo fronte percepito negli scorci dall’alto che alcuni edifici circostanti permettono.
Non solo: in questo contesto la trama in pietra scorre e si orienta attentamente secondo diverse giaciture delle murature di bordo, si definiscono con chiarezza ambiti di pertinenza tra gli Uffici Giudiziari e il Museo Archeologico. E le superfici calpestabili dure si alternano ad ambiti vegetali, immaginati come grandi intarsi preziosi in grado di qualificare qualitativamente la copertura.
In questo nuovo spazio, le tante parti di città con le sue eccezionalità morfologiche possono finalmente essere colte a pieno: Il Castello di Trani, la Cattedrale, Palazzo Torres, il Mare, si ricompongono nello sguardo a grande scala.
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