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Il nuovo Museo Franca Ghitti è in un antico convento
In mostra le principali opere dell’artista che ha interpretato il linguaggio di segni, graffiti e tradizioni della Val Camonica
Autore: cecilia di marzo
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F. Ghitti, Bosco, 1989, Museo Diocesano di Milano, 2005, Ph. F. Cattabiani F. Ghitti, Bosco, 1989, Museo Diocesano di Milano, 2005, Ph. F. Cattabiani
26/09/2023 - Nel “Conventone”, edificio settecentesco di Darfo Boario Terme, dal 23 settembre ha aperto al pubblico l’atteso, nuovo Museo interamente dedicato a Franca Ghitti (Erbanno 1932 – Brescia 2012), l’artista che ha trasmesso al mondo, interpretandolo in modo del tutto originale, il linguaggio ereditato dai segni, graffiti, tradizioni della sua Val Camonica, Patrimonio Unesco.

Il nuovo Museo Franca Ghitti, il cui nucleo iniziale avrà sede in un’area dell’ex convento da poco ristrutturata, nasce dalla volontà del Comune di Darfo Boario Terme, della Fondazione “Archivio Franca Ghitti” presieduta dalla professoressa Maria Luisa Ardizzone, New York University, dalla Comunità Montana e dal Consorzio Comuni BIM di Valle Camonica.
 
Il Museo Franca Ghitti, al di là dell’esposizione di un nucleo fondamentale di lavori dell’artista, si propone di approfondirne e valorizzarne l’opera e sarà, dunque, anche un centro studi dove verrà conservato l’Archivio di Franca Ghitti, contenente scritti vari e gli inediti “Taccuini” dell’Artista e la sua biblioteca privata.
 
Ad essere stata inaugurata il 23 settembre è una importante “anteprima” di quello che si configurerà come il completo Museo Franca Ghitti. Un’ampia anteprima che, via via, sarà implementata, ma che già saprà fornire al visitatore un’idea precisa di tutta la variegata produzione dell’artista.
 
Si inizia con un’antologia delle Vicinie, che entusiasmarono Giulio Carlo Argan, autore nel 1980 di un fondamentale saggio su Franca Ghitti. Il ciclo delle Vicinie (“scatole magiche”, composte da una struttura geometrica di legno in cui abitano figure evocative e simboliche) si ispira alle comunità contadine della Val Camonica e di altre parti d’Italia, di cui parla anche Dante, che dall’epoca delle invasioni barbariche all’epoca napoleonica erano legate da vincoli di solidarietà.

Le Vicinie nascono dai ricordi d’infanzia dell’artista, cioè la grande segheria paterna, la memoria delle madie e delle santelle – le edicole sacre – che vedeva nelle case, nei paesi e nei sentieri della Val Camonica, e interpretano quelle memorie riallacciandosi all’idea, preannunciata già dalle prime avanguardie, di una scultura che ospita lo spazio e che inserisce figure e forme in una sorta di scatola, in modo che il vuoto diventi parte integrante dell’opera.
 
Ci saranno poi esempi di tutto il percorso dell’artista: i Tondi, strutture circolari ispirate agli esiti della scultura-pittura geometrica contemporanea, ma anche alla forma dei fondi di botti e barili che l’artista vedeva in Franciacorta; i Boschi in ferro e in legno, le Mappe e le Meridiane, i Libri chiusi, Memoria del ferro, tutti cicli di opere in cui Ghitti evoca uno spazio-tempo archetipo in forme libere, come deposito di segni, sospeso tra installazione concettuale e reminiscenze del passato tra cui il romanico lombardo. Nelle Meridiane, in particolare, l’artista dispone per terra in ampi cerchi concentrici una serie di sfridi, cioè di scarti del metallo, che ama recuperare nelle sue opere. Sono orologi solari che non stanno sulla parete ma sul terreno.
 
Non mancheranno Alberi-Libro, cioè sculture verticali in legno lavorate con liste, tacche e intagli ritmici (il liber ricavato sotto la corteccia si fa custodia del sapere della comunità) che confluiranno nel Bosco, parete di elementi modulari che scandisce il tempo della storia, ma anche il recinto attorno a cui camminare e in cui aggirarsi per interrogare come in un archivio domestico le forme dell’esistenza e della comunità degli uomini. Ai piedi del Bosco il Tondo delle offerte con una imbandigione di coppelle o tazze di siviera che nelle antiche fucine servivano per versare il metallo fuso nelle forme e qui si caricano di un senso di sacralità. E ci sarà un richiamo ai Cancelli d’Europa, stratificazione di linee di tensione, assemblaggi di lame e sfridi in ferro che evocano porte e pareti-soglia, sbarramenti inquieti che fronteggiano e turbano lo spazio. I temi sono quelli dei confini, dei transiti e degli incroci, ma anche delle barriere, sui confini di un’Europa di migrazioni, esili, integrazioni, chiusure.
 
“Continuo a intervenire selezionando e riorganizzando [gli scarti] in grandi cerchi di terra nera, ricostruendo il loro luogo naturale e cioè la fucina” aveva dichiarato Ghitti. E aggiunse: “Il mio lavoro in scultura tenta di trasformare uno spazio geometrico in uno spazio storico, reinventando il ‘luogo della scultura’ come deposito e archivio del territorio.”

Ci saranno infine le Pagine chiodate, che l’artista ha presentato per la prima volta alla OK Harris Gallery di New York, diretta da Ivan Karp, già direttore della galleria di Leo Castelli, il leggendario mercante dei maestri della Pop Art. Sono libri composti da fogli trafitti da una lunga sequenza di chiodi, che mescolano gli elementi delle antiche Crocifissioni con la creazione di moderni libri di artista. “Un libro di chiodi/una porta chiodata/ e al di là/ ciò che vorremmo essere,/ciò che non siamo in grado di essere” scrive il poeta Sandro Boccardi in una poesia dedicata a Franca.
Altri Alfabeti è il titolo che Ghitti inventa negli ultimi anni della sua vita per definire l’universo cui ha dato forma attingendo a una sua tensione visionaria e fondendo istinto e calcolo, rigore geometrico-matematico e ispirazione, senso della materia e dei luoghi, della storia.
 
 


Meridiana con Franca Ghitti, anni Ottanta, Ph. F. Cattabiani


F. Ghitti, Vicinia, primi anni settanta, Ph. F. Cattabiani


F. Ghitti, Vicinia. La tavola degli antenati n.1, 1976. Ph. F. Cattabiani

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