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Yves Gellie, »Human Version 2.07 Nexi«, 2009 © Yves Gellie, Galerie du jour agnès b, Galerie Baudoin Lebon
22/09/2022 - Dal 24 settembre 2022 al 5 marzo 2023, torna al Vitra Design Museum la mostra Hello, Robot. Design between Human and Machine.
La mostra, presentata per la prima volta nel 2017 e divenuta la mostra di maggior successo di tutti i tempi del Vitra Design Museum, torna a Weil am Rhein integrata con i nuovi sviluppi, di gran rilievo, che hanno segnato il campo della robotica e della digitalizzazione negli ultimi anni.
Oltre 200 esposizioni provenienti dal settore e dalla casa, oltre a videogame, installazioni multimediali ed esempi dal mondo del cinema e della letteratura, come il famoso robot R2-D2 di Star Wars: illustrano tutti quanto la nostra vita sia già permeata dai robot, persino negli ambiti più intimi. Al contempo, gli ultimi anni hanno dimostrato fino a che punto il discorso politico, ad esempio nelle elezioni pubbliche o nei dibattiti sulla diversità o sul cambiamento climatico, può essere plasmato da algoritmi e dall’intelligenza artificiale, con tutti i rischi del caso. La mostra allarga gli orizzonti sulle questioni etiche, sociali e politiche che sorgono man mano che l’ambiente si robotizza sempre più.
I robot sono qui: quello che un tempo sembrava fantascienza o teoria della congiura è diventato ormai da molto tempo un tratto banale della vita quotidiana. Automobili, lavatrici, bancomat, droni, treni senza macchinista a bordo tra i terminal aeroportuali, assistenti digitali che affrontano le preoccupazioni dei clienti: oggi tutto questo e molto altro è almeno in parte automatizzato.
La definizione di robot è più semplice di quanto si possa pensare: un dispositivo che raccoglie dati, un software che li interpreta e, infine, un dispositivo che genera una reazione di conseguenza. Il risultato può essere un punto di luce sullo schermo, ma anche calore, suono o movimento. Gli algoritmi di apprendimento automatico, i cosiddetti bot, equivalgono ai robot, così come gli oggetti utilizzati per la comunicazione di tutti i giorni: l’Internet delle cose, dunque. In parole povere, tutto quello che è intelligente, «smart», è considerato robot. Questo, inoltre, non vale più solo per i singoli oggetti ma, in ultima analisi, per tutto il nostro ambiente, sempre più teso all’autoapprendimento e all’autonomia.
Il design costituisce l’interfaccia tra gli esseri umani e l’ambiente robotico, il che va ben oltre la semplice progettazione di forme e funzioni. Anzi, «Hello, Robot.» esamina il modo in cui il design forgia l’interazione e la relazione tra persone e macchine, ma anche tra i singoli individui, nel bene o nel male.
Nel mentre, dobbiamo porci tutta una serie di domande, partendo innanzitutto da come vogliamo porci di fronte alle nuove tecnologie, come individui e come società.
Spostandosi all’interno della mostra, i visitatori incontrano 14 quesiti, che affrontano il tema dei robot in quattro fasi. Vertono tutti sui vari aspetti del dibattito controverso sui robot. Solo a prima vista, si può rispondere facilmente con un sì o un no.
La prima parte dell’esposizione affronta il vecchio entusiasmo modernista per gli esseri umani artificiali e il modo in cui la cultura popolare ha plasmato la nostra comprensione dei robot. Qui incontriamo non solo i mitici robot del mondo del cinema e della letteratura, come R2-D2, l’adorabile droide astromeccanico di Star Wars, ma anche il vero e proprio robot a quattro zampe Spot di Boston Dynamics. Questo cane robot presta assistenza nei test missilistici e nei siti di scavo a Pompei e, più di recente, è diventato famoso, in modo alquanto discutibile, con un video che lo mostra in una Shanghai deserta: con un megafono fissato alla schiena, esorta le persone a rispettare le severe misure di contenimento del Covid.
La seconda sezione della mostra è dedicata al settore in cui la robotica ha registrato una vera e propria svolta: l’industria e il mondo del lavoro. Se i robot vengono dipinti ripetutamente come una minaccia per i lavoratori di oggi, «Hello, Robot.» fa luce sul dibattito in corso sul tema da prospettive molto diverse. Lo spettro delle esposizioni spazia dal classico robot industriale a un’installazione del gruppo RobotLab, in cui un robot produce manifesti in modo continuativo, mettendo così in discussione i confini tra la creatività umana e l’automazione del lavoro.
La terza parte della mostra illustra come stiamo sviluppando un rapporto personale più stretto con la nuova tecnologia, come «amico e aiutante» nella vita quotidiana, per le faccende domestiche, nelle strutture assistenziali, come compagno digitale o persino per il sesso virtuale. È particolarmente emozionante osservare come non solo il rapporto tra l’uomo e la macchina stia cambiando, ma anche l’interazione tra le persone. Un esempio riportato nella mostra è un arazzo dell’artista francese Éva Ostrowska. La sua opera rappresenta un’interpretazione umoristica e sovversiva del modo in cui le donne possono proteggere la propria privacy nell’epoca delle app di incontri.
La quarta e ultima parte verte sulla fusione crescente dell’uomo con la robotica, ad esempio quando viviamo in un «edificio che impara» o ci spostiamo in una cosiddetta «città intelligente». La tecnologia ci plasma e noi, a nostra volta, plasmiamo il nostro ambiente tecnologico robotico. Per la sua video installazione «Google Maps Hacks», l’artista mediatico di Berlino Simon Weckert ha creato un ingorgo di traffico artificiale in Google Maps, portando un carrello pieno di smartphone in diverse strade vuote. Il servizio cartografico online registra un aumento del traffico e degli incidenti attraverso il crowdsourcing: i dati sulla posizione di tutti gli utenti di Google in loco vengono elaborati immediatamente e le strade, le piazze e i vicoli affollati sono contrassegnati in arancione o rosso sulla mappa. In tal modo, Weckert chiarisce che viviamo già in un mondo automatizzato.
L’Eggshell Pavilion di Gramazio Kohler Research, Politecnico federale di Zurigo (ETH Zürich), sarà esposto all’esterno del museo per completare la mostra. Il laboratorio di ricerca esamina lo sviluppo e gli effetti dei metodi digitali di produzione sull’architettura, mentre il padiglione di fronte al Vitra Design Museum utilizza la cosiddetta tecnologia di produzione «a guscio d’uovo». L’involucro per la colata di calcestruzzo proviene dalla stampante 3D e, una volta indurito, si stacca come un guscio d’uovo. In tal modo è possibile realizzare non solo forme insolite, ma anche un risparmio di materiale fino al 50%.
L’esposizione mostra l’ambivalenza che ha caratterizzato la diffusione della robotica per molti decenni. Fin dall’inizio, il dibattito sull’intelligenza artificiale ha oscillato tra visioni utopiche e distopiche, tra la speranza di un mondo migliore, tecnologicamente avanzato, e la paura della privazione del potere. In questo contesto, ancora una volta, ci troviamo di fronte alla questione della responsabilità del progettista.
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Christoph Niemann, »Robot Morph«, 2016 © Christoph Niemann R2-D2, 1977. © TM 2017 Lucasfilm Ltd. All rights reserved MX3D. Bridge, Amsterdam, 2021. 3D printed, stainless steel pedestrian bridge. © Anita Star / Joris Laarman Lab Gina Leon and Zos Lee for AKA, »Mu-sio K«. © AKA, LLC Historic toy robots, 1956 – 1980. Private collection, photo: Andreas. Sütterlin Film: Superflux, The Intersection, 2021 © Superflux 2021 Film: Superflux, The Intersection, 2021 © Superflux 2021 Tatsuya Matsui, »Patin«, 2014 home robot. © Flower Robotics, Inc Hajime Sorayama, Sony Corporation, »AIBO Entertainment Robot (ERS-110)«, 1999 Private collection; photo: Andreas Sütterlin Vincent Fournier, »Reem B #5 [Pal], Barcelona, Spain«, from: »The Man Machine«, 2010 © Vincent Fournier robotlab (ZKM), »manifest«, 2008. © robotlab
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